La manifestazione è stata organizzata da “scuola in presenza”, noi abbiamo sentito Valentina Popoli, la referente di Roma e Lazio della rete nazionale scuole in presenza che ci racconta che dopo aver organizzato manifestazioni in tutta Italia dove hanno i comitati, si sono dati appuntamento a Roma come “unica manifestazione nazionale di tutti i comitati da tutta Italia”. Continua la referente “abbiamo riscontrato problemi psicologici, di ansia, di socializzazione” e conclude “ la scuola è anche palestra, a scuola si impara anche mediante la sensazione che trasmette, il feeling fisico con i professori, il feeling con gli altri compagni di classe”.
Le interviste
L’avvocata ci indica le norme violate
E’ intervenuta l’avvocata Andrea Catizona, esperta di diritti dei minori che ci ha spiegato che anche l’articolo 34 della Costituzione viene violato, “la scuola è aperta a tutti, oggi la scuola non è aperta a tutti, alcune scuole sono aperte altre no. Non è accettabile che le motivazioni sulle quali vengono prese le decisioni di chiudere le scuole, non sono fondate su dati scientifici, su evidenze che possano giustificare questo tema. I ragazzi in piazza hanno bisogno di andare a scuola oggi, non domani, perchè poi il tempo passa, poi diventeranno adulti e le ferite che vengono inflitte in questa fase sono poi difficili da rimarginare, quindi noi abbiamo una responsabilità, le Istituzioni hanno una responsabilità verso queste giovani generazioni. La scuola è un centro educativo, è un centro essenziale che non può essere chiuso, non può essere posticipato, bisogna solo applicare i protocolli di sicurezza del covid”, così conclude l’avvocatessa.
L’epidemiologa biostatistica ci fornisce dati scientifici, le scuole non aumenta il rischio di contagio è l’opposto, con le scuole aperto risulta un aumento di depressione e suicidi
L’epidemiologa biostatistica, Dr.ssa Sara Gandini, ci comunica che insieme ad altri ricercatori hanno analizzato i dati delle scuole da settembre a dicembre 2020, e cercato di capire i contagi che avvenivano nelle scuole e quali erano i rischi connessi con l’apertura o la chiusura delle scuole “sostanzialmente abbiano visto che il numero dei focolai che avvenivano a scuola erano in linea con quello che si vedevano negli altri Paesi, ed i contagi sono significativamente meno negli studenti soprattutto fino alle medie sono il 39% in meno rispetto alla popolazione generale, mentre nelle scuole superiori, sono in media un 9% in meno, rispetto alla popolazione generale. Negli insegnanti abbiano trovato una incidenza maggiore, principalmente dovuto al grande numero di tamponi che vengono effettuati nella scuola, più o meno diciamo che in media sono tra i 7 e i 18 tamponi per ogni caso indice che viene individuato.
Questo fa sì che la scuola di fatto diventa un contenimento del virus perchè si devono fare un grande numero di controlli, per poter permettere ai ragazzi di stare a scuola, ci sono dei protocolli che funzionano e si permette di individuare subito un caso di indice, quindi una persona contagiata viene individuata subito nelle scuole, mentre negli altri luoghi di lavoro vengono fatti molto meno controlli rispetto alla scuola. Se noi teniamo le scuole chiuse le scuole i ragazzi escono comunque e questo fa sì che i ragazzi si contagiano fuori da scuola, al pomeriggio quando escono, mentre se vanno a scuola devono rispettare delle regole, imparano a stare assieme agli altri rispettando i protocolli, rispettando gli altri ragazzi, gli insegnanti, questo è comunque un servizio che la scuola fa per tutti il Paese, quindi è molto meglio tenere aperte le scuole anche se implica uno sforzo di tracciamento, mentre se si tengono chiuse i ragazzi escono si contagiano altrove e portano in casa il rischio, aumenta il rischio di contagio. I nonni che devono farsi carico dei nipoti, quindi in realtà tenere aperte le scuole non aumenta il rischio di contagio è l’opposto”.
L’epidemiologa insistere anche sul fatto che “il concetto di salute non è solo rischio di contagio è un concetto che deve essere ampliato, deve includere anche il rischio di depressione che questi ragazzi stanno correndo, noi l’abbiamo visto in tantissimi studi che sono stati pubblicati, c’è un rischio di depressione addirittura un aumento dei suicidi che è stato osservato anche nelle donne, cosa che non si osservava da una vita, quindi questi elementi devono entrare nel dibattito e devono essere tenuti in conto da chi governa, non è solo il rischio del contagio. Quindi ci tengo che si faccia sempre più formazione sia sui protocolli, sulle misure di contenimento del virus, ma anche sui rischi che comportano, anche la paura del virus”.
La professoressa, “ora basta, vogliamo che i ragazzi tornino in presenza, perchè notiamo, ogni giorno le difficoltà a cui loro sono sottoposti, sono come anestetizzati”
La professoressa di architettura del liceo artistico di Alba, Enrica Cravanzola, ci spiega che si è recata a Piazza del Popolo a Roma insieme al gruppo scuole in presenza Cuneo, che raduna tantissimi rappresentanti di tanti paesini dei loro luoghi perchè “vogliamo le scuole aperte per tutti gli ordini e gradi, dall’infanzia alle università, siamo uniti da un intento comune che è quello di dare voce ai nostri figli, ai nostri alunni perchè non vogliamo più che la didattica entri nella normale routine delle lezioni quotidiane. La DAD aveva un valore assolutamente di emergenza, ora basta, vogliamo che i ragazzi tornino in presenza, perchè notiamo, ogni giorno le difficoltà a cui loro sono sottoposti, sono come anestetizzati, non riescono più reagire, non vogliono più scendere sotto casa, a giocare con il loro coetanei, sono come lobotomizzati, allora bisogna scuoterli, io da mamma, ma anche da professoressa non voglio più vedere i ragazzi che si consumano e che guardino attraverso questa piatto schermo i quadratini dei loro compagni, vorrei scuoterli da questo torpore, che la didattica a distanza non è didattica, la scuola deve essere assolutamente in presenza, questo lo ribadisco perchè solo a scuola avvengono le relazioni, avvengono i rapporti umani che sono normali, è una vita normale, i ragazzi devono tornare a riprendersi le proprie vite”.
Una mamma, Terry Marinuzzi “un livello di dispersione scolastica molto elevato”
In Puglia fin dalla fine di ottobre vige la didattica a scelta, cioè le famiglie possono scegliere se mandare o mano i figli a scuola. Questo ha creato moltissimi problemi ha spaccato i genitori e le comunità scolastiche perchè ha messo i genitori gli uni contro gli altri, perchè questo tipo di didattica obbliga i docenti in classe contemporaneamente ad avere un gruppo in presenza ed un gruppo collegato a distanza, quindi soprattutto negli ordini inferiori elementari e medie questa diventa molto complicato, quindi è una didattica che non è adeguatamente fruibile e crea molto disagi all’interno della scuola”.
La mamma ci spiega che nello loro regione Puglia come in diverse altre regioni del sud già prima della pandemia, c’era un livello di dispersione scolastica molto elevato adesso con il covid questi indici di abbandono scolastico sfiorano il 30% e, quindi, c’è una fetta enorme di famiglie che già prima venivano meno all’obbligo scolastico. Se si lascia la scelta le famiglie più fragili che hanno difficoltà a seguire i propri figli queste “ tendono a ritrarsi, quindi, poi, sulla carta le scuole sono aperte, ma nei fatti vengono svuotate da una serie di ordinanze che oltre a limitare il diritto allo studio, disgregano la coesione sociale. Le difficoltà per le famiglie di trovare all’interno della comunità scolastica anche una serenità, perchè questo contribuisce a rendere ancora più ansiosi i docenti, i quali, non avendo delle direttive precise, vedendo anche che le leggi nazionali nella nostra regione hanno altri esiti, chiaramente si crea una situazione di disagio che poi ricade sul benessere dei bambini stessi”.
Numerosi i cartelli e scritte sulle lenzuola tenuti da ragazzi di ogni età dove si legge “basta Dad aprite le scuole, la scuola è salute, la scuola a scuola, la scuola non è Dad, Bologna pro scuola, scuola per tutti, scuola in presenza Arezzo”.
I ragazzi, le insegnati, i genitori tutti uniti chiedono di tornare a scuola, semplicemente un diritto. Gli alunni di ogni età si sono alternati ai microfoni in una piazza del Popolo piena ed hanno raccontato le loro difficoltà, le loro frustrazioni, le loro esperienze ed anche il loro sogni.
I ragazzi, i bambini nei loro occhi hanno mostravano molta tenerezza, tanta angoscia, sofferenza evidente stampate nei loro sguardi, con il loro silenzio cercano aiuti che meritano, aiuti che gli adulti dovrebbero fornirgli. Ascoltiamo i ragazzi, da loro c’è solo da imparare.
Di Giada Giunti