È giusto imbrattare e distruggere statue? No.
È giusto rivalutare la storia per poter costruire un futuro migliore? Sì.
Le testimonianze storiche hanno il compito fondamentale di istruirci sul passato, fornire un’identità culturale e con questa guardare ai nuovi obbiettivi che, in quanto società avanzata e (si spera) egualitaria, vogliamo raggiungere.
Questo è l’obbiettivo dei poli museali: conservare e dare dignità alla storia (atrocità comprese), ed è qui che determinati pezzi di storia devono, o dovrebbero, risiedere.
Le piazze sono invece luoghi pubblici in cui le statue sono poste per commemorare o onorare personaggi del passato. Ma siamo sicuri di aver fatto le scelte giuste? E se tali scelte si rivelano sbagliate, non dovrebbero essere riviste?
La statua di Indro Montanelli è stata vandalizzata con della vernice a seguito delle rivolte provocate dall’uccisione dell’afroamericano George Floyd, brutalmente soffocato da un poliziotto bianco. La statua è stata presa di mira in quanto Montanelli è stato un esponente di quel razzismo colonialista che lo ha visto impegnato come volontario nella guerra d’invasione dell’Etiopia nel 1936.
Il gesto vandalico ha fatto da miccia per rivendicare i diritti di un’altra minoranza sociale, quella delle donne. Montanelli infatti ha ammesso, in un’intervista del 1969, di aver comprato e sposato una dodicenne africana, intendiamoci, si è parlato di “sposare” ma la ragazzina altro non era che una schiava sessuale, sfruttata durante la permanenza di Montanelli in Africa e poi abbandonata.
A far scalpore è stato il video dell’intervista in cui il giornalista confessa il fatto con estrema noncuranza, con il sorriso di chi ricorda un aneddoto divertente, nonostante in Italia fosse reato già all’epoca sia il rapporto non consensuale, sia prendere in moglie ragazze al di sotto dei quattordici anni.
Ma a sconvolgere di più è chi difende il giornalista oggi, minimizzando con: “È stato un errore di gioventù” (Montanelli aveva ventisei anni quando comprò la bambina), o peggio ancora con: “In Africa si usava così”, demolendo di fatto qualsiasi morale o senso di giustizia raggiunta in Europa, definendo l’uomo solo in base al luogo in cui si trova e non in base alla sua etica. Ciò significa che se ci trovassimo in un paese dove è legale abusare dei minori, allora diventerebbe legittimo farlo, nonostante sia reato nel nostro paese di origine, oltre che immorale. La morale di un uomo non dovrebbe rimanere la stessa ovunque egli si trova?
A rendere il tutto ancora più macabro, è il fatto che la bambina comprata da Montanelli, di nome Destà, era infibulata dalla nascita. Lo stesso giornalista racconta: “Faticai molto a superare il suo odore, dovuto al sego di capra di cui erano intrisi i capelli, e ancor di più a stabilire con lei un rapporto consensuale perché era fin dalla nascita infibulata: il che oltre che opporre ai miei desideri una barriera pressoché insormontabile (ci volle per demolirla, il brutale intervento della madre), la rendeva del tutto insensibile”.
La statua di Montanelli verrà ripulita, tuttavia il suo posto non dovrebbe più essere la piazza ma il museo, lì dove la sua memoria e il suo insindacabile valore come giornalista, verranno conservati e tramandati alle generazioni future, senza il bisogno di ergere su un piedistallo una figura che evidentemente non rispecchia più, dal punto di vista etico, le necessità del presente.
La storia ha senso quando diventa il gradino di una scala su cui salire e andare avanti, non quando costruisce un muro dentro cui rimanere confinati.
Arianna Calandra