Il 23 giugno al Tribunale di Roma ed. B, aula 16 è andata in onda l’ultima parte del film “La Stangata”, ma gli attori non sono affascinanti come Paul Newman e Robert Redford, il luogo non è l’Illinois, ma quel tetro edificio, grigio ed opaco, dove si decidono le sorti di esseri umani, senza diritti e senza voce, falcidiati da liturgie obsolete e perverse, che celebrano l’InGiustizia. L’agnizione del condannato nell’improvviso e inaspettato riconoscimento dell’identità di un personaggio, che determina una svolta decisiva nella vicenda.
La trama è la stessa, una finta agenzia di scommesse in cui viene fatto credere di poter vincere facilmente delle ingenti somme di denaro grazie a informazioni riservate, con l’obiettivo di fargli poi perdere l’ultima, altissima e decisiva scommessa.
Il caso classico è quello del personaggio che, al termine di una serie più o meno complessa di vicende, viene riconosciuto da altri o si autoriconosce nella sua vera identità; il riconoscimento può riguardare anche i modi e i tempi con cui il lettore scopre la verità, abilmente celata dallo scrittore. Il procedimento è tipico del romanzo giallo o avventuroso (cfr. il “colpo di scena“, la “scena madre“); ma anche in racconti psicologici lo scrittore può adottare un punto di vista che strutturalmente mette in ombra o tralascia alcuni fatti relativi a un personaggio, la cui conoscenza è ritardata ad arte.
La vicenda di Edipo può costituire l’emblema del riconoscimento nel senso più profondo del termine: l’eroe prende coscienza del suo vero essere al termine di una inquietante inchiesta, che si conclude con la catastrofe. L’identificazione dell’eroe è peraltro una delle funzioni della fiaba di magia studiate da Vladimir Propp, a riprova del carattere topico e assai generalizzato di questo procedimento narrativo.
Illustrissimo Dott. Raffaele Cantone, anche il sottoscritto scrive libri, ma non si sente uno scrittore, gli ultimi in meno di un anno sono undici tutti dedicati ad un bambino nato genio che ho conosciuto al crocevia del destino all’età di 71 anni, quando ormai per copiare Oriana Fallaci “il tempo si era fatto corto” nell’attesa di quella elegante Signora che fa visita a tutti. Ancora non è venuta mi concede un po’ di tempo per salvare un figlio ed una madre torturati dall’ignavia di regime e da quella insopportabile supponenza, incontinente arroganza che costituisce l’antropologia del magistrato. Non si tratta “solo per giustizia”. “ma quale giustizia” (Sergio Zavoli 1996).
Se scrivo a Lei vuol dire che la rispetto e la stimo, tanto che per tutto il tempo che è stato Presidente dell’ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione – Le ho inviato tutti gli atti che ho depositato nelle sedi giudiziarie riguardanti contratti di appalto servizi in gran parte frutto di corruzione tra enti privati (case famiglia, cooperative ONLUS, alcune associazioni contro la violenza di genere) ed enti pubblici Comuni, Regioni, alcuni Ministeri etc.
NON HO MAI AVUTO UNA RISPOSTA MA ERA NEL CONTO, POI QUANDO LEI E’ STATO NOMINATO PROCURATORE CAPO DELLA PROCURA DI PERUGIA HO CONTINUATO ININTERROTTAMENTE I MIEI INVII NELLA SPERANZA CHE NELLA NUOVA VESTE AVREI POTUTO OTTENERE DI TUTELARE UN FIGLIO ED UNA MADRE, MA ANCHE 60.000 BAMBINI CHE ABITANO IN ITALIA E VENGONO ESPROPRIATI AI GENITORI BIOLOGICI.
Veda il fenomeno dei sequestri di Stato, degli affidi illeciti non è il “centro del mondo”, come saggiamente, Le ha suggerito il suo superiore, ma è certo che non attiene ai diritti dei cattolici e ai diritti dei non cattolici, consentire ad un genitore di curare, accudire, amare, far crescere, assicurare sicurezza e futuro ai propri figli che sono esclusiva fonte di vita che non può essere sfregiata per alcuna ragione ed i figli non possono essere affidati ad estranei in particolare allo Stato che già non è in grado di amministrare la Giustizia, l’esistenza dei cittadini, la conservazione della specie umana, il mistero della nascita, la sacralità del figlio, la salvezza divina della madre, la Grande Madre Natura (Jung), il simbolo universale, l’Annunciazione, “Conceptio Domini”.
Lei sa bene che i diritti scritti nei codici sono solo astrazione, come è giusto che sia, poi quei diritti devono essere applicati al caso concreto e se parliamo di affetti, rapporti figli e genitori, sentimenti, emozioni i magistrati sono gli ultimi a poter decidere proprio per il mestiere che esercitano.
Veda conosco anch’io la mafia, anche quella dei colletti bianchi, ma soprattutto conosco le regole del potere, la struttura del potere e il potere burocratico comprensivo della Magistratura. Nel 1964 ero in Vietnam, nel ’68 a Praga, sono ancora vivo, per poco.
Non ho niente contro di Lei, come vede Le scrivo con cordialità senza barocche formule giuridiche, ma sono costretto ad agire per rispettare un giuramento che ho manifestato a quel bambino e alla sua mamma che non posso tradire ne va della mia dignità. Le ho inviato una diffida ad adempiere e un paio dei miei libri non per essere lodato, ma per corroborare il mio impegno nel liberare il figlio di madre coraggio Giada Giunti, come pure altri 60.000 bambini.
Ancora una volta ha vinto il silenzio.
Pertanto, La invito ad assumere provvedimenti relativamente alle numerose denunce che ho sporto e depositato alla Procura di Perugia, in particolare nei riguardi delle Magistrate Elena Neri, Gabriella Fazi e Silvia Santucci, corrotte, spietate e vigliacche, non sono un esempio da seguire, mi vogliono morto perché le ho scoperte con le mani e la faccia dentro la marmellata e per ottenere il successo pur che sia tengono in ostaggio il figlio e la madre, ma non si può fare.
Mi vogliono eliminare, può essere anche una soluzione, ma prima devo ridare la libertà a quel bambino che ho incontrato la crocevia del destino.
Con questa breve nota ho compiuto il mio dovere, poi ognuno si assume le proprie responsabilità in ordine al grado gerarchico, al posto e alla competenza.
Che Dio ci aiuti
Francesca Romana Cristicini