di Alberto Zei
L’equivoco del timone – Quantunque la grande innovazione del motore avesse modificato anche le modalità di navigazione e gli ordini del comandante al timoniere rispetto alla tipologia dell’imbarcazione a vela del passato remoto, il retaggio dei tempi della tradizione marinaresca avevano mantenuto i vecchi concetti della cibernetica dei bastimenti, ossia di quelli dei tempi che furono, concepito come una superficie immersa nell’acqua munita di una barra di comando, a dritta o a sinistra.
Il termine di barra a dritta significava che il timoniere doveva eseguire questa operazione senza ulteriori interpretazioni, mentre l’imbarcazione girava dalla parte opposta, ossia a sinistra, come ancora avviene nelle semplici barche a vela. Con l’avvento dei timoni più sofisticati collegati con cavi e pulegge alla ruota in mano al timoniere, il termine di barra a dritta o a sinistra, si doveva intendere che la nave doveva girare dalla parte comandata e non da quella opposta. Però fino allora la regola non era stata codificata.
Timone a ruota – Timone a barra
Questo è stato il primo equivoco in cui è caduto il timoniere posizionando su comando, il timone come fosse una barra a mano dalla parte opposta a quella che avrebbe dovuto scansare l’ iceberg. Così che invece di allontanarsi il Titanic si avvicinò ulteriormente alla montagna di ghiaccio che emergeva dall’acqua. Invano fu il tentativo successivo di porre la barra nella giusta posizione in quanto il transatlantico non riuscì a riprendere il largo dal bordo dell’iceberg, finendone contro di struscio alla velocità di quasi 50 Km all’ora. Sarebbe bastato che il timoniere avesse eseguito in modo corretto il comando ricevuto che la nave si sarebbe allontanata sufficientemente, evitando il contatto.
Le vere cause dell’ affondamento – Ciò che di più si è saputo dopo il ritrovamento del relitto a circa 3000 m nel fondo dell’oceano, è stato accertato dall’ indagine sulle cause effettive di un affondamento così rapido nonché assolutamente non previsto anche nella peggiore delle ipotesi di danni gravissimi. Si è infatti appreso che i rivetti di congiunzione delle lamiere erano di acciaio ricco di zolfo e che alle basse temperature delle correnti fredde dell’acqua oceanica (corrente del Labrador) gli stessi rivetti assumevano caratteristiche di fragilità allo strappo.
La carena non resse alla torsione
L’ acciaio della carena – Questa è stata la ragione per cui la collisione avvenuta tra la fiancata della nave e l’ iceberg, ha praticamente strappato gli assi dei ribattini aprendo la lamiera come se questi non ci fossero stati. Ciò che ne è conseguito è stata una lunga apertura della paratia per diverse decine di metri sotto il livello del mare.
Da qui l’acqua è entrata a dismisura come mai nessun altro tipo di collisione ipotizzata avrebbe potuto causare se le lamiere fossero state saldate o mantenute a contatto con ribattini di acciaio di qualità idonea alla deformazione plastica, ossia all’allungamento senza causare frattura. Per quanto riguarda i compartimenti stagni, a quei tempi vera e propria innovazione nel sistema di sicurezza navale, questi avrebbero dovuto mantenere l’acqua penetrata all’ interno della loro capienza, impedendo l’ulteriore allagamento del transatlantico. La ragione che gli scompartimenti non funzionarono come avrebbero dovuto, è imputabile alla incompleta ermeticità dei settori in quanto, nella parte alta le pareti vicino al soffitto avevano un varco di areazione tra i vari locali. Così che l’acqua traboccando da uno scompartimento all’altro fuoriuscì allagando la nave e rendendo vano lo stesso concetto vantato della sua inaffondabilità. Una scialuppa di naufraghi del Titanic
La beffa del…… destino? – Ma non finisce la serie delle perfide matriosche, perché anche la qualità dell’acciaio con il quale è stato costruito il Titanic, prevedeva la durezza alla compressione cioè all’urto, ma non alla flessione perché forse non era neanche concepibile un incidente che comportasse sollecitazioni di questo genere. Invece le cose sono andate diversamente in quanto il tipo d’acciaio utilizzato era reso dal freddo, ancor di più rigido e fragile. Quando la nave si inclino affondando la prua cominciò a sollevare la poppa dall’ acqua. Ecco ecco che allora a causa della eccessiva e nociva presenza di zolfo nelle lamiere della carena, queste non sopportarono il peso e di lì a pochi minuti il Titanic si spezzò in due parti, inabissandosi rapidissimamente.
Il capro espiatorio – In considerazione della enorme gravità del naufragio non poteva mancare l’immediato capro espiatorio della situazione, individuato in Bruce Ysmay, Direttore Generale della Compagnia navale White Star dello stesso Titanich, imbarcatosi in quel viaggio inaugurale. Questi si sarebbe macchiato di disonore per essere salito a bordo di una scialuppa di salvataggio quando altre persone del suo stesso rango, oltre che molte donne, sono rimaste sopra la nave. Ha soprattutto suscitato sdegno l’ accusa di aver vergognosamente preso la prima canoa per fuggir via. Egli fu riabilitato soltanto in seguito in virtù di testimonianze per essersi invece attivamente adoperato fino all’ estremo, a far salire i passeggeri sulle imbarcazioni.
Bruce Ysmay, il capro espiatorio –
Soltanto qualche tempo dopo a seguito di una inchiesta conoscitiva dei fatti realmente accaduti, Ysman fu giustificato per essere salito sull’ ultima lancia, richiesto dalle stesse donne che si trovavano a bordo; lancia che partì con 40 persone mentre la capienza era di 47. Per quanto riguarda le imbarcazioni di salvataggio, i progettisti ritenevano che numero delle lance di dotazione fosse sufficiente per qualsiasi evenienza, stante sempre alla presunta inaffondabilità del transatlantico, sennonché l’evento catastrofico rivelò di quanto si potessero ingannare coloro che credevano nelle loro previsioni. Con l’ articolo di domani sarà tracciata la sequenza dei fatti che a distanza di cento anni, hanno sostanzialmente ripetuto con la tragedia della Concordia circostanze del tutto analoghe; circostanze che nel loro insieme ricordano come l’ eccesso di sicurezza, aumenti sempre la gravità della tragedia quando questa si verifica.
Vedremo se ciò che avvenne al Titanic non ha una sorprendente analogia con la tragedia della Concordia.