“Facebook è un editore o una piattaforma social? Se, come il Ceo continua a ripetere, è una piattaforma social, allora non è possibile prendere decisioni in merito alla censura di determinati tipi di contenuti, imporre ban, sospensioni, shadow banning e altre forme di divieto verso determinati account (siano essi persone fisiche o giuridiche) né si possono limitare o bloccare determinati tipi di contenuti utilizzando algoritmi sulla piattaforma, come, invece, è stato fatto ripetutamente. Tanto più senza un contraddittorio”. Lo dichiarano in una nota congiunta il presidente di Assotutela Michel Emi Maritato, l’avvocato della stessa Giulio Verni e il direttore del Faro online, Angelo Perfetti. In Italia, il principio giuridico di base è quello di dover dimostrare la “colpevolezza” rispetto a una contestazione, circostanziare l’accusa, lasciare il diritto di difesa e solo eventualmente alla fine di questo procedimento, comminare condanne. Non solo. Ma l’utilizzo degli algoritmi rende il sistema vulnerabile: se una struttura organizzata malata con più aderenti in Italia, decidesse di colpire un singolo account, basterebbe fare segnalazioni coordinate e continuative per raggiungere l’obiettivo. Un vero e proprio reato, di cui Facebook si renderebbe complice.
Quanto accaduto al direttore responsabile del quotidiano ilfaroonline.it, Angelo Perfetti, giornalista stimato e referenziato, già caporedattore dell’Ufficio centrale del quotidiano Il Tempo e già direttore di altri giornali, è la sintesi di questa stortura social-giuridica. Il suo account personale, così come quelli personali di due suoi stretti collaboratori, sono stati bannati a vita da Facebook senza spiegazioni (se non quella generica di violazione della policy della Community), e senza possibilità di appello. Il sospetto che dietro ci sia stata un’ azione mirata a creare un danno all’attività giornalistica è forte. Un caso simbolo, la punta dell’iceberg di una gestione “motu proprio” (che ha colpito migliaia di cittadini in Italia) di una piattaforma che, per stessa ammissione di chi la governa. ha una forte incidenza sociale e dunque non può proporsi tout court come “privata”. Né tanto meno essere gestita con regole diverse da quelle del Paese che la ospita.
Quello del direttore Perfetti è un caso visibile, a fronte di migliaia e migliaia di casi invisibili, che meritano però la stessa attenzione, ossia una contestazione circostanziata e il diritto a difendersi. La questione è stata già posta all’ attenzione delle forze di polizia, ma valuteremo iniziative giudiziarie più forti e specifiche nei confronti di Facebook per atteggiamenti discriminatori che sembra compiere verso alcuni piuttosto che altri politici e verso alcuni piuttosto che altri giornalisti, violando la libertà di pensiero garantita dalla nostra Costituzione e dal Diritto internazionale.