Con sentenza n. 2242 del 15 ottobre 2021 (dep. 20 gennaio 2022), la terza sezione penale della Corte di Cassazione si è occupata del reato di turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa di cui all’art. 405 c.p.
Il delitto di “turbatio sacrorum” può essere perfezionato da due condotte antigiuridiche: l’impedimento della funzione, consistente nell’ostacolare l’inizio o l’esercizio della stessa fino a determinarne la cessazione, oppure la turbativa della funzione stessa, che si verifica quando il suo svolgimento non avviene in modo regolare (Cass. pen., sez. III, 13 marzo 2003, n. 20739). La processione, avendo la finalità di esaltare il sentimento religioso e di rendere omaggio anche fuori del tempio alla divinità, alla Madonna ed ai santi, costituisce una pratica religiosa tutelata dall’art. 405 c.p. a condizione che vi sia l’assistenza di un ministro del culto cattolico (Cass. pen., sez. III, 17 giugno 1968, n. 987).
Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione integra la condotta del “turbamento” il collocamento dei tavolini in strada al fine di imporre una sosta della processione dinanzi ad un esercizio commerciale, il manifestare con grida all’interno della Chiesa, proferendo ingiurie alle autorità civili presenti a un funerale, il semplice distogliere l’attenzione dei fedeli o il denigrare la figura del ministro del culto, il gettare a terra l’ostia consacrata e calpestarla, generando “un trambusto” tra i detenuti presenti alla celebrazione della messa in carcere con conseguente allontanamento del detenuto che veniva ricondotto nella cella (Cass. pen., sez. III, 18 marzo 2021, n. 2337).
Ciò che viene in rilievo è la dimensione “spirituale” del bene protetto e la cui tutela non consiste tanto (e solo) nell’assicurare la materiale regolarità della funzione religiosa, quanto anche nell’impedire che essa possa essere distolta, utilizzata per scopi che offendono o sono in contrasto con la sensibilità religiosa dei fedeli che vi partecipano e con i valori espressi dalla fede professata.
Il turbamento di una funzione/pratica/cerimonia religiosa rileva non solo (e non tanto) sotto il profilo materiale ma anche sotto quello della strumentalizzazione della funzione a scopi totalmente contrari al sentimento religioso di chi vi prende parte, ai valori da esso espressi, nei quali il sentimento religioso di ciascuno si riconosce e che la funzione intende evocare.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ravvisato gli estremi del reato di turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa in due soste effettuate senza giustificazione dinanzi alla abitazione di congiunti stretti di Totò Riina. In tale contesto, osservano i giudici, non rileva la circostanza che la moglie del Riina non fosse fisicamente presente in quel momento; rileva la materialità del gesto che, in quanto ossequio ad un esponente di spicco della criminalità mafiosa, ha strumentalizzato una processione religiosa a fini del tutti contrari al sentimento di coloro vi partecipavano e comunque ai valori universalmente espressi e riconosciuto dalla religione cattolica, sovvertendoli completamente e integrando a tutti gli effetti reato contestato: la processione si è fermata per rendere omaggio all’abitazione di uno storico capo-mafia e, dunque, al capo-mafia stesso. Il fatto che non sia stato effettuato il cd. “inchino” costituisce una mera variabile che non esclude, in sua assenza, la materialità del fatto: l’inchino, semmai, l’avrebbe solo reso più grave.