Ha scelto una grigia giornata d’autunno per lasciare questo mondo. Una morte che a vent’anni di distanza suscita ancora molti interrogativi. Ė il 15 novembre del 2000 quando il corpo di Edoardo Agnelli, tormentato erede dell’Avvocato d’Italia, viene rinvenuto presso la base del trentacinquesimo pilone del viadotto autostradale “Generale Franco Romano” della Torino-Savona, nei pressi di Fossano, a scoprirla un addetto ai controlli dell’autostrada che nota una strana scena. La sua Fiat Croma, con la freccia inserita, il motore ancora acceso e il bagagliaio socchiuso, è parcheggiata a lato della carreggiata. Gli sportelli sono chiusi ma le sicure sono disinserite, come se il conducente si fosse fermato all’improvviso per controllare qualcosa. Un’avaria del motore, forse, ma la vettura sembra a posto. Su uno dei sedili spuntano due telefoni cellulari. È chiaro che qualcosa non va, forse il guidatore è sceso in fretta dall’auto per chiedere aiuto, ma perché non ha portato con sé almeno un telefono? Ė questo uno dei tanti interrogativi a cui non è mai stata fornita una risposta. La morte di un uomo, archiviata in fretta come suicidio, per cui non è stata disposta autopsia. Sul greto del fiume Stura, tra i sassi e le foglie dove un tempo scorreva l’acqua, il corpo di Edoardo sembra riassumere, in quella rigidità post mortem, tutti i tormenti di una vita sofferta, sebbene agiata. Un uomo solo e fragile, bloccato nella schizofrenica alternanza tra identificazione e distacco dalla famiglia. Studi classici al liceo Massimo d’Azeglio di Torino, frequenta poi l’Atlantic College nel Regno Unito e l’Università di Princeton negli Stati Uniti d’America, dove consegue una laurea in lettere moderne. Il giovane Edoardo non mostra però alcun interesse per il mondo degli affari, nessun piglio manageriale, nulla che lo possa far identificare come il successore naturale di papà Gianni. Anzi, più volte afferma di voler prendere le distanze dai valori del capitalismo, dimostrando una spiccata inclinazione per temi filosofici e spirituali. Sulla scena della disgrazia i vigili del fuoco e l’elicottero del 118 non tardano ad arrivare. Il corpo viene identificato, è quello di un uomo di mezza età, indossa pantaloni pesanti e un giubbotto. Non è difficile capire chi è, nell’auto c’è la patente con un nome: Edoardo Agnelli, 46 anni. Le indagini arrivano subito a una conclusione: suicidio. Le lesioni sono compatibili con una precipitazione ma Edoardo, che ama scrivere, non lascia neanche un biglietto che spieghi il suo gesto. A sua mamma Marella Caracciolo, una volta scrisse: “vorrei essere una rosa del tuo giardino”, riferendosi alla passione della nobildonna per la floricultura e forse, al poco calore affettivo della donna. Non si comprende perciò, l’assenza di uno scritto, di una motivazione, soprattutto perché l’uomo la mattina stessa, dopo aver chiamato suo padre, telefoni al suo dentista per posticipare un appuntamento al pomeriggio. Edoardo, inoltre, vive da solo in una villa in località Revigliasco, nel Torinese ed è seguito 24 ore su 24 da una scorta. Dove sono le guardie del corpo quando esce? Domande a cui avrebbero potuto fornire risposta le videocamere di sorveglianza della villa ma i filmati non sono acquisiti nella brevissima indagine, considerate le certezze degli investigatori, concordi nelle conclusioni. E qui subentrano i particolari interessi, le frequentazioni e le ossessioni dell’uomo, caduto in una rete che a mano a mano lo stava stringendo impercettibilmente. Ci sono numerosi riferimenti ai viaggi di Edoardo in Iran e al suo innamoramento intellettuale per la religione islamica, c’è addirittura una foto di lui senza scarpe, inginocchiato in una moschea di Teheran, assorto nella preghiera del venerdì (Jumu’a) il 3 aprile 1981, officiata dall’ayatollah Ali Khamenei. E come in ogni morte di celebrità che si rispetti, arrivano le più disparate tesi complottiste. Viene fuori un Imam che avrebbe certificato la conversione del figlio di Gianni Agnelli all’Islam sciita. E subito si fa strada la tesi dell’omicidio. Edoardo sarebbe stato eliminato per ordine di ignoti per impedire che l’impero Fiat finisse nelle mani di un convertito musulmano. Una storia già sentita, mutatis mutandis, quando morì Lady Diana. Si disse che la principessa era forse in attesa di un figlio da Dodi Al Fayed e che la monarchia britannica potrebbe aver ordito la trama omicida per non consentire che un erede islamico entrasse a corte. Leggende metropolitane. Più consistente invece, il sospetto che Edoardo fosse ossessionato dai suoi trascorsi per droga. Nel 1990 viene prosciolto dall’accusa di spaccio di stupefacenti, con la motivazione, dalla dichiarazione del magistrato, che “l’indiziato ha ampiamente ammesso di essere dedito all’ uso di eroina, offrendo nel contempo concreti contributi alla individuazione degli spacciatori e riscontri a quanto è emerso dall’esame delle intercettazioni telefoniche”. Parole scolpite come pietre. Queste si, alimentano mille dubbi, tanto da dar vita a numerose pubblicazioni con le più disparate ipotesi, subito dopo la scomparsa e ancora oggi, a vent’anni dal tragico volo.