Il Comitato sui diritti del fanciullo, che si occupa del monitoraggio della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo (ratificata anche dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176), ha stabilito che la Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale del minore del 1980 (ratificata anche dall’Italia con legge 15 gennaio 1994 n. 64) va applicata, ma ogni decisione deve essere adottata considerando il preminente interesse del minore.
Pertanto il principio del ritorno del minore nel Paese di residenza abituale è recessivo rispetto al suo superiore interesse.
https://tbinternet.ohchr.org/Treaties/CRC/Shared%20Documents/CHL/CRC_C_90_D_121_2020_34047_S.pdf
Se infatti giudici nazionali ordinano il ritorno del minore nel Paese di residenza abituale senza tenere conto della particolare situazione di vulnerabilità del bambino si verifica una violazione della Convenzione.
Il caso riguarda un bambino di sei anni, affetto da un ritardo nel linguaggio e da una forma di autismo, nato in Cile ma cresciuto in Spagna dal 2016 con la sua famiglia.
Il padre aveva autorizzato la moglie a recarsi in Cile al fine di consentire al bambino di seguire un programma di supporto in un centro specializzato. Tuttavia, la madre non voleva più far ritorno in Spagna.
Nel 2018 il padre aveva avviato pertanto, una procedura per il ritorno del minore in Spagna.
La madre si era opposta al ritorno, ma la Corte suprema cilena aveva dato il via libera al ritorno del minore e la donna, così, nel 2020 aveva presentato un reclamo al Comitato sui diritti del fanciullo, che aveva accolto le sue istanze proprio perché la Corte Suprema non aveva valutato il profilo degli effetti del ritorno del minore alla luce dell’interesse superiore del fanciullo.
Il Comitato infatti evidenzia che la Convenzione dell’Aja non impone in alcun modo il ritorno automatico del minore ma richiede, in base all’articolo 13, alle autorità giudiziarie dello Stato di non eseguire il provvedimento se sussiste un fondato rischio per il minore di pericoli psico-fisici collegati al ritorno.
Alla luce di ciò, il Comitato ritiene che la Corte Suprema cilena debba pronunciarsi nuovamente e considerare gli effetti di ogni provvedimento tenendo conto dell’interesse superiore del minore, valutando anche il periodo trascorso in Cile, che ormai ha portato a un’integrazione del bambino in quel Paese.