“Beating Sun” il nuovo film di Philippe Petit è stato presentato alla Settimana Internazionale della Critica, sezione parallela della 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Scritto e diretto da Philippe Petit e con Swann Arlund (Max), Sarah Adler (Alma), Grégoire Oestermann (Paul Moundenic), Pascal Rénéric (Gaspard), Lee Fortuné-Petit (Margot), Djibril Cissé, Marc Robert (Tom), Philippe Petit (Seb). Max sogna di realizzare “green wall” per alberghi a cinque stelle. Paesaggistica tenace ma con le spalle al muro, lotta per creare un giardino naturale, senza recinzioni, nel centro di Marsiglia: un’area verde aperta a tutti. Dopo anni di fallimenti, il suo progetto raggiunge la fase finale di un concorso di architettura. Questa, per Max, è l’ultima possibilità di dare ossigeno alle persone che stanno soffocando in un inferno urbano, sotto il sole battente.
Il regista, commenta: “Max è un paesaggista. Ha una visione forte, singolare e umanistica della sua professione e vuole usare i giardini per temperare la velocità del mondo di oggi. Lui e il suo socio Gaspard hanno un progetto su una piazza abbandonata dalle autorità nel cuore di una grande città. Legati agli abitanti di questo quartiere la cui qualità di vita si sta deteriorando, lottano per offrire loro un luogo di pace nel mezzo del caos urbano. La realizzazione di questo progetto si trasforma in un’ossessione per Max e cristallizza gli sfidi professionali e personali della sua vita di quarantenne. Il mio film esplora un personaggio in una situazione di stallo e il modo in cui cerca di ridisegnare il suo paesaggio interiore per non abbandonare le sue ambizioni. Ho voluto ancorarlo al mondo degli architetti del paesaggio perché sono al centro delle questioni di reinvenzione dello spazio urbano, di transizione ecologica e sociale. Queste professioni mettono in discussione l’uniformità che condiziona lo sviluppo delle nostre città e, oltre a questo, le nostre mentalità. Il paesaggista è inoltre legato quasi inscindibilmente ad un’altra figura, quella del giardiniere. Quest’ultimo si evolve in prima linea nella natura e svolge un ruolo decisivo perché è lui che la plasma. I suoi gesti, i suoi strumenti e i suoi veicoli sono per me questioni cinematografiche forti e singolari.
Mi è sembrato ovvio scegliere una città del Sud, in questo caso Marsiglia, dove la natura e la luce sono abbondanti; una città che costituisce un laboratorio per Max. Una città in fase di cambiamento che, attraverso una politica di sviluppo molto costosa, pone la questione della gentrificazione. Il film è guidato dall’energia febbrile di Max. Evoca una messa in scena coinvolgente. Siamo con Max, attaccati al suo corpo. Per il suo impegno nei ruoli, per la tensione che lo anima e perché mi sembrava semplicemente ovvio, ho scelto di proporre a Swann Arlaud di interpretare Max. Per gli altri personaggi, ho fatto ricorso soprattutto a non attori che interpretano il proprio ruolo, come avevo fatto nei miei film precedenti. I giardinieri e il loro capo sono quelli del parco. Lo stesso vale per la leggenda del calcio Djibril Cissé. Con Beating sun ho voluto spostare la questione della «vittoria» o della sconfitta in un luogo diverso dal semplice risultato. Che il film debba portare con sé la convinzione della strada da percorrere piuttosto che il risultato finale. Cosa guadagniamo quando rinunciamo? Quando si accetta di aver perso? Jorge Louis Borges riteneva che la sconfitta ha una dignità che la vittoria non ha. In un mondo governato dai vincitori, mi sembra essenziale guardare ai perdenti. Beating sun è la storia dello spostamento di un idealista che coglie in extremis la differenza tra ostinazione e perseveranza”.
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