La Cop26 si conclude e lascia l’amaro in bocca agli attivisti di tutto il mondo.
Boris Johnson, premier britannico, ha definito il vertice un “successo”, ribadendo fiero come i paesi di tutto il mondo abbiano “fatto suonare a morte la campana del carbone”, ma i risultati ottenuti a Glasgow sono ben lungi da poter essere definiti come un successo. Cosa è andato storto? Ancora una volta si è rimasti sul vago, le date per raggiungere emissioni zero sono state posticipate e i grandi paesi inquinanti del mondo, come Usa, Cina e India non hanno aderito a molte delle proposte avanzate per poter arginare il problema. Un ennesimo “bla, bla, bla”, per citare l’espressione simbolo di questa Cop26, che scatena la furia degli attivisti di ogni età, facendo temere ai più per il loro futuro. Si commuove il presidente del vertice Alok Sharma, ribadendo la sua frustrazione e la difficoltà di mettere in accordo 197 paesi. Colpo basso quello inflitto dai potenti del mondo nei confronti delle nazioni più povere e pesantemente colpite dal cambiamento climatico, alle quali avevano promesso un risarcimento economico post 2025, che prima della chiusura è stato negato, con la promessa, fittizia, di avere degli aiuti economici un domani. Viene confermato l’obiettivo dei 100 miliardi all’anno, che si sarebbero dovuti mobilitare già nel 2020, ma ora si punta a raggiungere la cifra complessiva promessa nel 2009 a Copenaghen, ossia 600 miliardi di dollari entro il 2025. Nei colloqui programmati nell’arco 2022-2026 si discuterà su come trovare i finanziamenti necessari, ma nonostante ai più possa sembrare di parlare di cifre astronomiche, per aiutare i paesi che rischiano di scomparire a causa del cambiamento climatico saranno necessari ancora più soldi. Sono stati proprio Europa e Stati Uniti a negare all’ultimo la loro volontà di rinnovare un fondo post 2025 durante i lavori di questa Cop26. Per tanto l’unico successo di cui possiamo parlare è ancora una volta il successo degli interessi degli stati più ricchi: lo status quo è stato conservato, il vertice di facciata per dimostrare una sensibilità ipocrita al problema è stato organizzato, e anche questa volta gli ultimi rimangono ultimi. I punti principali dell’accordo sono stati così annacquati, e invece di imporre divieti per non fare alzare la temperatura a più di 1,5 gradi dalle temperature preindustriali, si parla di “fare il possibile” per non oltrepassare questa soglia, mentre l’uso di combustibili fossili non deve essere più gradualmente eliminato, ma gradualmente ridotto. Una notevole differenza, che permetterà ai grandi paesi consumatori e produttori di carbone di poter continuare con i propri affari. La crisi climatica, come è stato più spesso ribadito, non sarà soltanto una crisi sociale e ambientale, ma sarà anche una crisi economica dagli effetti devastanti, che non farà altro che aumentare il divario tra le classi. Basti pensare a come l’India abbia recentemente avviato un lockdown a causa del troppo smog. Dati che fanno riflettere, ma a quanto pare non agire. Il braccio di ferro tra il denaro e il buon senso è stato così vinto ancora una volta dal primo, con molta delusione, ma senza sorpresa.
Il futuro della Cop
A differenza di quanto previsto dagli Accordi di Parigi, che prevedevano un aggiornamento ogni cinque anni, il vertice della Cop si riunirà ogni anno per fare il punto sulla crisi climatica. Il prossimo anno si terrà infatti in Egitto la Cop27. I più ottimisti definiscono la Cop26 solo come un punto di partenza del lungo lavoro che c’è da fare e vogliono comunque parlare di “accordo storico”, in quanto si tratta del primo accordo dell’Onu in cui si mette per iscritto la necessità di ridurre i combustibili fossili.
Aurora Mocci