Nella prestigiosa sede del Gran Caffè Michelangelo, un convegno contro la violenza di genere organizzato dall’associazione “Fammi Rinascere”. Il fenomeno della violenza di genere, dopo un lungo periodo di colpevole silenzio, è ormai esploso, unitamente alla sottrazione illecita dei figli e degli affidi illeciti, ed è diventato emergenza nazionale.
La violenza di genere affonda nei millenni nello spazio e nel tempo ed è presente secondo una altalenante evoluzione nei registri della storia di tutte le etnie che scrivono nelle loro culture antropologiche la negazione del femminile. Se ancora oggi le mutilazioni genitali femminili sono presenti anche in tutti i Paesi delle c.d. società occidentali con numeri significativi, il cammino della libertà della femmina, della madre, della compagna è ancora lungo.
Hanno partecipato all’evento il sindaco di Fiuggi Alioska Baccarini, le parlamentari Veronica Giannone (FI) e Stefania Ascari (M5S), la relatrice dell’evento la giornalista d’inchiesta Angela Nicoletti, Sara Lucarelli, giornalista de l’Espresso, Angela Mancini, vicepresidente della Consulta Donne della Provincia di Frosinone.
Una mattinata piena di interventi che Paeseroma ha documentato integralmente.
Abbiamo ascoltato ai microfoni di Peseroma la responsabile del centro antiviolenza “Fammi Rinascere”, presidente Aps Calcutta Michaele Sevi e l’avv. Francesca Ruggero, legale del centro antiviolenza.
Leggendo il volantino del centro “Fammi rinascere” emerge con chiarezza la definizione e descrizione delle varie forme di violenza.
“E’ un volantino studiato dopo aver analizzato ogni richiesta di aiuto dal centro antiviolenza”, così inizia la presidente del centro antiviolenza Sevi che sottolinea “è importante soprattutto che venga scandito passo all’interno cosa appunto sia la violenza e come si manifesti; è un volantino alla portata di tutti, delle donne in modo che loro stesse subiscono possono subire questo tipo di violenza e, quindi, prendere consapevolezza, consapevolezza della loro sofferenza e dalla loro condizione di sottomissione”. Precisa la Sevi che il centro si avvale di professioniste preparate per affrontare questa problematica, come pure lo studio, la consapevolezza delle normative vigenti, soprattutto la convenzione di Istanbul.
La Sevi osserva che la lettura del volantino “aiuta a prendere il coraggio, a prendere consapevolezza della violenza subita e, quindi, a classificarsi anche in queste tipologie di violenza e successivamente chiedere aiuto.
La richiesta di aiuto di una donna è in realtà un percorso che già sta a metà, perché rendersi conto di avere necessita di aiuto, di essere vittima significa decidere di cambiare la propria vita.
Nel nostro centro antiviolenza non vengono soltanto giovani donne, il nostro centro antiviolenza è raggiunto da donne che hanno 60, 65 anni, con un matrimonio di quarant’anni alle spalle”, quindi fa presente la Sevi di quanto sia difficile scardinare un sistema, una cultura profondamente patriarcale, maggiormente riscontrata in Ciociaria. Infatti, osserva quanto possa essere difficile per una donna anche oltre di 60 anni decidere di chiedere aiuto per “scardinare quel meccanismo di sottomissione, creando dei disequilibri, disequilibri anche nei confronti dei figli, che molto spesso sono consapevoli della sofferenza che la propria madre prova”.
La Sevi evidenzia l’aspetto un altro aspetto preoccupante e drammatico, ossia quello di un minore vittima di violenza assistita che segnerà il bambino/a per tutta la vita.
Leggendo il volantino si evince esista anche una violenza muta, un giudizio muto che giudica la femmina anche all’interno nella famiglia ed ecco che la presidente di “Fammi rinascere” cita l’omertà, “una omertà che fa da padrona all’interno delle mura domestiche, all’interno del contesto familiare, quindi parentale e, quindi, anche l’omertà societaria”.
Paura, vergogna ed omertà fa notare la dr.ssa Sevi che ritiene essere “dei deterrenti per la richiesta di aiuto per la donna e, quindi, sono non sono altro che una condizione che rende ancora più invalide le donne e le blocca.
Il nostro lavoro – continua la Sevi – è quello di accogliere, di trattare di casi di violenza, ma anche di educare alla non violenza.
Infatti, la responsabile del centro antiviolenza cita diversi progetti avviati all’interno delle scuole, come pure progetti extra scolastici con percorsi di educazione alla non violenza.
Uno dei punti forti del centro prosegue la Sevi è quello “di essere social, non per giocare a diventare delle influencer, ma perché ora il social è alla portata di tutti”, ammesso che se ne faccia un uso genuino, precisa la presidente.
“Noi dobbiamo arrivare comunque alle persone, dobbiamo scardinare quei meccanismi di omertà, di patriarcato in modo tale che tutte le generazioni sappiano cos’è la violenza, come tutelarsi dalla violenza, quindi come reagire anche alla violenza attraverso interventi, attraverso corsi di autodifesa, attraverso un’educazione vera e propria e soprattutto cercare di abbattere questo pregiudizio.
I centri antiviolenza sono tutti uguali?
“Sulla carta siamo tutti uguali, effettivamente, operativamente parlando non lo siamo”, così conclude la responsabile del centro antiviolenza di Fiuggi la dr.ssa Michaela Sevi.
L’intervista a margine della dr.ssa Michaele Sevi
“C’è molta difficoltà nel denunciare – osserva il legale del centro antiviolenza “Fammi rinascere”, Francesca Ruggeri – e, quindi, noi cerchiamo in qualche modo di farle comprendere qual è il loro percorso, dicendo anche che poi quando si entra dentro un tribunale non è che la partita è finita, anzi si comincia in quel momento”.
Le donne hanno bisogno di tantissimo supporto, commenta la legale, soprattutto nei casi di codice rosso e tutte le forme di violenza nei confronti delle donne, senza dimenticare quella psicologica ed economica e precisa come il centro antiviolenza cerca di “rimetterle anche nel mondo avendo avviato tre stage grazie alla Regione; queste donne adesso possono lavorare”, quindi si liberano anche da questa sottomissione economica, diventando indipendenti.
“lo Sato si deve impegnare in qualche modo – sottolinea il legale Ruggero – a far sì che loro possano rientrare nella società in maniera dignitosa, possano acquisire la loro libertà che fino adesso è stata negata”
Per quanto riguarda la percentuale di donne che hanno avuto il coraggio di denunciare le violenze il legale cita la relazione della commissione parlamentare sul femminicidio presentata il 13 maggio scorso in Senato “abbiamo 80% delle donne vittime di femminicidio che non hanno denunciato. Purtroppo poi questi numeri sono anche aumentati a causa della pandemia, donne costrette in casa queste persone” violente, un numero preoccupante osserva la Ruggeri. Nel centro antiviolenza “Fammi rinascere” il 70% delle donne che chiedono aiuto procederanno con la denuncia.
Circa 125 femminicidi in un anno, pochi giorni fa l’ennesimo annunciato femminicidio, Alessandra Matteuzzi uccisa a martellate dal suo ex compagno, una donna che aveva avuto il coraggio di denunciare, ma non protetta da coloro che hanno l’obbligo, il dovere di proteggere le donne.
“Dobbiamo fa capire – continua l’avvocato Ruggeri – che è un problema che bisogna tenere innanzitutto sotto controllo, prevenire attraverso anche un cambiamento di paradigma culturale.
Dobbiamo far capire alle nostre figlie, alle nostre mamme, alle nostre parenti più stretti o comunque amiche che assolutamente devono denunciare e dobbiamo far capire al legislatore che dobbiamo avere più strumenti per poterle proteggere, perché sennò ci troviamo come ripeto un paradosso che insomma le stesse poi non riescono a trovare una tutela adeguata.
Di Giada Giunti
L’intervista a margine dell’avvocato Francesca Ruggeri
L’intervento del Sindaco di Fiuggi Alioska Baccarini
L’intervista a margine dell’evento dell’on.le Veronica Giannone
L’intervento dell’on.le Veronica Giannone (FI)
L’intervento in remoto dell’on.le Stefania Ascari