“Il primo giorno di guerra ho chiamato il presidente ucraino Zelensky al telefono, Putin invece non l’ho chiamato. L’avevo sentito a dicembre per il mio compleanno ma questa volta no, non ho chiamato. Ho voluto fare un gesto chiaro che tutto il mondo vedesse e per questo sono andato dall’ambasciatore russo. Ho chiesto che mi spiegassero, gli ho detto “per favore fermatevi. Ho chiesto al cardinale Parolin, dopo venti giorni di guerra, di far arrivare il messaggio a Putin che io ero disposto ad andare a Mosca. Certo era necessario che il leader del Cremlino concedesse qualche finestrina. Non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo anche se temo che Putin non possa e voglia fare questo incontro in questo momento. Ma tutta questa brutalità come si fa a non fermarla? Venticinque anni fa con il Ruanda abbiamo vissuto la stessa cosa. A Kiev per ora non vado, sento che non devo andare, ho inviato il cardinale Michael Czerny e il cardinale Konrad Krajewski, che si è recato lì per la quarta volta. . Io prima devo andare a Mosca, prima devo incontrare Putin. Ma anche io sono un prete, che cosa posso fare? Faccio quello che posso. Se Putin aprisse la porta !” questo è quanto ha detto Papa Francesco al direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana a proposito di un suo tentativo di mediazione nel conflitto Russia-Ucraina.
“L’abbaiare della Nato alla porta della Russia” ha forse portato il Presidente russo a reagire male e a scatenare il conflitto “Un’ira che non so dire se sia stata provocata, ma facilitata forse sì”, ha aggiunto il Pontefice.
“Non so rispondere, sono troppo lontano, all’interrogativo se sia giusto rifornire gli ucraini.La cosa chiara è che in quella terra si stanno provando le armi. I russi adesso sanno che i carri armati servono a poco e stanno pensando ad altre cose. Le guerre si fanno per questo: per provare le armi che abbiamo prodotto. Così avvenne nella guerra civile spagnola prima del secondo conflitto mondiale. Il commercio degli armamenti è uno scandalo, pochi lo contrastano. Due o tre anni fa a Genova è arrivata una nave carica di armi che dovevano essere trasferite su un grande cargo per trasportarle nello Yemen. I lavoratori del porto non hanno voluto farlo. Hanno detto: pensiamo ai bambini dello Yemen. È una cosa piccola, ma un bel gesto. Ce ne dovrebbero essere tanti così. Io sono pessimista, ma dobbiamo fare ogni gesto possibile perché la guerra si fermi” “, ha concluso parlando dell’invio delle armi in Ucraina.
Tristano Quaglia