La decisione di discriminare i teatri sotto i 300 posti in termini di aiuti economici scontenta l’UTR (Unione dei Teatri di Roma) che in un comunicato stampa si scaglia contro questa distinzione “inventata” da Franceschini che si baserebbe solamente su logiche di budget (10 milioni totali) per gli aiuti e non terrebbe conto del valore storico e attuale dei piccoli-medi teatri. Dopo lo stop pandemico la situazione è difficile per i teatri che in molti casi non hanno ottenuto soddisfacente aiuto dai precedenti 10mila euro di sovvenzioni che per la verità non sono pervenuti a tutte le strutture ad oggi.
L’UTR richiede dunque che si riveda il budget totale delle misure e che la discriminazione dei teatri sotto i 300 posti venga annullata unitamente a quella che prevede lo svolgersi di un numero minimo di ore lavorative nelle strutture che riceverebbero aiuto cercando così di tendere verso “criteri più equi”
Il comunicato stampa:
UTR. Il decreto del Ministro Franceschini datato 10 luglio e riferito all’esercizio teatrale, escludendo i Teatri con meno di 300 posti, ha inventato due nuovi insiemi per la categoria: quello delle sale teatrali sotto i 300 posti e quello sopra.
La distinzione non ha basi scientifiche nè pragmatiche e aumenta la discriminazione tra gli stessi Teatri, già provati dal lungo periodo di chiusura.
Soprattutto quelli privati sono in condizioni che possiamo definire drammatiche.
L’UTR – Unione Teatri di Roma – che riunisce 47 teatri, ovvero la maggioranza dei Teatri privati della Capitale, ritiene scandalosa questa esclusione che evidentemente nasce dal budget, di soli 10 milioni, stanziato per i Teatri privati in tutta Italia. Da qui, la decisione di escludere tutti gli appartenenti all’insieme sfortunato dei teatri sotto i 300 posti.
Pertanto chiediamo di prendere atto di questa ingiustizia e modificare il decreto inserendo al beneficio proporzionale tutti i Teatri.
Richiediamo altresì di aumentare il budget attualmente previsto di almeno 5 milioni onde evitare la parcellizzazione eccessiva del contributo.
Non si pensi che il precedente contributo a pioggia di 10 mila euro, che peraltro non tutti hanno avuto, possa essere considerato sufficiente per i Teatri sotto i 300 posti.
Superfluo sottolineare il ruolo artistico fondamentale sostenuto dalle realtà inferiori ai 300 posti, perché sarebbe un’offesa all’intelligenza e una negazione della storia del Teatro.
Dunque è doveroso rimediare a questa iniquità.
Nel decreto si parla, inoltre, di almeno 1000 giornate lavorative per ciascuna sala con capienza compresa tra 300 e 600 posti e di almeno 1.300 giornate lavorative per ciascuna sala con capienza superiore ai 600 posti. Questi parametri escludono anche diversi Teatri di grande capienza. Per i Teatri privati raggiungere la soglia imposta è difficile in quanto molte attività vengono svolte in “outsourcing” e le figure professionali a cui i Teatri si affidano, come commercialisti, uffici stampa, mascherine, consulenti del lavoro, tecnici, ecc.., sono liberi professionisti, pertanto il loro compenso non rientra nelle giornate contributive come richieste dal decreto, sebbene siano rispettati tutti i termini contributivi di legge. In aggiunta ogni struttura genera un enorme indotto, facilmente misurabile, che non è quantificabile nella modalità indicata.
Appare evidente che gli unici elementi che possono davvero stabilire l’effettiva valenza di uno spazio sono il fatturato e il numero di spettacoli, elementi oggettivi e indiscutibili.
Apprezziamo lo spirito del provvedimento che però deve essere migliorato nel rispetto di tutte le sale teatrali e del Teatro italiano che in quelle sale vive.
Ministro Franceschini La invitiamo a tenere alto l’impegno fino ad oggi profuso, che tuttavia necessita di una maggiore consapevolezza del mondo teatrale, e riconsiderare il decreto secondo criteri più equi.
U.T.R (Unione Teatri di Roma)