Una campagna elettorale permanente. È quella che Alessio D’Amato ha fatto di sé dando, lui stesso, ogni giorno, notizia dei dati relativi all’incremento del Covid nel Lazio.
Opera di informazione sana e giusta. In tutti gli altri casi però è un istituto di ricerca o di informazione distaccato dagli organi politici a dare i numeri. I numeri in due anni invece sono stati vulgati dallo stesso ente regione. In più per l’ente è stato proprio la persona stessa: l’assessore alla sanità Alessio D’Amato. Lui proprio a fornire gli aggiornamenti.
La tendenza ad essere momento erogatore di dati non cambia neanche con la ripresa dei contagi. Il Covid si riaffaccia con l’apertura delle scuole e l’inclemente assessore non fa ragionamenti sul tipo di azione preventiva o sulle caratteristiche di questo Omicron. Predica invece la quarta vaccinazione e di nuovo aggiorna sui numeri.
Ieri nella regione si sono rilevati positivi quaranticinque casi in più del giorno precedente. È questo il dato che conta, oltre il fatto che complessivamente i positivi registrati – che è ben altra cosa dei positivi reali – sono in numero di 3.475. E per dare questo dato si deve pronunciare quotidianamente l’assessore preposto al ramo. D’Amato, per l’appunto.
È su questi grandi meriti sul campo che una parte di PD vorrebbe fare di lui il prossimo candidato presidente alla Regione Lazio per le elezioni che si annunciano tra tre mesi circa.
D’Amato si vede in contrasto con Daniele Leodori, sempre nel mondo PD. L’opzione tra i due è strategica per indicare l’alleanza. Se Leodori il rapporto sarà con il cosiddetto terzo polo calendiano e renziano. Se sarà con D’Amato si privilegeranno i Cinque Stelle.
Il problema ora è che coi Cinque Stelle non si governa. Con il “terzo polo” non si vince.
Ed è il virus del dubbio ad attanagliare gli esponenti piddini, tanto che non c’è vaccino in grado di dare la speranza di riprendersi. E in effetti il Lazio consiste nell’unico terreno di ripresa perché se si perdesse anche alla Pisana la sconfitta sarebbe veramente su tutti i fronti.
E allora saranno le primarie il vaccino che riesce a contenere il virus della dispersione nel Partito Democratico che parte da due contendenti per farne mille, fino ad essere uno per ciascun votante. Ed allora a tenere i conti dovranno tornare ad essere i contagiati e il totale di coloro che si sottopongono al vaglio della vaccinazione. Ieri il rapporto tra positivi e tamponi si attestava al 18,8%. Somiglia ai numeri prevedibili del PD.