- Il 18 Febbraio 2022 Emilio Vincioni, nel giorno del giorno del suo quarantottesimo compleanno, è stato il primo ad aderire allo sciopero della fame a rotazione indetto da LUVV e arrivato già al 123simo giorno consecutivo, grazie alla larga adesione da parte di uomini e donne che hanno accolto con entusiasmo la proposta di creare una vera e propria “catena umana” che non accenna ad arrestarsi.
La storia di Emilio Vincioni, che si trascina ormai da diversi anni, è quella di un papà a cui è stato negato il diritto-dovere di prendersi cura della figlia, fatta nascere dalla ex moglie di nazionalità greca in territorio ellenico grazie ad un sotterfugio, e mai più venuta in Italia dove, invece, si svolgeva da anni la regolare vita della coppia. In un aspro confronto con le autorità greche – e non solo con queste – Emilio Vincioni combatte una battaglia impari, poiché il suo è un raro caso di “sottrazione in grembo”, ossia di quel tipo di sottrazione internazionale di bambini che avviene quando la madre residente in Italia chiede di partorire nel suo paese di origine, per poi non fare più ritorno.
Per sostenere la lotta di Vincioni, lo scorso 10 giugno 2022 si è svolta una manifestazione davanti l’ambasciata Greca a Roma (qui i links al video postato in diretta streaming nella pagina Facebook di LUVV ), in occasione della quale si sono date appuntamento diverse associazioni a difesa dei diritti dei genitori, dei nonni e dei minori coinvolti in questi drammi familiari. Come spesso accade, nessun supporto è giunto dalle Istituzioni, dalla politica, dai media, tutti sordi di fronte a questi fenomeni sui quali chi dovrebbe tutelare le famiglie non ha voluto “metterci la faccia”. La stessa ambasciata Greca, per l’ennesima volta, ha rifiutato di incontrare Vincioni, cosa che è stata già rappresentata ai massimi livelli delle Istituzioni italiane, poiché la vicenda vede coinvolti un padre ed una bambina italiana.
La circostanza non sorprende chi conosce la vicenda di Vincioni: già nel febbraio 2020, dopo ben quattro anni di battaglie per vedere la figlia, fu incredibilmente fermato all’aeroporto internazionale di Atene come un latitante, posto in custodia cautelare per essere poi processato per direttissima; una sorta di versione moderna del famoso “Processo di Kafka”. Nel frattempo, la figlia di Emilio Vincioni continua a crescere “orfana di genitore vivente”, nel cuore dell’Europa, esclusivamente per una folle interpretazione giuridica che sdogana un principio che, in qualche modo, legalizza una sorta di “turismo a scopo di procreazione e mantenimento” in ambito UE, cosa già rappresentata in sede Parlamento Europeo.
“Come Padre, come Uomo e come onesto Cittadino che sino a cinque anni fa aveva fiducia nelle Istituzioni – afferma Vincioni – provo oramai un vero e proprio disgusto nel raccontare la mia vicenda, kafkiana e grottesca allo stesso tempo, per quanto indifendibili siano gli attori coinvolti. Non mi soffermerei molto su cosa mi è accaduto, ma desidero far passare i giusti messaggi a chi leggerà l’articolo, e far conoscere a tutti le enormi pressioni emotive alle quali si è sottoposti, dentro le Aule di “ordinaria ingiustizia, mentre la propria vita viene totalmente distrutta”.
Il caso di Emilio Vincioni nasce quando la moglie, all’ultimo mese di gravidanza, insiste per andare a partorire nella sua terra d’origine, la Grecia, per avere la vicinanza dei suoi genitori, impossibilitati in quel periodo a recarsi in Italia. La premessa di questo informale accordo tra coniugi era di un pronto rientro in Italia dopo la nascita della figlia, ma da quell’esatto momento – era il mese di dicembre 2015 – è iniziato un vero e proprio incubo: la moglie e la figlia, nata nel frattempo a febbraio 2016, non torneranno più in Italia, e a nulla sono valse i numerosi tentativi di mediazione prima di vedersi costretto a iniziare una battaglia giudiziaria che continua ancora oggi, nella totale indifferenza delle Istituzioni italiane ed europee.
“I tribunali italiani, purtroppo, sembrano essere organizzati quasi per agevolare l’”esportazione” dei minori italiani binazionali all’estero – aggiunge Vincioni – e per assicurare l’assegno quasi a vita alla straniera di turno basterà che si faccia mettere incinta per poi tornare nel proprio paese con una scusa qualsiasi prima del parto, e non rientrare più”. “La mia vicenda – conclude Vincioni – è l’ennesima dimostrazione che la disapplicazione totale dei principi costituzionali e il non rispetto di norme comunitarie poste a tutela dei minori è la prassi. Oggi l’unico modo che avrei di relazionarmi con mia figlia è via Skype, e in 4 anni non mi è stato permesso dalla madre; oppure tramite “viaggi della speranza” in Grecia, dove potrei vederla solo in pubblico, alla presenza della madre”.