Alle ore 11.30 di questa mattina ha avuto luogo, in diretta streaming dalla Sala Stampa della Santa Sede, la Conferenza Stampa di presentazione del volume “Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Climatici” a cura della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Dopo il saluto introduttivo dell’Em.mo Card. Michael Czerny S.I., Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, sono intervenuti i seguenti relatori: Padre Fabio Baggio, C.S., Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; Fr Joshtrom Isaac Kureethadam, S.D.B., Officiale del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e Coordinatore della Task Force Ecologia della Commissione Vaticana per il Covid-19; la Dott.ssa Cecilia Dall’Oglio, Direttrice Associata dei programmi europei del Movimento Cattolico Mondiale per il Clima; S.E. Mons. Claudio Dalla Zuanna, S.C.I., Arcivescovo di Beira, Mozambico, collegato da remoto; e la Signora Maria Madalena Issau, 32 anni, residente in un campo di sfollati a 60 km della città di Beira, in collegamento dal Mozambico.
L’intervento di Padre Fabio Baggio, C.S.: “Gli Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Climatici sono un documento, pubblicato sotto forma di opuscolo, che contiene fatti, interpretazioni, politiche e proposte rilevanti sul fenomeno degli sfollati climatici. Per cominciare, propongo di riprendere la famosa frase pronunciata da Amleto, “essere o non essere”, e di trasformarla in “vedere o non vedere, questo è il problema!”. Tutto, infatti, inizia dal nostro vedere, sì, dal mio e dal tuo. Così il Santo Padre inizia la Sua prefazione all’ultimo documento pubblicato dalla Sezione Migranti e Rifugiati, intitolato “Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Climatici”. Il verbo “vedere” è il primo passo di un processo di presa di coscienza, che ha come obiettivo l’agire sulle cause della crisi climatica e sulle sue conseguenze in ambito migratorio. La crisi climatica ha un “volto umano”. Essa è già una realtà per milioni di persone nel mondo intero, in particolare per gli abitanti delle periferie esistenziali. La Chiesa Cattolica ha una materna premura nei confronti di tutti coloro che sono stati sfollati per gli effetti di tale crisi. Questa particolare situazione di vulnerabilità è la ragion d’essere del presente documento.
Il Magistero della Chiesa Cattolica ha già in precedenza preso in considerazione il dramma degli sfollati interni e ha sviluppato riflessioni e suggerimenti per quel che concerne la loro cura pastorale. Questi nuovi Orientamenti si concentrano esclusivamente sugli sfollati climatici – ossia quelle persone o gruppi di persone che sono state costrette a lasciare il luogo di residenza abituale a causa di una crisi climatica acuta, mettendo in luce nuove sfide che l’attuale scenario globale pone e suggerendo adeguate risposte pastorali. L’obiettivo principale di questi Orientamenti è fornire una serie di considerazioni, che possano essere utili alle Conferenze Episcopali, alle Chiese locali, alle congregazioni religiose e alle organizzazioni cattoliche, così come agli operatori pastorali e a tutti i fedeli cattolici nella pianificazione pastorale e nello sviluppo di programmi per l’assistenza degli sfollati climatici. Gli orientamenti proposti in questo documento sono profondamente radicati nella riflessione e nell’insegnamento della Chiesa, oltre che nella sua esperienza pratica nel rispondere ai bisogni degli sfollati climatici, sfollati sia entro i confini dei loro paesi di origine che al di fuori di essi.
Gli Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Climatici scaturiscono dall’ascolto attento delle Chiese locali e di numerose congregazioni religiose e organizzazioni cattoliche che lavorano sul campo. Seppur approvati dal Santo Padre, essi non hanno tuttavia la pretesa di esaurire l’insegnamento della Chiesa su crisi climatica e sfollamento. Gli Orientamenti si aprono con un breve glossario, che si propone di chiarire alcuni dei termini chiave utilizzati nel documento. Segue un’introduzione generale, che spiega lo scopo degli Orientamenti e la metodologia di lavoro adottata. Il corpo del documento si sviluppa in dieci punti. Il primo è dedicato ad una ricognizione generale sull’argomento, al fine di chiarire lo stato dell’arte riguardo al nesso tra crisi climatica e sfollamento. I nove punti successivi si concentrano su aspetti particolari del fenomeno, secondo una dinamica di sfide e risposte. Si parte, quindi, dalla necessità di promuovere consapevolezza sulla questione, per consentire a tutti di “aprire gli occhi sulla realtà dell’impatto che la crisi climatica ha sull’esistenza umana”. Talvolta si possono evitare le partenze affrettate, trovando alternative allo sfollamento climatico: a questo è dedicato il terzo punto.
Nel caso la partenza sia inevitabile, allora occorre preparare le persone allo sfollamento (quarto punto), promuoverne l’inclusione e l’integrazione con le comunità che li ricevono (quinto punto), esercitare un’influenza positiva sui processi decisionali che li riguardano (sesto punto) e garantirne la cura pastorale (settimo punto). L’ottavo punto è dedicato alla cooperazione tra tutti gli attori nella pianificazione e nell’azione strategica a favore degli sfollati climatici. Il nono si concentra sulla promozione della formazione professionale in ecologia integrale degli agenti pastorali. L’ultimo punto sottolinea la necessità di incrementare la ricerca accademica sulla crisi climatica e sullo sfollamento ad essa connesso. Gli Orientamenti si chiudono con un capitoletto dedicato ad alcune indicazioni pratiche su come utilizzare il documento, destinate principalmente alle Chiese locali e agli altri attori cattolici. Vorrei concludere questa breve presentazione citando le parole finali della prefazione del Santo Padre: “Vedere o non vedere è l’interrogativo che ci porta a rispondere, operando insieme. Queste pagine ci mostrano di cosa c’è bisogno e cosa dobbiamo fare, con l’aiuto di Dio.”
La Dott.ssa Cecilia Dall’Oglio, ha detto: “Grazie per questo invito ad intervenire a nome del Movimento Cattolico Mondiale per il Clima, di un’alleanza di più di 700 organizzazioni e migliaia di individui dai diversi continenti che dal 2015 camminano insieme per vivere la Laudato si’ e rispondere all’urgenza della crisi climatica, al grido dei poveri e della terra tenendo connessa la dimensione spirituale con quella degli stili di vita personali e comunitari e con quella dell’impegno nella sfera pubblica. Sono qui a portarvi la mia testimonianza sul punto 8 degli Orientamenti Pastorali: Cooperare nella pianificazione e nell’azione strategiche ed a presentare alcuni esempi di risposte concrete per combattere la crisi climatica. La prima risposta concreta è quella di trovare spazi di collaborazione e azione strategica nella gioia del camminare insieme, che è lo spirito del Cantico di San Francesco. Nella Prefazione agli “Orientamenti” Papa Francesco scrive “Questa è l’opera che il Signore ci chiede ora, e in essa c’è un’immensa gioia. Non usciremo da crisi come quelle del clima o del COVID-19 rinchiudendoci nell’individualismo, ma solo “stando insieme”. E ancora, nella citazione d’apertura della sfida n. 8 leggiamo: “Un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati (Efesini 4,)”. Questo non essere soli ma, insieme, nel Corpo del Signore, questa sinodalità è la risposta alla nostra preghiera davanti al volto di chi soffre e che vorremmo amare, al grido che risuona nel nostro cuore, perché la sfida è grande. Noi non siamo soli nel tendere la mano agli scartati delle città, agli scartati di questa economia ma c’è un corpo ed una pluralità di carismi, una comunità che insieme arriva dove noi da soli non arriviamo. Che gioia! Cooperare nella pianificazione e nell’azione strategica non è un peso che si aggiunge alle nostre agende ed impegni in cui siamo sommersi ma un dono.
Dono è stato già questo testo “Questa cooperazione è di per sé un segno della via da seguire”. Frutto della collaborazione è stato il Documento dal titolo “In cammino per la cura della casa comune – A cinque anni dalla Laudato si’ ”, elaborato dal Tavolo Interdicasteriale della Santa Sede sull’ecologia integrale: vi rimando a questo documento dove troverete moltissime “pratiche” ed elementi operativi per favorire la cooperazione nei diversi ambiti, tra cui quelli toccati nei punti 9 e 10 di questi Orientamenti in ambito della ricerca accademica e della formazione professionale. A tale proposito seguendolo personalmente vorrei citare l’esperienza di collaborazione tra le Pontificie Università ed Atenei di Roma che nel 2017 hanno dato vita al “Joint diploma in ecologia integrale” inserendo nel programma accademico proposte di formazione informale che vanno proprio nella direzione di questi Orientamenti in quanto gli studenti sono stati portati ad immergersi in realtà impegnate nel “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”, come Casa Scalabrini 634 a Roma. Con questi Orientamenti pastorali sugli sfollati climatici papa Francesco ci invita a “vedere” ed è necessario, consapevoli dell’urgenza di cambiare rotta verso un’ecologia integrale, accanto alla formazione formale offrire proposte educative di forte significato con la metodologia del learning by doing. Quando, infatti, una proposta viene offerta attraverso l’esperienza, trova una particolarissima carica di significato in grado di superare la barriera dell’indifferenza e sperimentare “fatti di speranza” incontrando testimoni che rendono possibile e sperimentabile questo futuro. Un altro esempio concreto di collaborazione nel promuovere “Campagne di informazione che evidenziano la gravità del CCD, e si concentrino sul “volto umano” della crisi e sulla necessità di agire con urgenza” e promuovere il dialogo e reti ecumeniche è sicuramente l’esperienza che i cristiani di tutto il mondo vivono riunendosi in preghiera ed azione per “Tempo del Creato” – che si tiene ogni anno dal 1° settembre, Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, al 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi.
È importante evidenziare come, nel quadro di Tempo del Creato, vi sia anche una grande opportunità di collaborazione per celebrare con le Chiese locali la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato il 27 settembre e sensibilizzare i cristiani di tutto il mondo sulla cura dei più vulnerabili e più colpiti dal cambiamento climatico. ll tema di quest’anno sarà proprio “Una casa per tutti? Riscoprire l’oikos di Dio” che si lega al tema della Giornata del Migrante e del Rifugiato 2021 “Verso un ‘noi’ sempre più grande”: un’opportunità per coinvolgere nelle nostre preghiere ecumeniche i più vulnerabili ed attingere dalla loro “saggezza” per la conversione ecologica integrale di tutta la chiesa. Le organizzazioni che assistono gli sfollati hanno, infatti, un fondamentale ruolo di ponte all’interno della Chiesa cattolica per unire la famiglia umana e “Sviluppare programmi pastorali che integrino” come evidenziato negli Orientamenti al cap 9. I. Il sito di Tempo del Creato ci aiuterà a promuovere e replicare le migliori pratiche come auspicato negli Orientamenti cominciando “dal basso e caso per caso, lottare per ciò che è più concreto e locale, fino all’ultimo angolo della patria e del mondo”. Gli Orientamenti ci chiedono di collaborare strategicamente anche promuovendo un processo di “Advocacy collaborativa con organizzazioni confessionali e della società civile”: al cap 1 si afferma che la Chiesa cattolica “ha avvertito che il mondo deve perseguire tutti gli sforzi necessari per realizzare una “rapida e lungimirante” transizione a basse emissioni di carbonio…al fine di contenere il riscaldamento globale all’interno della soglia cruciale di 1,5° C.”. ed al cap 6 sulla sfida di “Esercitare un’influenza positiva sui processi decisionali”, citando LS 26 ci dicono che “È diventato urgente che l’emissione di biossido di carbonio e di altri gas altamente inquinanti si riduca drasticamente”. Come ultimo esempio di risposta concreta voglio, quindi, qui ricordare la campagna per il disinvestimento dai combustibili fossili (https://catholicclimatemovement.global/divest-and-reinvest/) che risponde anche all’invito che gli Orientamenti fanno a collaborare con organizzazioni della società civile.
Infatti, le organizzazioni cattoliche fanno la propria parte all’interno di un più ampio Movimento mondiale per il disinvestimento. Anche l’attenzione che gli Orientamenti chiedono per “Sviluppare una strategia di comunicazione più ampia e coerente” è ben rappresentata dalla scelta che l’annuncio – da parte delle organizzazioni cattoliche che decidono di disinvestire e portare i loro soldi dove sono anche i loro valori – per avere una maggiore efficacia venga realizzato in modo coordinato, in momenti particolarmente significativi ed in collaborazione con il Movimento della società civile più ampio. Il disinvestimento è il colpo di timone per invertire la rotta di questo modello di sviluppo economico estrattivo che siamo innanzitutto noi, dai nostri paesi democratici, a dover combattere assumendoci le nostre responsabilità e facendo la nostra parte per la giustizia climatica, per i nostri fratelli e sorelle che non hanno più nulla. (Il prossimo annuncio di disinvestimento sarà prossimo il 17 maggio). In conclusione, non sarà, allora, che per la conversione ecologica integrale che c’è richiesta così fortemente anche in questi Orientamenti Pastorali sia necessario, “essenziale” prima di tutto “fare spazio”? Fare spazio per cammini che promuovano, come il documento esplicita nelle risposte a questa sfida, “un efficace coordinamento nella pianificazione e nell’azione strategiche al fine di evitare duplicazioni e sprechi di risorse?”. “I giovani esigono da noi un cambiamento” affermano gli Orientamenti nella conclusione, i giovani chiedono da noi un cambiamento, ci chiedono di non limitarci a fare il nostro piccolo pezzo fatto bene ma di essere strategici per ottenere un cambiamento. La Laudato si’ al n° 49 ci dice anche perché le cose non cambiano “Questo si deve in parte al fatto che tanti sono ubicati lontani da loro, in aree urbane isolate, senza contatto diretto con i loro problemi. Vivono e riflettono a partire dalla comodità di uno sviluppo e di una qualità di vita che non sono alla portata della maggior parte della popolazione mondiale.” E questo è quello che potrebbe succedere anche oggi a noi che siamo “troppo pieni” per lasciare spazio alla cooperazione, all’azione strategica. Da qui non ne usciamo, sicuramente non ne usciamo migliori!
I nostri fratelli e sorelle sfollati climatici rischiano di trovare mani troppo piene per afferrarli! Mani che bastano a sé stesse, parafrasando il documento, impegnate in “azioni unilaterali e non coordinate che possono compromettere la rapidità e l’efficacia delle risposte” e quindi il cambiamento. Mani non in cerca di altre mani da stringere per camminare e collaborare e “fare casa insieme” intorno al focolare che, come dice il punto 1 degli Orientamenti, ci scalda dal freddo dell’indifferenza. Lo spirito ci ha donato i diversi Carismi ma ha soffiato quando “si trovavano tutti insieme nello stesso luogo” e dobbiamo lasciare questi luoghi, questi “spazi” liberi di collaborazione, liberi come quella parte dell’orto dei conventi francescani dove lo spirito fa fiorire “dove vuole”.
L’intervento di S.E. Mons. Claudio Dalla Zuanna, S.C.I., in video collegamento da Mozambico: “Con i suoi quasi 3.000 km di coste che si affacciano sull’Oceano Indiano, il Mozambico è un paese che ha una certa familiarità con tempeste tropicali e cicloni. La sua fortuna è di avere di fronte, come un grande scudo: l’isola del Madagascar dove i cicloni incontrando terraferma perdono la loro potenza distruttiva. Solo quei cicloni che aggirando le estremità dell’isola si introducono nel Canale del Mozambico raggiungono la costa mozambicana, generalmente al sud o al nord della lunga costa. Raramente i cicloni raggiungono la zona centrale del paese dove sorge la città di Beira. Ma non è più così! La temperatura delle acque del Canale si è consistentemente innalzata negli ultimi anni, permettendo alle tempeste tropicali e ai cicloni che non esauriscono la loro forza nella terraferma del Madagascar di ricaricarsi con la forte evaporazione e di aumentare di categoria nei soli due giorni che di solito impiegano le perturbazioni di questo tipo ad attraversare i 400 km di mare per raggiungere il Mozambico. Se poi succede che, per ragioni diverse, la perturbazione si trattenga sul Canale del Mozambico per 5 o 6 giorni come nel marzo 2019, può scatenarsi un ciclone di forza straordinaria come è stato il ciclone Idai, il più forte ciclone di cui si abbia memoria nell’Africa Australe. Questo ciclone ha danneggiato il 90% degli edifici della città, radendo al suolo i precari quartieri della periferia ma anche scoperchiando la cattedrale che nei suoi 100 anni di vita non aveva mai subito danni così gravi. L’ospedale della città, a cui fanno riferimento i circa 3 milioni di abitanti della regione, molteplici istituzioni pubbliche, scuole e anche della casa del vescovo sono stati scoperchiati dai venti che hanno soffiato oltre i 200 km orari.
Da marzo 2019, la città di Beira è stata colpita da altri due cicloni, l’ultimo il 23 gennaio di quest’anno, cicloni che, anche se di forza inferiore, hanno lasciato il loro strascico di distruzione. (La casa del vescovo è stata scoperchiata una seconda volta). Tre cicloni in meno di due anni sulla città di Beira, sembra che abbiano fatto della città il loro percorso. Alcuni studi recenti hanno mostrato come la temperatura della zona centrale del paese sia aumentata oltre la media nazionale, anch’essa aumentata, forse dovuto al fatto che la deforestazione per l’esportazione di legname è stata maggiore in questa regione. (Negli ultimi dieci anni è stato esportato più legname dal Mozambico che nei precedenti 500 anni). Questo innalzamento della temperatura potrebbe essere una delle cause del passaggio di queste perturbazioni estreme per la zona centrale del paese. Oltre ai forti venti, le tempeste tropicali scaricano enormi quantità di pioggia che in una zona pianeggiante come è Beira, con aree sotto il livello del mare, creano inondazioni a volte enormi come quella del ciclone Idai, 2.000 km2 di area allagata attorno alla città, isolandola per molti giorni, provocando oltre 800 morti e sfollando centinaia di migliaia de persone. Con questi spostamenti forzati si perdono case, beni, opportunità di lavoro, accesso a scuola e ai servizi sanitari (per esempio, a conseguenza del ciclone Idai, migliaia di persone affette dall’AIDS e in trattamento antiretrovirale hanno dovuto interromperlo con le conseguenze negative che questo comporta).
Queste movimentazioni forzate indeboliscono la comunità e il tessuto sociale con le sue relazioni, tutto è da ricostruire in luoghi di riassentamento anonimi, lontani dalla città, con pochi aiuti e questi a tempo determinato, lasciando a se stesse le persone più fragili e incapaci di ricostruirsi una vita. I cambiamenti climatici non sono una ipotetica minaccia, ma sono già una realtà che esige un’azione immediata anche nella creazione di condizioni per accogliere gli sfollati delle sempre più numerose catastrofi. Non ci si può limitare all’intervento di emergenza, a volte motivato da emozioni che sfumano rapidamente e neppure a riassentare gli sfollati in aree in cui non sono stati predisposti i servizi essenziali. Questo vale per i governi, ma anche per la Chiesa nella sua vocazione di essere casa accogliente, famiglia di Dio. Il documento che oggi è divulgato è una risposta nella giusta direzione, a noi fargli portare frutti.”
di Marcello Strano