A poche ore dalla chiusura del Cop26, si tirano le prime somme e i primi commenti non stentano ad arrivare. E’ innegabile che ci saremmo aspettati più coraggio e determinazione sulle date e sugli impegni necessari al fine di arrivare ad una svolta per recuperare la situazione climatica.
Riassumendo i pochi punti il “Patto di Glasgow”:
1) Tenere il riscaldamento globale entro la misura di 1,5 gradi.
2) Taglio delle emissioni al 2030 entro il 45%.
3) Zero emissioni nette intorno alla metà di questo secolo.
4) Nessun accordo preciso su decarbonizzazione e finanza climatica, da rimandare al prossimo Cop 27 che avrà luogo in Egitto nel 2022
5) La certezza sul fondo che i Paesi Ricchi avrebbero dovuto erogare ai Paesi Poveri, che stanno vivendo sulla loro pelle, le conseguenze del cambio climatico.
Da quanto emerge, il quadro è insufficiente e inadeguato per arrivare più rapidamente possibile ad una svolta sul clima. La prese di posizione della Cina e dell’India, per quanto riguarda il carbone, ha compromesso il raggiungimento dell’obiettivo dei 197 Paesi sottoscrittori del patto.
Anche l’impegno dell’Italia è alquanto deludente, infatti solo nel 2030, il ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani prevede di arrivare a 70% per ottemperare al fabbisogno energetico attraverso le Energie Pulite. Ciò significa che per il momento continueremo ad usare le fonti attuali e a importare 70 mld di metri cubi di gas all’anno. Lo stesso Cingolani, ha dichiarato: «Non è un compromesso annacquato, dovevamo portare a bordo tutto il mondo, più di 195 Paesi, con un accordo che doveva tenere la barra a +1,5 gradi il riscaldamento globale e non a +2 gradi. India e Cina hanno posto sostanzialmente un veto, hanno chiesto un alleggerimento di una condizione che, posso garantire, è abbastanza marginale, però questo ci ha consentito di averli a bordo nella Cop che adesso ha sancito le regole di trasparenza e implementazione per quello che faremo nei prossimi anni. Non sono soddisfattissimo, mi rendo conto che con queste dimensioni a questi livelli, purtroppo il compromesso è parte del mestiere. Qui non si tratta di tecnica, ma di diplomazia”.
Per la direttrice esecutiva di Greenpeace International, Jennifer Morgan, quello di Glasgow: «è un accordo debole e manca di coraggio. L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5 gradi è appeso a un filo ma è stato dato un chiaro segnale: l’era del carbone è agli sgoccioli e questo conta. Mentre si riconosce la necessità di tagliare in modo drastico le emissioni già in questo decennio, gli impegni sono stati però rimandati al prossimo anno. I giovani cresciuti con la crisi climatica non potranno tollerare altri rinvii. Perché dovrebbero quando lottano per il loro futuro?»
Mentre il WWF, riconosce che alcuni progressi sono stati fatti. I Paesi hanno nuove opportunità per evitare la catastrofe climatica, ma se non attueranno concretamente azioni efficaci per il clima, la loro credibilità sarà sempre a rischio. La responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, Mariagrazia Midulla, conclude: «Mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C è ancora possibile solo intensificando la risposta globale alla crisi climatica. Ma la finestra temporale che resta si sta chiudendo velocemente, quindi è tempo che i leader mondiali mantengano tutte le loro promesse per garantire un futuro sicuro e piacevole a tutti. Glasgow è stato un punto di partenza e non di arrivo. Dobbiamo tutti lavorare perché la crisi climatica venga affrontata, in ogni ambito, con la rapidità e l’incisività necessarie: nessuno è al sicuro e abbiamo tutti troppo da perdere, noi e il Pianeta».
Agostino Fraccascia