Per l’evento del 22 luglio “Madri allontanate dai figli – così la Pas autorizza prelievi coatti”, alla Camera dei Deputati sala Matteotti, organizzato dalla deputata Stefania Ascari era presente come relatore anche l’avvocato cassazionista Antonio Voltaggio.
Presenti anche i relatori l’onorevole Veronica Giannone, le deputate Dariana Sarli e Rossella Muroni in collegamento da remoto.
L’intervento dell’avvocato Antonio Voltaggio si è basato soprattutto su quanto sia fondamentale l’ascolto del minore, previsto, peraltro, per legge ed anche recentemente ribadito dalla giurisprudenza, un ascolto del minore che spesso non viene eseguito.
Un autentico ascolto del minore anche al di sotto dei 12 anni, potrebbe evitare effetti nefasti come i bambini sgozzati dal padre, prelievi violenti a scuola, negli ospedali, nelle case private, maltrattamenti di figli affidati al genitore violento, come pure i drammatici prelievi effettuati con modalità militari, abbattimento di porte ed armi in pugno.
Ma perché non si ascoltato i bambini se è previsto dalla legge? Avviene sovente che le normative, nazionali, sovranazionali, le convenzioni europee, soprattutto Istanbul, le sentenze e ordinanze della Suprema Corte di Cassazione vengono sistematicamente violate. Spesso accade che non ci sia la volontà di risolvere casi di violenza, perché, così, non si attiverebbe quel modus operandi ben strutturato in cui soprattutto mamme e figli precipitano nella violenza istituzionale, così come è stato ben evidenziato il 13 maggio scorso al Senato in occasione della presentazione della “relazione sulla vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale”.
“Molte di queste storie io le conoscevo, sono un colpo prima al cuore e poi allo stomaco, hanno dei tratti comuni”, così l’incipit dell’avvocato Voltaggio, avvocato cassazionista, e riporta quanto la Cassazione si sia già espressa con una giurisprudenza consolidata rispetto anche al determinate ascolto del minore, “ascoltare i bambini, ascoltare le loro opinioni, ascoltare i loro interessi, scegliere il migliore interesse per quello specifico minore in quella situazione data”. La legge già nel 2013 aveva inserito delle modifiche, rispetto al diritto del minore di essere ascoltato tra gli 8 e i 12 anni o sicuramente capaci di discernimento perché ultra dodicenni e, quindi, obbligatoriamente da ascoltare.
La legge Cartabia – ci informa il cassazionista – non è che ha introdotto delle novità in tema dell’obbligo dell’ascolto del minore, puntualizzando sul fatto che la Cassazione si è espressa più volte dicendo che “se un giudice non motiva le ragioni per le quali quel minore non deve essere ascoltato, il procedimento è nullo, sia infradodicenne che ultradodicenne”.
Voltaggio sottolinea che un “minore di 14 anni può chiedere per gravi motivi che il curatore speciale sia revocato, lo può chiedere lui”, una norma che è già entrata in vigore lo scorso giugno. Sicuramente utile, ma quanti ragazzini hanno la libertà di potersi esprimere, come peraltro prevede la legge, poter far valere i propri diritti se sono infoibati in casa famiglia o minacciati dai padri violenti?
Uno dei primi motivi di accoglimento in Cassazione dei recenti tre casi dell’avvocato Voltaggio è “proprio relativo al mancato ascolto del minore anche infradodicenne” con la sentenza di pochissimi giorni fa, la 21425 del 2022 che riguardava una madre di una regione del nord”. Un caso già incancrenito afferma Voltaggio, perché “si era arrivati ad una fase già avanzata di provvedimenti ingiusti perché emessi in violazione di norme di legge – e, quindi, sottolinea il cassazionista – se oggi un giudice non dovesse ascoltare un minore ultra dodicenne già in base alla giurisprudenza e alle leggi che esistevano, ma soprattutto in base alla 206 del 2021” incorrerebbe, appunto, in violazioni di legge.
Infatti, “ la legge Cartabia è immediatamente applicabile, non si devono aspettare le norme attuative quanto all’ascoltato del minore perché le norme sono sufficientemente chiare e univoche – e ribadisce – lo ha detto la Corte Costituzionale nel ‘90 con la sentenza 224 che vale come principio generale”.
Auspica Voltaggio un impegno da parte delle Istituzioni, in particolare sulla legge Cartabia a proseguire con i gruppi di lavoro “perché tra l’altro la riforma del processo è un obiettivo del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”.
Il cassazionista fa presente che sovente in Corte d’Appello “tutte le richieste di sospensione di questi provvedimenti ingiusti di esecuzione nei confronti dei minori, vengono sistematicamente respinte, poi interviene la Cassazione” che nella maggior parte dei casi rende giustizia, riesce a “dipanare il bandolo della matassa”.
Per arrivare a far comprendere che queste decisioni sono tutte affette da nullità, ci tiene a precisare che, nel caso oggetto di ricorso in Cassazione “il minore è stato ascoltato solo in casa famiglia, dai responsabili della casa famiglia, poi affidato al padre in via esclusiva. Il bambino ha manifestato nostalgia per la madre e anche per il fratellino che non ha più visto. Nonostante questo, la sospensiva è stata rigettata, ora io mi chiedono, se è vero che l’ascolto del minore è a pena di nullità, è obbligatorio e, quindi, inficia l’intero procedimento, secondo voi la Cassazione che accerta la violazione di legge e, quindi, cassa questo provvedimento, come si ripara al danno che è stato arrecato a questi minori? E’ irreparabile, non ci sono risarcimenti, non ci sono azioni di responsabilità che possono riparare un danno del genere”.
Ribadisce nuovamente che le normative sono anche ben fatte, ma mal applicate, “è molto importante capire che le norme ci sono, sono sovranazionali, c’è la convenzione di Strasburgo che è stata ratificata nel 2013 dove l’ascolto è considerato un momento centrale, cioè indispensabile, ineludibile, quindi da lì bisogna partire”.
Si concentra poi sulla legge Cartabia per cui non più per “ gravi motivi”, ma per “ danno grave irreparabile” si può concedere la sospensione del procedimento. Ma c’è un gravissimo vulnus, ossia che la colpa ricade sempre sulla mamma, “questo mi è stato risposto quando io ho chiesto la sospensione, proprio per il mancato ascolto del minore”, afferma Voltaggio”.
Con la legge Cartabia il giudice deve valutare alternativamente al danno, la manifesta fondatezza del ricorso, questo è determinante in questi procedimenti, perché se il ricorso è fondato, perché il minore ultra dodicenne non è stato ascoltato o non è stato ascoltato nell’attualità (magari è stato ascoltato a 6, 7 anni, magari anche dal giudice onorario), il giudice dell’appello dovrebbe concedere automaticamente la sospensione”. Esattamente come prevede la legge, ma esattamente come non avviene sistematicamente nei casi di allontanamento dei figli, soprattutto dalle mamme.
L’invito ragionevole di Voltaggio è quello di fare il possibile “per ricondurre al diritto situazioni che di giuridico hanno ben poco; qui siamo fuori dal diritto”, come ha sancito la Cassazione con ordinanza 9691 del 24 marzo scorso. “L’uso di una certa forza dice la Cassazione nei provvedimenti di esecuzione che riguardano i minori non è misura conforme allo stato di diritto”. E la domanda è più che lecita “ma che cosa deve dire di più un giudice, una Corte di Cassazione per convincere un giudice minorile” a non emettere tali provvedimenti inaccettabili?
Nota è la richiesta, un appello di ben 19 presidenti dei tribunali minorili affinché questa riforma (Cartabia) venga impedita, possa entrare in vigore. “Questo è inammissibile, non si tratta di politica, qua siamo veramente nell’equilibrio dei poteri, cioè siamo nel cuore della democrazia” ed invita al rispetto della Costituzione.
L’intervento dell’avv. Voltaggio
Voltaggio aggiunge, però che nella riforma Cartabia, manca una modifica dell’articolo 333, una modifica che l’onorevole Stefania Ascari (M5S) con la proposta di legge 2047 ne aveva tentato la modifica, cercando di abrogare l’articolo 333, accorpando in un unico articolo le ipotesi più gravi di decadenza dalla responsabilità.
La decadenza dalla responsabilità nasce in un periodo fascista, osserva Voltaggio, perché l’articolo “333 è identico ad una norma identica al codice del 1865, era vigente in un periodo in cui non esisteva la responsabilità genitoriale di entrambi i genitori, formalmente ce l’avevano entrambi i genitori, ma la patria potestà la esercitava il padre che doveva educare i figli secondo i sani principi della dottrina fascista”, così come previsto dall’articolo 147 del vecchio codice, prima della Costituzione”. Una norma che veniva utilizzata per “limitare lo strapotere dei padri che potevano mandare un figlio in un istituto di correzione anche per futili motivi, perché non studiava, ad esempio; è una norma della preistoria che va assolutamente modificata, va aggiornata” sostiene Voltaggio ed aggiunge “non si può consentire che attraverso questa disposizione un giudice possa discrezionalmente decidere in base a una relazione magari dei servizi sociali; non è ammissibile che si possa sostenere un condizionamento di un genitore nei confronti dell’altro in base a un comportamento pregiudizievole. E poi si chiede – che significa comportamento pregiudizievole? E’ evidente il riferimento alla ordinanza 13217/2020 contro il decreto emesso il 16 dicembre 2019 dalla Corte di Appello di Venezia, che attribuiva l’affido super-esclusivo al padre. La madre era stata stigmatizzata non in quanto “madre inadeguata”, ma per il suo carattere e per un pregiudizio sulle donne”. L’0rdinanza 13217 del 2021, per l’avvocato Antonio Voltaggio “è un colpo quasi mortale alla Pas, che viene paragonata a una teoria nazista”, commentava così dopo il 17 maggio 2021 quando è stata pubblicata l’ordinanza). La sentenza della Corte d’appello di Venezia è “espressione di una inammissibile valutazione di “tatertyp”, ovvero configurando a carico della madre, nei rapporti con la figlia minore, una sorta di colpa d’autore connessa alla postulata sindrome”.
Voltaggio osserva “di che cosa vogliamo accusare le madri? di essere troppo madri?” Un principio della bigenitorialità a senso unico, “se il principio vale per tutti, allora questo principio va applicato, salvo che non ci sia un interesse del minore che contrasta con questo principio o perché c’è violenza o perché ci sono abusi o perché ci sono altre situazioni gravi”. Infatti, quando molto spesso si legge nelle decisioni che infliggono ad un figlio la pena capitale di essere allontanato dalla madre (violando le normative vigenti) per il “superiore interesse del minore” perché deve avere due genitori (anche se il padre è violento e poi non si capisce l’utilizzo della parola bigenitorialità se poi il figlio finisce in casa famiglia, lontano dai genitori!), ci si chiede dove termina il confine della bigenitorialità alla quale ha diritto la madre?
Sono numerosissimi i casi emersi anche alla Camera dei Deputati in “commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori” (costituita su proposta dell’onorevole Ascari) delle mamme che una volta allontanate dai figli non li vedranno per anni, oppure solo con incontri c.d. protetti una volta ogni 15 giorni o una volta al mese per una sola ora.
Peraltro, l’avvocato precisa che “l’ordinanza 13217 del 2020 dove la Cassazione ha censurato pesantemente l’alienazione genitoriale era riferito ad un caso in cui non c’era assolutamente nessun conflitto tra i genitori. Il conflitto è avvenuto in sede di CTU tra la madre ed i consulenti stessi” e la CTU ha concluso che il genitore più idoneo fosse il padre.
“Questa minore è stata prelevata da scuola ed è stata consegnata al padre, non c’erano assolutamente elementi di gravità tra i genitori, tant’è che adesso il caso è rientrato in una normalità”. E’ stato proprio il presidente della Corte d’appello sul caso seguito da Voltaggio a sottolineare che da quel momento si “ parlerà dei fatti, non si parlerà più dei pregiudizi di cui erano intrise non tanto le relazioni, ma due consulenze veramente terribili, di consulenti schierati pubblicamente a favore di questa ascientifica teoria (Pas)”, consulenti che per impegno anche solo deontologico dovrebbero essere imparziali, “mancando così anche l’imparzialità del giudice, influenzato da tali tesi.
“Bisogna ritornare a dei provvedimenti equilibrati, ci sono sicuramente dei provvedimenti squilibrati su cui poi i giudici di grado superiore o addirittura la Cassazione intervengono”, ma ormai il danno irreparabile è già stato fatto, la vita di innocenti bambini è già stata segnata a vita, devastati da tanti anni di maltrattamenti, ingiustizie, allontanati dall’amore materno, da quella sensazione di protezione che gli è inesorabilmente mancata. Mamme che insegnano ai propri figli il rispetto per gli altri, a dire la verità, a non fare ciò che non vorresti si faccia a te, e poi arrivano le cosiddette figure professionali ed istituzionali che di verità, di correttezza, di sensibilità, empatia, di amore non ne conoscono neppure lontanamente il significato.
Il cassazionista ricorda che “quando viene accolto il ricorso davanti alla Cedu, la legge Cartabia prevede che d’ora in poi si possa chiedere la revocazione anche della sentenza di Cassazione. Gli strumenti ci sono – sostiene – bisogna applicarli bene, bisogna che gli avvocati abbiano molto equilibrio in questi casi e che sappiano veramente parlare consapevolmente di discernimento e di ascolto”, presentare al giudice i fatti concreti che lui dovrà “assorbire” le ragioni della parti come una spugna. Così l’avvocato fa riferimento alla statua della “Corte d’appello di Brescia che rappresenta la giustizia, una donna seduta che ha due spugne in mano, queste rappresentano le ragioni delle parti che il giudice assorbe per emettere la sentenza. Un giudice che deve decidere del futuro e della vita di un minore, deve conosce perfettamente le ragioni delle parti, ma se non ha mai visto, né ascoltato il minore” non può fare un buon ministero del suo esercizio della giustizia, così conclude il suo intervento l’avvocato cassazionista Antonio Voltaggio.
Sarebbe auspicabile vedere questa statua in tutti i tribunali, nel ricordo che queste “spugne” diano sempre “consigli” utili!
Insomma, è fondamentale accertare la volontà dei minori che hanno per la maggior parte delle volte più consapevolezza e più giudizio degli stessi adulti.
Non c’è altro che augurarsi che “un miracolo” avvenga, che tutti i bambini allontanati ingiustamente tornino a casa dalle proprie mamme, che venga finalmente dato un netto stop ai prelievi coatti che sono fuori dallo “stato di diritto”.
Un appello alla parte “buona” ed onesta della magistratura che saprà rendere giustizia ad ogni bambino privato dell’amore più profondo, quello con la propria madre.
Concludo con una frase del Presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del 21 gennaio scorso “l’onore dei giudici consiste, come quello degli altri uomini, nel riparare i propri errori” (Voltaire, Trattato sulla tolleranza).
Di Giada Giunti