Il 24 marzo 2022, la prima sezione civile della Corte di Cassazione è tornato sulla sindrome d’alienazione parentale (PAS: Parental Alienation Syndrome) ribadendo – come aveva già fatto in passato – che richiamare questa sindrome in un provvedimento che disponga la decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre e che incida gravemente sulla vita dei minori non è legittimo, perché la Pas non ha un fondamento scientifico ma pseudoscientifico (Cass. 13217/21).
Ovviamente, i giudici della Suprema Corte non hanno inteso sindacare valutazioni proprie della disciplina della psicologia o delle scienze mediche, ma ne hanno verificato la correttezza applicativa sulla base di criteri universalmente conosciuti e approvati.
Orbene, in questo perimetro valutativo, il concetto di abuso psicologico, di cui discorrono i consulenti tecnici di ufficio, appare indeterminato e vago, e di incerta pregnanza scientifica, insuscettibile di essere descritto secondo parametri diagnostici della scienza medica, e di ardua definizione anche secondo le categorie della disciplina psicologica.
Non può essere sottaciuto che quest’ultima, a differenza della disciplina medica, utilizza modalità e parametri che pervengono a risultati valutativi non agevolmente suscettibili di verifiche empiriche, che siano ripetibili, falsificabili e confutabili secondo i canoni scientifici universalmente approvati, e di riscontri univoci attraverso protocolli condivisi dalla comunità scientifica.
Del resto, ogni decisione che si ponga il problema se privilegiare l’interesse del minore in prospettiva futura, al prezzo di produrgli una sofferenza immediata, deve compiere un difficilissimo bilanciamento: la scelta della prospettiva futura può essere ragionevolmente privilegiata solo se è altamente probabile che dia esito positivo nel lungo periodo e al tempo stesso dalla scelta opposta deriverebbe un danno elevato; e per di più è necessario che la sofferenza nel breve periodo appaia superabile senza lasciare strascichi troppo traumatici.
Peraltro, secondo la giurisprudenza legittimità, in tema di affidamento dei figli minori nell’ambito del procedimento di divorzio, l’ascolto del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, atteso che è espressamente destinato a raccogliere le sue opinioni e a valutare i suoi bisogni. Tale adempimento non può essere quindi sostituito dalle risultanze di una consulenza tecnica di ufficio, la quale adempie alla diversa esigenza di fornire al giudice altri strumenti di valutazione per individuare la soluzione più confacente al suo interesse (Cass., n. 23804/21; n. 1474/21).