La salute al centro del dibattito mondiale dall’UE, agli USA, al G20. Incontri di importanza strategica per sconfiggere la pandemia che non risparmia alcuna popolazione. Si cimentano in questa due giorni romana le massime cariche dei Paesi occidentali, quelli cacciati dai talebani, dopo che hanno per 20 anni portato morte e distruzione in terra straniera secondo la logica della guerra con il fine di far spuntare i fiori della democrazia e della libertà là dove vivono etnie che hanno maturato nel tempo altre antropologie inconcepibili secondo i modi di vivere dei conquistadores, degli oppressori, convinti di essere i depositari di modelli identitari dello Stato-Nazione. Il tramonto del finto mondo bipolare e la vanificazione delle linee di strutturazione geo-politica e geo-ideologica seguito alla fine della «guerra fredda» hanno rimesso in moto la storia, non hanno posto termine al contrasto tra pretendenti alla egemonizzazione di popoli e territori come qualche avventato analista aveva troppo preconizzato. L’apertura dei mercati e le nuove tecnologie di comunicazione hanno accelerato quel fenomeno che siamo soliti chiamare «globalizzazione». Ma la globalizzazione non ha unificato il mondo, né ha reso omogeneo il pianeta sul piano dei modelli culturali e politici. Non solo perché la presunta omogeneizzazione degli stili di vita sociale, degli schemi culturali, degli orientamenti ideologici, politici, religiosi, economici, riguarderebbe soprattutto solo una parte del mondo, quella «occidentale», a fronte della quale restano contrapposte altre aree, a oriente e a sud, e in particolare su quel versante solo in parte territorializzato che è il «mondo islamico». Ma soprattutto in ragione del fatto che negli stessi territori occidentali non esiste alcuna omogeneizzazione di stili di vita. Negli stessi Paesi appartenenti al club della civiltà superiore. Processi generali di diversificazione socio-economica e culturale (localismo, regionalismo); tensioni e fenomeni di frantumazione e ricomposizione politico-territoriali a livello statuale, inter-statuale o transfrontaliero (federalismo, autonomismo regionale, indipendentismo, secessionismo, nazionalismo e micronazionalismo spesso di natura etno-religiosa) – scontri che in talune aree assumono forme anche di conflitti violenti. Tali dinamiche rappresentano infatti vere e proprie sfide nei confronti del ruolo dello Stato-nazione inteso come sistema di delimitazione spaziale e di regolazione istituzionale dei processi interni ed internazionali di potere, di legittimazione e di appartenenza collettiva – un sistema caratteristico della incessante lotta politica per la conquista dei posti di comando.
Si sono riuniti a Roma per stringere un Patto per vaccinare i Paesi poveri e fermare le varianti. Completare la vaccinazione in tutti i Paesi del mondo, compresi quelli più poveri, serviranno altre 6 miliardi di dosi. L’obiettivo è siglare un «Patto di Roma» in cui i ministri della Salute dei Paesi del G20, riuniti ai Musei Capitolini (molti in presenza, alcuni da remoto) s’impegneranno a perseguire una politica di ridistribuzione dei vaccini anti Covid che raggiunga tutto il pianeta, anche le aree in via di sviluppo. Si tratta di un’azione necessaria non solo per ragioni umanitarie e di equità, ma anche perché da una pandemia i Paesi del mondo possono uscirne solo tutti insieme. Ma l’inganno è spiegato dagli stessi promotori: proteggere le Nazioni ricche, che possono essere contaminate dai Paesi poveri, considerato che nei continenti come l’Africa o parte dell’Asia il virus continua a circolare, la possibilità che si sviluppi una variante in grado di aggirare i vaccini esistenti è alta. Lo si è visto con la Delta in India: il colosso asiatico oggi ha raggiunto una discreta percentuale di popolazione vaccinata, ma fino a qualche mese fa era molto indietro e questo ha fatto esplodere il contagio, con la mutazione nella variante Delta molto più contagiosa. «Dobbiamo vaccinare tutti, nessuno deve restare indietro», in quanto dobbiamo difendere la salute dei popoli occidentali dove vivono i potenti del mondo. L’azione è volta a tutelare le popolazioni dei Paesi ricchi, in quanto tale fenomeno pandemico comporta che è necessario occuparsi della salute degli altri Diversamente sul versante delle condizioni di esistenza dei Paesi poveri dove da sempre ogni 5 secondi muore un bambino per un tozzo di pane e un bicchiere d’acqua nessuno si è mai preoccupato realmente. «Solo lavorando a livello internazionale possiamo garantire una più equa distribuzione globale dei vaccini per il Covid 19» ripetono stancamente i protagonisti dell’incontro, ma la più equa ripartizione globale delle risorse economiche, nonostante i molteplici enti internazionali competenti, appare una di quelle narrazioni dell’ovvio, che restano astratti furori. L’Italia è presidente di turno del G20, e il Presidente Draghi ha il dovere di sottolineare questa parzialità, la questione che i Paesi poveri rimangono poveri anche se i loro abitanti vengono tutti vaccinati. E’ vero che il benessere dei popoli dei Paesi occidentali non può prescindere dalla tutela dell’ambiente nel quale vivono, ma i bambini dei popoli poveri continueranno a morire ogni 5 secondi per un tozzo di pane e di un bicchiere d’acqua. Ciò conferma che tutte le volte che i responsabili di prima fascia dei popoli ricchi si muovono per occuparsi dei poveri lo fanno solo e soltanto per il loro interessi, ignorando quelli degli altri.
Questo il Prof. Draghi non me lo doveva fare!
Avvocato Carlo Priolo
Francesca Romana Cristicini