La guerra di oggi e quelle di ieri confermano che le convenzioni per i diritti dell’uomo, la dichiarazione universale dei diritti umani, dei diritti della persona, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua terza sessione, il 10 dicembre 1948 a Parigi, con la risoluzione 219077, la sua sigla in inglese è UDHR cioè Universal Declaration of Human Rights, i trattati, gli accordi, le grandi organizzazioni delle nazioni unite o divise, il diritto internazionale, la commozione per la sofferenza degli innocenti, i difensori della pace, i narratori dell’ovvio, i violini che suonano, le opere degli artisti, i racconti dei grandi scrittori, la forza dei saperi, le evidenze della scienza, il Giorno della Memoria, il Milite ignoto, i campi di concentramento, le foibe, l’olocausto dei bambini torturati e le lacrime per quelli morti, le commemorazioni dei defunti, le sanzioni, la corsa a possedere le armi più potenti, la deterrenza schiacciando i vinti, la forza della preghiera, il forum dei Paesi più industrializzati e l’Unione europea, non fermano la guerra, non annullano i venti di guerra. La prova più evidente è che nel cuore dell’Europa è scoppiata la guerra, le società opulente e tecnologiche si trovano di fronte all’abisso e non sanno cosa fare, salvo pregare il Cristo da sempre tradito.
Si contrasta l’idea di un primato della coscienza sull’essere, mentre sarebbero i bisogni umani materiali e spirituali i fattori reali della storia. L’essenza umana basa le sue radici nelle attività produttive che gli uomini svolgono per procurarsi i beni necessari alla sopravvivenza.
La guerra riporta a zero lo sviluppo e scrive il ritorno ai primordi, alle esigenze per soddisfare i bisogni primari dell’essere umano. I diritti possono essere la negazione dell’appagamento dei bisogni primari per tutti, creano le diseguaglianze per chi può ottenere il decreto del Re che il suo diritto deve essere rispettato ed a chi quel decreto viene abusivamente negato. L’amministrazione della giustizia nazionale e sovranazionale è la fonte delle diseguaglianze, almeno così come è stata organizzata fino al pericolo della terza guerra mondiale. E’ certo che fino al tempo presente nessuno rispetta i bisogni dei bambini del mondo, favorendo le diseguaglianze anche tra i bambini.
Si sostiene da tempo che non sia la coscienza che determina la vita ma la vita che determina la coscienza, le idee sono un riflesso delle condizioni di vita materiale e le idee sono ideologia; una rappresentazione rovesciata della realtà. Si dimostra che le idee dipendono dalle attività materiali e dalle relazioni sociali degli uomini. Le idee e le istituzioni sono sovrastruttura mentre i modi di produzione, che sono molteplici, sono la struttura della società. L’economia è la base per la comprensione reale della storia umana che risiede nella relazione tra mezzi di produzione e rapporti di produzione. Le sanzioni attualmente proposte o in programma per fermare la guerra sono l’altra faccia dello specchio che dovrebbe spingere a governare e progettare il futuro includendo l’intera popolazione mondiale senza esclusioni, altrimenti saranno sempre le armi a regolare i conti tra chi ha troppo e chi ha poco, con la conseguenza che pagano sempre gli ultimi sia quelli che abitano nei territori dove esiste un discrezionale alto benessere sia quelli dei territori dove sono tutti poveri e si uccidono per un tozzo di pane e un bicchiere d’acqua. Tentammo con un insuccesso clamoroso di fondare il partito “figli d’Italia bambini nel mondo” che aveva adottato come modello operativo quello copiato dal Vangelo “amatevi gli uni con gli altri” con il complemento fattuale suggerito da un bambino di 10 anni “non c’è altra possibilità”.
I politici italiani e i commentatori come al solito hanno offerto la rappresentazione peggiore. Come al tempo della elezione del Presidente della Repubblica si interessano di sapere come va a finire senza la volontà di capire i molti perché di ciò che avviene. La condanna della guerra è in sé e nessuna giustificazione può consentirla, anche la difesa non dovrebbe essere permessa con le armi, ma quelli che oggi condannano con maggiore veemenza ieri si sono comportati allo stesso modo. Ciò deve far riflettere. Sovente quelli che più si scaldano nel condannare, cercando un primato ad essere i migliori, hanno da farsi perdonare un passato colpevole di orrende atrocità o di orrendi errori politici.
Proprio le preghiere di questi giorni in tutte le lingue e in tutti i luoghi, quelle visibili e quelle invisibili lette sulle lacrime dei bambini, ci spingono a valutare un episodio della vita di Gesù di Nazareth che non deve essere letto esclusivamente nella sua connotazione religiosa, ma nel suo contenuto rivoluzionario di pace universale. Dalla lettura dei Vangeli si apprende che Gesù di Nazareth abbia tentato di rovesciare la cultura in cui era nato, ribaltandone le strutture portanti, sostituendo i valori essenziali, battezzando un nuovo codice dell’amore, un codice scritto nella natività che ancora è rimasto il codice enigma. L’iniziazione è data dall’immettere la globalità di un modello culturale universale che si pone secondo una gerarchia verticale al di sopra di ogni modello etnologico, in quanto sussume quelle invarianze comuni a tutti i modelli culturali nel tempo e nello spazio, capace appunto ad annullarli. Un modello eterno, infinito, immortale. La storia dei popoli ha un tempo lineare progressivo mentre quello del comportamento di base è un codice genetico unico, il codice nativo di ogni essere umano, la base del nostro comportamento, ma nessun genio è riuscito ad uscire completamente dal tessuto culturale dove è nato.
“Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Lc 2,41-52. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
In quel tempo nel 2011, all’età di 72 anni, quando pensavo di essere sfuggito al precipizio dell’abisso, quell’asciutto senso del naturale che avevo coltivato con cura, ho incontrato al crocevia del destino un bambino che mi ha detto: “gli adulti non hanno mai risolto un problema”. All’istante non ho riflettuto ma la frase ha continuato a ripetersi annullando quel senso del lontano. Poi quando si trovava confinato in un lager di Stato per l’agire di rifiuti antropici non degni di appartenere alla specie umana ha scritto il suo capolavoro sul tema del “rispetto”, che si è diffuso con la velocità della luce.
E’ stato crocifisso, come i farisei hanno crocifisso Gesù di Nazareth, che lo ha nominato suo messaggero per rinnovare la predicazione: “amatevi gli uni con gli altri” non c’è altra possibilità, aggiunge Jacopo, il figlio del vento e della speranza.
Gesù di Nazaret compie il miracolo, sottrae alla cultura il livello simbolico e la proietta nella realtà concreta. L’esistenza non è divisa tra sacro e profano, la sacralità occupa tutte le manifestazioni e gli aspetti della vita in una collettività, nella società, tutti i tratti di una modalità di pensare, di agire, di coloro che appartengono a quella collettività a quella etnia e quindi coercitiva su tutti gli individui. Solo nel messaggio di Gesù di Nazareth la distinzione degli elementi razionali e morali del sacro (tipici della religione moderna e del cristianesimo in particolare) da quelli irrazionali non trova ingresso, perché i valori del sacro nel cristianesimo dei vangeli non presentano elementi irrazionali. Il rispetto va consegnato a tutti per primi i bambini del mondo.
Così quando il nato viene allontanato dal ventre della madre è sopraffatto dalla abbagliante sovrabbondanza della luce e si trova in un deserto dove non riconosce i suoi simili e il suo desiderio sarà quello del ritorno nel ventre della madre dove tutto è ordine, lusso e voluttà, come dice il poeta. Perché ogni donna ogni uomo sa che i propri simili hanno creato un mondo dove non c’è posto per la grazia e la bellezza. Solo chi ha vissuto la guerra capisce la guerra.