Mentre si complicano i negoziati con Gazprom, dopo l’annuncio di Putin che non sarà venduto gas ai paesi che metteranno un tetto al suo prezzo, l’Occidente cerca disperatamente un modo per fronteggiare la crisi energetica alle porte. Con la professoressa Valentina Prigiobbe, insegnate presso la facoltà di ingegneria energetica dello Stevens Institute of Technology, abbiamo parlato delle soluzioni possibili per il futuro dell’energia del nostro paese.
In vista della crisi energetica che ci aspetta questo inverno, bisogna partire con una domanda complessa ma necessaria, quale piano potrebbe attuare l’Italia per farsi trovare preparata?
Credo che l’Italia debba avere un piano con due scale temporali diverse.
A breve termine dovrebbe puntare sull’efficienza e la riduzione delle emissioni insieme alla implementazione di infrastrutture per la crescita dalle energie rinnovabili. Queste includono per esempio il potenziamento delle reti elettriche per rendere la trasmissione flessibile (resiliente in inglese) e la costruzione di impianti in funzione delle risorse. Attenzione deve essere sempre condotta nel rispetto degli ecosistemi e delle esigenze territoriali dei poli di attrazione turistica.
A lungo termine ci dovrebbe essere un piano europeo di scambio di energia che include nucleare e rinnovabile. Ognuno dovrebbe potenziare il proprio sistema energetico in base alle risorse naturali e alle tecnologie esistenti. Un ultimo commento va inoltre ai finanziamenti alla ricerca e all’Università. È con grande rammarico che vedo spesso a conferenze e incontri internazionali esperti italiani che contribuiscono allo studio e allo sviluppo di tecnologie per la soluzione ai problemi dovuti al climate change e sono stati costretti a migrare da qualche parte all’estero per continuare il loro lavoro scientifico. Alcuni di questi professionisti sarebbero stati felici di rimanere nel loro paese o di poter ritornare dopo un periodo di esperienza. Finanziamenti futuri potrebbero essere usati per ospitare scienziati stranieri o far ritornare i molti italiani al momento impiegati in istituti di ricerca stranieri per collaborare con colleghi locali allo sviluppo di tecnologie rinnovabili.
L’energia rinnovabile rappresenta per molti il futuro dell’umanità alla luce di una crisi ambientale che è già in atto, e che non può fare meno di essere sottovalutata rispetto alla crisi energetica che si prospetta, ma ci si chiede se in Italia sia ancora troppo acerba per rappresentare un’alternativa completa?
Le energie rinnovabili come solare, eolico e geotermico sono implementate in molti paesi in maniera efficiente ed efficace anche su scale nazionali. L’Italia ha tutte le risorse naturali necessarie per sviluppare sistemi innovativi basati sull’energia rinnovabile. Inoltre, l’Italia ha le conoscenze scientifiche e la tecnologia, nonché si trova geograficamente al centro del Mediterraneo e ha la potenzialità di essere un hub tecnologico per lo sviluppo e lo scambio di energia da risorse rinnovabili. Si veda l’esempio dell’isola di Ischia dove ci sono temperature fino a 200oC a poche centinaia di metri dalla superficie. L’isola avrebbe potuto essere un laboratorio di piccola scala per la tecnologia geotermica sia a bassa che ad alta entalpia in combinazione con solare ed eolico. Permettendo all’Italia di sviluppare quel know-how che sarebbe potuto essere esportato. Si è però preferito il turismo low-tech che rende l’isola sempre più’ inospitale. Le energie rinnovabili non sono ancora un’alternativa completa alle esigenze nazionali perché non sono ancora disponibili su larga scala e perché mancano le reti elettriche per la distribuzione e i sistemi di stoccaggio. Sono però il futuro e l’Italia è in una ottima posizione geografica per lo studio e lo sviluppo di queste tecnologie.
Il dibattito sul nucleare si è riacceso a livello internazionale, secondo molti esperti il nucleare di quarta generazione potrebbe essere la soluzione sia alla crisi energetica sia a quella ambientale: come dovrebbe comportarsi l’Italia secondo lei?
Purtroppo, non credo che il nucleare sia la risposta alle esigenze energetiche dell’Italia. L’Italia ha già preso una decisione nel referendum del 1987 e con quella decisione ha perso l’opportunità per continuare la ricerca sul nucleare. Gli impianti sono stati chiusi e quelli in costruzione, si veda a Montalto di Castro, sono stati convertiti alla combustione dei carburanti fossili. In ogni caso, in un paese con elevata sismicità e poca fiducia nelle istituzioni, a buona ragione visti gli scandali ambientali in tutto il paese, l’energia nucleare anche se approvata troverà grandi ostacoli a decollare. Ora credo che l’Italia debba correre per la sfida alle rinnovabili. L’Italia ha le risorse per questo e le menti per la progettazione e l’implementazione. La politica deve fare il resto.
Ha senso puntare sui rigassificatori e a nuove trivellazioni in mare?
L’Italia dovrebbe puntare sulle energie rinnovabili in combinazione con le tecnologie per la cattura della anidrite carbonica (CO2). Costruire nuovi impianti basati su vecchie idee tecnologiche dovrebbe essere un’opzione da scartare, mentre si dovrebbe investire sugli impianti già esistesti, rendendoli più efficienti e puliti per aiutare la transizione al net-zero emissions che si dovrà verificare necessariamente nei prossimi decenni se si vuole rispettare l’accordo internazionale di Parigi.
Lei vive e lavora negli Stati Uniti, come si stanno muovendo gli USA sul piano energetico-ambientale?
Il Climate Bill firmato in agosto di quest’anno è una grande vittoria dell’amministrazione Biden-Harris. Il Climate Bill è incluso nell’ “Inflaction Reduction Act (IRA)” e combina le esigenze della conversione energetica per ridurre le emissioni di gas serra con un piano di sviluppo economico. Questo ha permesso di raggiungere una maggioranza nel Congresso e quindi l’approvazione. Il piano è molto ambizioso e punta ad una riduzione delle emissioni di gas serra del 50 percento rispetto alle emissioni del 2005 entro il 2030. È un piano che costerà 370 miliardi di dollari e prevede incentivi per l’implementazione del fotovoltaico, l’acquisto di auto elettriche, la costruzione di eolico off-shore, nonché fondi per sviluppare sistemi di stoccaggio dell’energia rinnovabile come le batterie. Il Climate Bill permetterà agli Stati Uniti di rispettare il limite del riscaldamento del pianeta del 1.5 oC al di sopra del periodo pre-industriale. Gli Stati Uniti stanno anche finanziando molta ricerca per rafforzare le basi per questo sviluppo. Un esempio sono i fondi per la ricerca per il recupero di elementi chimici nel territorio nazionale come rame, nickel, cobalto, e manganese necessari per la costruzione degli impianti di generazione e stoccaggio dell’energia rinnovabile. Senza questi elementi è difficile pensare ad una implementazione solida. È uno sforzo che include l’economia, la società e la scienza.
Aurora Mocci