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L’uso di cellule embrionali
In più occasioni è stata etichettata come notizia falsa l’informazione che segnala come nei vaccini per il Covid-19 siano usate o presenti cellule embrionali umane provenienti da feti abortiti. E analoga etichetta viene posta all’informazione che i vaccini per il Covid-19 contengano OGM (Organismi geneticamente modificati).
Cerchiamo di offrire chiarezza. Nel foglietto illustrativo di Vaxzeria, prodotto da Astrazeneca, si legge:
«Prodotto in cellule renali embrionali umane geneticamente modificate (HEK) 293 e mediante tecnologia del DNA ricombinante.
Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati (OGM).»
Nel foglietto illustrativo di Janssen, prodotto da Johnson&Johnson, si legge:
«Prodotto nella linea cellulare PER.C6®️ TetR e mediante tecnologia del DNA ricombinante.
Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati (OGM).»
Nulla del genere compare nei foglietti illustrativi dei vaccini Pfizer (Comirnarty) e Moderna (Spikevax) il che non significa, pero’, che non ci possano essere omissioni descrittive.
In realtà, i fatti sono un po’ più complessi.
Astrazeneca ha usato/usa la linea cellulare HEK 293 nelle fasi di ricerca e sviluppo, produzione e conferma con test di laboratorio, in quest’ultima ha usato anche la linea cellulare MR-5. Johnson&Johnson ha usato/usa la linea cellulare PER.C6 in tutte e tre le fasi.
Moderna e Pfizer hanno usato la linea cellulare HEK 293 solo nella fase di conferma e test di laboratorio.
Vi spiego, ora, cosa sono queste linee cellulari.
HEK 293. Coltura cellulare ottenuta da cellule renali estratte da un feto di sesso femminile nel 1972. Tutti i documenti relativi a questo aborto sono andati perduti.
MR-5. Coltura cellulare ottenuta da tessuto polmonare di un feto di sesso maschile abortito a 14 settimane nel 1966, il feto fu espiantato da una donna di 27 anni per ragioni psichiatriche.
PER.C6. Coltura cellulare ottenuta da tessuto retinico prelevato da un feto di 18 settimane abortito nel 1985 per motivazioni sociali.
Va segnalato che il tessuto fetale, per essere utilizzabile ai fini di ricerca scientifica, deve essere in “stato vitale”, questo implica che il feto sia stato, con estrema probabilità, sezionato da vivo.
Cosa significa “coltura cellulare ottenuta da cellule embrionali”?
Le cellule embrionali estratte dal feto sono state clonate, geneticamente modificate per renderle immortali (le cellule tumorali sono immortali) e moltiplicate in vitro. Il processo di clonazione e moltiplicazione non le rende meno “umane”, anche se non vengono più estratte direttamente dal feto. Il procedimento di immortalizzazione può renderle, invece, pericolose, perché fin dall’inizio della sua applicazione ha dato luogo a cancerogenicità (possono generare tumori).
Già a questo punto possiamo affermare che la frase “I vaccini per il Covid-19 hanno usato cellule embrionali umane provenienti da feti abortiti” corrisponde a verità inoppugnabile e valida per tutti i vaccini autorizzati in Italia.
Analogamente la frase “I vaccini per il Covid-19 contengono OGM” corrisponde a verità inoppugnabile per i vaccini Astrazeneca e Johnson&Johnson, come apertamente dichiarato nel foglietto illustrativo e per le altre marche vale lo stesso discorso anche se non dichiarato nel “ bugiardino”.
Veniamo alla frase “I vaccini per il Covid-19 contengono cellule embrionali umane provenienti da feti abortiti”.
Nel processo produttivo, quando si utilizzano queste linee cellulari, è prevista la purificazione del siero per eliminare il materiale genetico di origine umana, ma non si tratta di un procedimento perfetto al 100%, per il semplice motivo che in scienza e medicina il 100% non esiste. Non a caso la stessa università di Oxford, che ha sviluppato Astrazeneca, dopo aver descritto il processo di purificazione dichiara che è “improbabile” che resti materiale umano nel vaccino finito. “Improbabile” non “impossibile”.
L’eventuale presenza – improbabile ma non impossibile – di residui di DNA fetali nel vaccino finito e pronto per l’inoculazione comporta rischi per la salute, perché si può attivare il processo di ricombinazione omologa con conseguente modifica del patrimonio genetico del soggetto vaccinato e possibili reazioni autoimmuni.
Ma quanto è improbabile?
La Food & Drug Administration statunitense e la stessa OMS nel 2005 hanno riconosciuto la sussistenza di rischi oncogenici associati alla presenza di DNA umano nei vaccini (perché queste linee cellulari non vengono usate solo nei sieri anti covid-19), stabilendo il limite massimo di sicurezza in 10 nanogrammi. Tale limite, come dimostrato da numerosi studi, è risultato essere più volte non rispettato in molti dei vaccini in commercio, con “presenze” che hanno superato i 1000 nanogrammi, cioè 100 volte il limite massimo stabilito.
Adesso vi invito a riflettere: se la FDA e l’OMS si prendono il disturbo di stabilire un limite di “presenza” considerato accettabile in quanto a rischi per la salute, secondo voi quanto è completo il processo di purificazione, che dovrebbe eliminare “ogni traccia” di materiale genetico umano peraltro cancerogeno? Se fosse un’eventualità rara, che dei residui sfuggano alla purificazione, non si sarebbe reso necessario stabilire questo limite. Al contrario la sua stessa esistenza porta a dedurre che la presenza di materiale genetico umano, nello specifico cellule embrionali geneticamente alterate, sia la prassi e non una rara eventualità.
Alcune fonti, per approfondire quanto detto:
https://www.nature.com/articles/s41586-020-2608-y
A. van der Eb, testimony before the Vaccines and Related Biological Products Advisory Committee, May 16, 2001, FDA Center for Biologics Evalution and Research meetingtranscript, 81, http://www.fda.gov/ohrms/dockets/ac/01/transcripts/3750t1_01.pdf.
Spagnolo, “Foetal Tissue Transplants and Abortion.”
Mariano Amici medico
Francesca Romana Cristicini