La prima sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), con sentenza del 5 maggio 2022, ha condannato l’Italia per aver violato gli artt. 8 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che tutelano il diritto al rispetto della vita privata e il diritto a un ricorso effettivo.
Il caso ha riguardato le emissioni inquinanti prodotte dall’acciaieria Ilva – operante nella città di Taranto – e i loro effetti sulla salute della popolazione locale.
I ricorrenti, tutti residenti a Taranto e impiegati presso tale stabilimento, hanno lamentato la mancata adozione delle misure legali e regolamentari a protezione della salute e dell’ambiente e la mancanza di informazioni sull’inquinamento e sui relativi rischi per la loro salute da parte delle autorità nazionali. Invocando l’art. 13 della Convenzione, i ricorrenti hanno anche sostenuto di aver subito una violazione del loro diritto ad un ricorso effettivo.
I principi generali sui danni all’ambiente che possono incidere sul benessere delle persone sono stati riassunti nella sentenza Cordella e altri c. Italia (n. 54414/13 e 54262/15, §§ 9-91, 24 gennaio 2019), nella quale la Corte Europea ha concluso che la gestione da parte delle autorità nazionali delle problematiche ambientali relative all’attività produttiva dell’azienda Ilva di Taranto è ad un punto morto, rilevando altresì il protrarsi di una situazione di inquinamento ambientale pericoloso per la salute dei ricorrenti e, più in generale, dell’intera popolazione residente nelle aree a rischio. Inoltre, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che le autorità nazionali non avessero adottato tutte le misure necessarie per garantire l’effettiva tutela del diritto dei ricorrenti al rispetto della loro vita privata e che il giusto equilibrio tra gli interessi degli stessi a non subire gravi danni all’ambiente, che potessero incidere sul loro benessere e sulla loro vita privata, e l’interesse della società nel suo insieme non è mai stato trovato. Pertanto, era già stata accertata una violazione dell’art. 8 della Convenzione in casi analoghi. La Corte ha inoltre ritenuto che nessuna azione penale, civile o amministrativa potesse raggiungere l’obiettivo delle persone interessate di ottenere la bonifica dell’area colpita e che anche l’art. 13 della Convenzione fosse stato violato.
È stato sottolineato che la procedura esecutiva relativa alla sentenza Cordella e altri c. Italia è pendente dinanzi al Consiglio dei Ministri: le autorità nazionali non hanno fornito informazioni precise circa l’effettiva attuazione del piano ambientale individuato, elemento essenziale affinché il funzionamento dell’acciaieria non rappresenti più un rischio per la salute dei lavoratori e dei cittadini. Al riguardo, è stato ribadito che i lavori di bonifica dello stabilimento e del territorio interessato dall’inquinamento ambientale sono urgenti e prioritari e che detto piano ambientale, contenente l’indicazione delle misure e le azioni necessarie per garantire la tutela dell’ambiente e della salute della popolazione, deve essere attuato quanto prima.
Per un approfondimento e per leggere il testo della sentenza: https://www.njus.it/news/2667/ennesima-condanna-per-l-italia-sul-caso-ilva/