“Le parole più forti che ho sentito pronunciare in relazione al fenomeno diffuso della Violenza sulle Donne, provenivano da un nonno. Raccontava: Mia figlia, quando è entrata in quel Centro, con i suoi bambini, per ripararsi da violenze irripetibili, non sapeva che le si sarebbero sprangate le porte alle spalle.
È un’atroce realtà ancora non raccontata. Perché si è combattuti tra denunciare un fatto reale ma – anche – correre il rischio di “invalidare” una conquista per le donne vittime di violenza: quella di un luogo per la tutela dell’anima e del corpo.
Ciò che, all’inizio della mia attività di Consulente Tecnico di Parte mi sembrava qualche caso isolato, si è rivelata, col tempo, una delle tante atroci diffuse verità.
Troppe volte queste donne, nel momento in cui sono entrate in Comunità, non sapevano che poi sarebbero state separate dai propri figli. Mentre l’uomo violento rimaneva libero, fuori, e con la casa, la strada, il mondo, la società a propria disposizione, la donna vittima di violenza diventava prigioniera, costretta a vivere in cattività e con attorno – fuori dalle mura – il mormorio del giudizio sociale e la spada di Damocle dei Protocolli Istituzionali.
Ciò a cui assistiamo, infatti, non è altro che un altro modo per sottrarre Bambini alla responsabilità genitoriale. E, allora, a donne che sono passate dalla violenza in casa alla prigionia in strutture, vengono sottratti i figli perché “HANNO DENUNCIATO TROPPO TARDI”.
Vengono giudicate “inadatte a crescere ed educare i propri bambini” .Nella casa del terrore è rimasto l’uomo. LIBERO
Al genitore abusato, intanto, viene tolto tutto il resto. La vittima è così sempre più vittima: di una nuova terribile violenza.
Spesso queste donne, prive ormai di tutto, tornano nella casa genitoriale da cui erano scappate. Ormai vuote, derubate, depauperate dell’unica ricchezza loro rimasta: quella di essere madri. Non stiamo dicendo che solo gli uomini siano violenti. Abbiamo notizie di donne altrettanto aggressive. Non è una questione di “genere”, ma di SISTEMA!
Ma i numeri relativi, ad esempio, ai casi più gravi, che sconfinano nel Femminicidio ci raccontano che una donna viene riconosciuta come vittima – senza corresponsabilità, senza “essersela cercata” – solo davanti al più estremo degli epiloghi: trovarla morta!
E, in più, queste donne devono difendersi dal fatto di non essere considerate mentalmente sane. Magari semplicemente perché non sono scappate al primo schiaffo.
Questa è la persistente vicenda di cui ci dobbiamo occupare: ”ti sei fatta maltrattare e allora non sei una brava mamma”.
Parliamo di una Genitore che è stata maltrattata dall’altro; e – come se non bastasse – questi continua ad essere maltrattata dalla famiglia e dalla Giustizia. E perde i suoi figli.
E SE QUESTO NON BASTASSE, c’è ancora di peggio: uno “strano” Sistema impone di riallacciare i fili snodati.
Troppo spesso si assiste a disposizioni per cui i bambini e bambine che hanno assistito a maltrattamenti di una genitore verso l’altro, e ne hanno ancora paura devono poi rivedere, rincontrare il genitore maltrattante. Altrimenti la VITTIMA VIENE ACCUSATA ANCHE DI ALIENAZIONE!
E SE NEMMENO QUESTO BASTASSE i bambini sono allontanati dai genitori accudenti che hanno avuto il coraggio di denunciare i maltrattamenti; e messi in Casa Famiglia perché vengano “resettati” come nel caso di Violetta, per piegarsi al volere di operatori (ed operatrici!) che non hanno alcun rispetto per chi è stato vittima di maltrattamento: né il genitore maltrattato, né il bambino.
E SE ANCHE QUESTO ANCORA NON BASTASSE, abbiamo una miriade di informazioni su bambini che vengono, poi, sottoposti ad estenuanti trattamenti di terapia psicofarmacologica: perché risultano sbagliati e malati, loro.
La colpa qual è? Essere stati vittima di violenza e, dopo, anche di un Sistema che è violento. Che incrementa la Filiera Psichiatrica attraverso ogni rivolo sociale.
Oggi è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza sulle Donne. Se vogliamo parlare di tutto questo, allora, io ci sto. Altrimenti, continuerò a fare semplicemente il mio lavoro. Insieme a quanti, continuano persistentemente, a non chinare il capo! Una grande Squadra!”.
Vincenza Palmieri
Arianna Calandra