Torna a far parlare di sé, il piccolo Togo, un paese con appena 8 milioni di abitanti che si affaccia sul golfo di Guinea, in Africa occidentale, ex colonia prima della Germania e successivamente della Francia, paese che detiene ancora molti interessi nella piccola repubblica semipresidenziale.
E’ di martedì scorso la notizia, diffusa da France Press, che il leader dell’opposizione Agbéyomé Kodjo è stato arrestato nella sua abitazione, dopo che le forze di polizia hanno circondato e assediato la sua casa, entrando poi con la forza.
E’ l’ennesimo tassello di una situazione di tensione che ha già provocato 500 morti nell’aprile del 2015, quando a seguito delle elezioni vinte dall’attuale presidente Faure Gnassingbé, si scatenarono proteste che furono soppresse nel sangue dalla polizia.
I manifestanti, allora come oggi, accusano il presidente Gnassingbé di brogli e di aver bloccato il processo democratico del paese.
Faure Gnassingbé è al potere dal 2005, grazie ad una modifica ad hoc della costituzione, che consentì di abbassare l’età minima per accedere al ruolo presidenziale, voluta dal padre Eyadéma Gnassingbé a sua volta rimasto al potere per 38 anni e che morì improvvisamente a seguito di un infarto.
Il leader dell’opposizione Agbéyomé Kodjo è stato accusato di minare la sicurezza interna dello stato dopo che si era autoproclamato presidente della repubblica non riconoscendo legittimi i risultati elettorali.
Intanto il malcontento cresce, in un paese dove la popolazione vive con 1,38 dollari al giorno, l’istruzione scarseggia (è presente una sola università, nella capitale Lomé), l’accesso alle strutture sanitarie è carente, i bambini sono impiegati spesso come forza lavoro o peggio nel giro della prostituzione; tristemente noto è al riguardo il “mercato dei bambini” nella capitale Lomé.
Andrea Calandra