Il 13 maggio scorso si è tenuta, su iniziativa della senatrice Valeria Valente, presidente della Commissione d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, la presentazione della relazione “La vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale“. (COMMISSIONE FEMMINICIDIO relazione aprile 2022)
L’incontro si è svolto in Sala Koch ed è stato aperto da un messaggio del Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Sono intervenuti Marta Cartabia, Ministra della Giustizia, Giuliano Amato, Presidente della Corte Costituzionale, e la senatrice Valeria Valente, Presidente della Commissione di inchiesta.
Le mamme a cui sono stati allontanati i figli nella totale violazione delle normative vigenti, attendono immediata giustizia, i bambini non possono più attendere, sono in pericolo.
Alla luce delle parole pronunciate il 13 maggio scorso da chi ha avuto titolo per intervenire, letti ed analizzati gli ormai noti 1500 fascicoli dei casi di donne e bambini vittime di violenza domestica ed istituzionale, di cui 25 fascicoli in cui viene dichiarato l’utilizzato della violenza durante i prelievi coatti, è ora necessario un intervento urgente, a seguito della documentatissima violenza istituzionale.
L’ottimo lavoro svolto dalla Commissione d’inchiesta sul femminicidio, presidente la senatrice Valeria Valente, vicepresidente Cinzia Leone, ha fatto emergere una sistema radicato nei nostri tribunali, un sistema nel quale le normative nazionali, sovranazionali, le sentenze della Corte di Cassazione, le Convenzioni Europee, le procedure vengono sistematicamente violate nella consapevolezza di farlo. Non serve la formazione per sentire le urla di un bambino che piange disperato chiedendo di rimanere a vivere con la mamma o che afferma di aver assistito alle violenze, non serve formazione per leggere un certificato del pronto soccorso, non serve formazione per leggere le sentenze della Corte di Cassazione, le convenzioni europee, le leggi nazionali, quelle sovranazionali, le risoluzioni del Parlamento europeo e quant’altro.
Le parole della Ministra Cartabia hanno fatto “tremare le vene e i polsi” a tutti, con la differenza che alle mamme ed ai figli allontanati, le vene ed i polsi “tremano” da anni ed anni ed hanno il cuore in mille pezzi.
Le parole incise nei video degli interventi che documentato un crimine che da anni dilaga nella maggior parte dei tribunali, attendono una “trasformazione” in fatti concreti , una soluzione urgente ed immediata che le donne vittime di violenza assieme ai propri figli si attendono, altrimenti vorrà dire che è stato tutto inutile il lavoro svolto dalla Commissione per anni e si continuerà a violare anche le raccomandazioni della stessa Commissione.
La Ministra della Giustizia, professoressa Marta Cartabia, ormai consapevole di quanto è emerso dall’indagine della Commissione, ricevuti al suo Ministero numerosi fascicoli, i DVD pieni di violenze, torture e maltrattamenti, gli esposti, le richieste ispettive da tutte le mamme d’Italia e dai loro legali, potrebbe emettere un atto ministeriale da inviare al Governo, data la gravità della violenza su donne e soprattutto bambini e per scongiurare altri ed ulteriori effetti nefasti.
“Oggi il focus della relazione riguarda la vittimizzazione secondaria e questa indagine risponde ad uno degli impegni assunti dall’Italia con l’adesione alla convenzione di Istanbul, il punto di partenza è il diritto fondamentale della vittima di violenza a non essere violata una seconda volta nella sua dignità, come stabilito dalla Corte di Strasburgo proprio in pronunce che riguardano direttamente il nostro Paese” così la inizia il suo intervento la Ministra Cartabia.
” La relazione di cui oggi discutiamo pone l’attenzione su un fenomeno ( lo abbiamo sentito nelle varie vivide espressioni, racconti ed immagini che ci sono state proposte dalle tre relatrici) che potrebbe apparire paradossale, se non fosse tragicamente reale. La vittimizzazione secondaria, secondo la definizione che si rinviene nella raccomandazione del Consiglio d’Europa significa una vittimizzazione che non si verifica come diretta conseguenza dell’ atto criminale, ma attraverso la risposta di istituzioni e individui alla vittima.
In altre parole si tratta di un aggravamento di un pregiudizio di un ulteriore ferita inferta alla vittima da parte dell’istituzione degli individui che dovrebbero essere chiamati a proteggerla.
E’ un fenomeno che fa tremare le vene e i polsi – sottolinea con determinazione e consapevolezza – per la responsabilità che ricade su chi è chiamato ad occuparsi delle donne vittime di violenza e su tutte le istituzioni.
Tra le situazioni più gravi – cita la Cartabia- vi è quello delle donne che per il fatto di aver subito violenza vengono appunto considerate in cattive madri, madri inadeguate, abbiamo sentito quanto frequente.
Madri che oltre ad aver subito violenza vengono allontanate anche dai figli e che in questa lettura non sarebbero state in grado di proteggere. I 1500, 1400, 1500 casi esaminati da questo documento, mostrano che non di rado le donne che denunciano e che si separano dal compagno violento subiscono questo tipo di queste conseguenze e figli con loro.
Occorre e questa relazione lo fa, innanzitutto dare il nome alle cose, per esempio quando si scandisce con chiarezza che la violenza assistita è da considerare anch’essa violenza sui minorenni.
Questa è una relazione che fa male alla lettura – alle mamme fa male la realtà del vissuto fatto di torture e violenze – è una relazione che ci interroga, scomoda, che ci chiama in causa, la responsabilità è di tutti e allo stesso tempo ci impone il massimo rispetto a fronte degli abissi di dolore scandagliati nelle storie custodite in ciascun fascicolo esaminato.
Quelle poste alle basi delle statistiche elaborate dalla Commissione sono storie che non di rado hanno attraversato le cronache e che hanno attirato la nostra attenzione, ogni volta ci siamo chiesti ma come è stato possibile? Come è stato possibile ad esempio che una madre dopo aver denunciato il partner violento si sia ritrovata a fare i conti CON CONSEGUENZE ANCHE MOLTO FORTI, COME L’ALLONTANAMENTO DEL FIGLIO? Come è stato possibile che un padre già ai domiciliari per gravi reati uccidesse il figlio durante un incontro protetto?”
Le mamme ancora se lo chiedono, le risposte e soprattutto soluzioni le devono dare celermente le Istruzioni, soprattutto il Ministro della Giustizia che ha potere di intervento.
La Ministra aggiunge “la legge delega della riforma del processo civile si va ad affiancare a tanti interventi che l’hanno preceduta, soprattutto sul fronte penale, ma io qui vorrei proprio attirare l’attenzione su quegli interventi che possono affrontare più direttamente questo tema della vittimizzazione secondaria e vorrei sottolineare che si tratta innanzitutto di un problema culturale che investe, deve investire innanzitutto la formazione di tutti gli operatori di settore.
Dunque, quanto al piano legislativo, uno dei punti critici su cui la relazione insiste maggiormente è quello della necessità di un maggiore coordinamento delle autorità procedenti, ad esempio la relazione afferma e cito alcuni passaggi ” non si può reprimere la violenza domestica nella normativa sanzionatoria penale e nei procedimenti penali e ignorarne gli effetti nei procedimenti che abbiano ad oggetto la disciplina dell’affidamento dei figli o della responsabilità genitoriale”, oppure ” la vera efficacia deterrente per reprimere le condotte di violenza domestica si realizza VERIFICANDO LA SUSSISTENZA DI TALI CONDOTTE ANCHE E SOPRATTUTTO NELL’AMBITO DEI PROCEDIMENTI CIVILI E MINORILI CHE HANNO PER OGGETTO DOMANDE RELATIVE AI FIGLI MINORI o ancora più esplicito è il passaggio in cui si constata che ” si realizza una forma di vittimizzazione secondaria qualora il mancato coordinamento tra le autorità giudiziarie chiamate ad adottare provvedimenti nei diversi ambiti di competenza, esponga la vittima di violenza a plurimi accertamenti o a reiterate testimonianze o ascolti, soprattutto nel caso di minori”.
Di rilevante importanza è il passaggio sul mancato ascolto del minore che inficia tutti i procedimenti e li rende tutti nulli, ma purtroppo nonostante siano viziati da nullità come afferma la Cassazione, i bambini sono stati e sono comunque ancora tenuti lontani dalle mamme, vivendo un infermo che dura anni ed anni.
Consiglia la Ministra qualcosa viene costantemente depositato nei fascicoli “fin del ricorso introduttivo andrà indicata l’esistenza di eventuali procedimenti penali pendenti e il GIUDICE CHE SI OCCUPA DI SEPARAZIONE NEL DETERMINARE L’AFFIDO DEI FIGLI, DEVE ESSERE MESSO IN GRADO DI CONOSCERE L’ INTERO TENORE DELLE RELAZIONI FAMILIARI. Ribadisco ancora una volta l’importanza e la CENTRALITÀ DELL’ASCOLTO DEL MINORE E L’ESERCIZIO DEI POTERI D’UFFICIO DA PARTE DEL GIUDICE”.
Questo lo sappiamo, ma come si impone al giudice il rispetto della normative, e, quindi, anche l’ascolto del minore che non viene sentito, come previsto dalle norme e come è stato accertato dalla Commissione?
All’interno del processo di riforma del processo civile la Cartabia fa presente che “ove siano allegate ad esempio violenze domestiche o di genere il tentativo di conciliazione può essere omesso e la comparizione delle parti deve essere regolata con orari differiti; il giudice può disporre d’ufficio i mezzi di prova e tutela della vittima di violenza ed è escluso il ricorso alla mediazione familiare”.
Ma verrà rispettato quanto previsto dalla riforma se neppure vengono rispettate le sentenze ed ordinanze della Cassazione, le Convenzioni Europee, le disposizioni del Parlamento europeo che si è pure espresso sull’impatto della violenza domestica e dei diritti di affidamento su donne e bambini con la risoluzione del 6 ottobre scorso?
La Ministra in un altro passaggio riporta testualmente le parole del Grevio “i magistrati di diritto civile tendono ad affidarsi alle conclusioni dei consulenti tecnici d’ufficio ed ai servizi sociali che spesso assimilano gli episodi di violenza a situazioni di conflitto“ e così via.
Lo sanno bene le mamme allontanate dai propri figli, quindi qual è la soluzione? Non certo la formazione è la soluzione immediata per impedire drammi, serve un intervento urgente, non si può attendere la formazione, i bambini stanno crescendo privati delle loro mamme ed in pericolo della loro incolumità e vita.
“Investire nella formazione credo che possa costituire davvero una delle chiavi di cambiamento – afferma la Ministra ed incalza – attraverso nuove norme si possono si correggere alcuni problemi più macroscopici ad esempio quando la riforma richiede che il consulente del giudice si attenga a protocolli e a metodologia riconosciute dalla comunità scientifica, senza effettuare valutazioni. Leggo dal testo della legge “su caratteristiche e profili di personalità estranea agli stessi. Non ci deve essere spazio per teorie destituite di fondamento scientifico come la sindrome di alienazione parentale” e precisa di averlo già menzionato in Parlamento “citando peraltro le ultime pronunce della Corte di Cassazione, in linea di continuità con quanto espresso dalla Corte Costituzionale”.
Ai nominati di chi ha violato le normative, ai nomi noti di mamme e figli a cui sono stati allontanati i figli si aggiungono i nominati delle consulenti che hanno reiterato l’utilizzo dalla PAS e simili costrutti ascientifici, causato ulteriori decisioni errate anche sulla base di relazioni false, hanno perpetrato minacce ed agito veri e propri atti di violenza sulle donne e soprattutto sui bambini. Quindi si può agire su di loro, ed intervenire secondo legge.
Con determinazione e coraggio la dottoressa Elvira Reale, responsabile scientifica dell’associazione Salute donna e centro Dafne di Napoli, nonché consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, ci fornisce altri dati ed informazioni che è importante leggere.
Dopo aver ringraziato tutte le mamme che si sono rivolte a lei ed alla Commissione per “rivolgere un grido di aiuto”, ha dichiarato che nonostante le madri non si siano macchiate di alcun reato, “i nostri tribunali civili le hanno giudicate colpevoli di un reato particolarissimo, di essere madri indegne madrina inadeguate.
Queste donne hanno figli minori di età che si colloca e tra i 6 e 10 anni, nella maggioranza dei casi, ma ci sono madri di ragazzini anche preadolescenti e adolescenti e ci sono madri, e questo fa male dirlo, di bambini al di sotto dei tre anni tra quelli anche portati via con la forza in un’età molto particolare; tutte queste donne hanno avuto uno scontro con le istituzioni, sono delle donne resistenti, noi parliamo di casi speciali emblematici, queste donne sono donne speciali”.
Ed aggiunge che in 25 casi i bambini sono stati portati via “ in modo forzoso attraverso le forze dell’ordine – e precisa che – nessun decreto contiene mai la dizione che “devono prendere di peso, per mani e piedi i bambini; dai video che ci hanno indirizzato le donne ( applausi) che sono anche documenti pubblici visionabili, questi bambini sono stati presi per mani e piedi” e cita l’ultima ordinanza di Cassazione la 9691/2022 che sancisce che ” è fuori dello Stato di diritto”.
La Reale sottolinea il fatto che le donne che hanno subito violenza domestica e che si “separano per violenza, alla prima udienza questa motivazione della violenza scompare non c’è più, si parla solo di conflitto, non si parla mai di violenza e viene dato come di regola l’affido condiviso.
L’affido condiviso è la prima sconfitta della battaglia contro la violenza sulle donne perché non tenendo conto della violenza, mette insieme la vittima e il carnefice, quello che la convenzione di Istanbul dice che non si deve fare, perché l’affido condiviso significa mediare, significa prendere insieme delle decisioni, le vittime non lo possono fare, non lo devono fare e i giudici devono essere consapevoli.
Da questo gravissimo errore discendono gli altri a cascata”.
Infatti la dottoressa Reale precisa che “l’affido condiviso apre a un’escalation di conflitti; questi partner violenti al di là di tutto sono padri autoritari che hanno il germe dell’autoritarismo” e che poi “iniziano a depositare ricorsi che lamentano ostruzionismo, alienazione, impossibilità a vedere il bambino, patologie fantasiose di queste donne.
Quindi in questo scenario di escalation si inserisce la consulenza tecnica d’ufficio e la violenza non esiste più – e così conclude – il consulente entra veramente in una situazione e l’aggrava”.
Ribadisce che non è possibile applicare la bigenitorialità in caso di violenze, documentate anche da tutte le allegazioni, perché è ovvio che “ una donna vittima di violenza non lo potrà mai fare”.
La donna viene “diagnosticata “ disfunzionale, alienante e simbiotica, “un’altra invenzione che sta semplicemente a dire che quella madre vittima di violenza che tutela il proprio figlio e ha delle difficoltà a promuovere l’incontro del padre con il figlio, è una madre inadeguata.
Se è vero che la sindrome della PAS non c’è più, c’è il trattamento di Gardner, il transitional site program che viene riciclato in tutte le consulenze e approvato in tutti i decreti del tribunale.
Che cos’è questo trattamento pseudo sanitario? Allontanare il bambino che è recalcitrante o che rifiuta il padre, senza guardare alla motivazione del maltrattamento, senza ascoltare il minore perché non è quasi mai ascolto, mai ascoltato nei nostri casi direttamente – in sostanza – “ti tolgo la madre adesso, subito, in modo traumatico, ti metto in una struttura” per importi il padre violento.
“E’ essenziale privarti di tua madre, un’azione psicologica da condannare che è fuori dal codice deontologico di ogni professione sanitaria, per di più se si usa per un minore recalcitrante e rifiutante dell’età di 8, 12 anni che come abbiamo visto, le forze dell’ordine lo prendono per mano e per piede, incidendo e determinando un trauma irreversibile attuale e immediato.
La dottoressa Reale chiude il suo intervento rappresentando che le madri dopo essere state allontanate dai propri figli non li vedranno per anni, oppure iniziano a vederli una volta ogni 15 giorni, una vera e “propria inquisizione”, ed invita tutti a leggere le raccomandazioni della relazione redatta dalla Commissione femminicidio.
Alla luce di quanto sopra esposto, alla luce delle dichiarazioni di tutti gli interventi alla presentazione della relazione della Commissione d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, in ottemperanza a quanto dichiarato dal Primo Presidente di Corte di Cassazione, Pietro Curzio all’inaugurazione dell’anno giudiziario (21.1.2022) durante la lettura della relazione sullo stato della giustizia (“l’analisi dell’amministrazione della giustizia in Italia mostra, come del resto il Paese nel suo complesso, un quadro in chiaroscuro” ed il ricorrere “in Cassazione indistintamente contro tutte le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali determina da decenni il riversarsi sulla Corte di decine di migliaia di ricorsi”, il c.d. “l’assedio alla Corte”); in ottemperanza alle dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla giustizia italiana, in ottemperanza a quanto dichiarato dalla Ministra Cartabia nel rispondere alle question time il 3 novembre 2021 (Giannone-Muroni) alla Camera dei Deputati (“questa sindrome di alienazione parentale, che viene così frequentemente utilizzata in sede giudiziaria per allontanare minori dai genitori, più spesso dalla madre”); in ottemperanza alle sentenze ed ordinanze della Suprema Corte di Cassazione, in ottemperanza alla risoluzione del 6 ottobre 2021 del Parlamento europeo con la quale chiedere agli Stati membri di impegnarsi nel contrasto della violenza sulle donne e bambini, in ottemperanza alle raccomandazioni dell’ONU, Grevio, ed UE – il Governo potrebbe emette un urgente Decreto Legge che revochi con effetto immediato tutti provvedimenti di allontanamento sulla base di teorie quali la Pas, Alienazione Parentale e altre formule analoghe o da quelle derivate e l’immediato ritorno del minore nella abitazione materna, in modo da scongiurare altri effetti nefasti. Il Decreto Legge dovrebbe prevedere anche indennizzi per risarcimento danni per quelle madri e quei minori ai quali, pur vittime di violenza domestica ed abusi documentati, siano stati negati i loro diritti di Giustizia e difesa; mamme che sono state sottoposte per anni al pagamento di ingenti somme a seguito delle condanne alle spese processuali e delle parcelle a tutti i consulenti nominati dai giudici dei tribunali.
Le mamme sottoposte per anni a violenza domestica ed istituzionale sono in attesa di una immediata giustizia.
Di Giada Giunti