Non c’è arte più grande di quella che dà cominciamento ad altra arte. Ed è per questo che il processo alla trasfigurazione umana di Pier Paolo Pasolini non avrà probabilmente mai fine. Difficile che su di lui verrà tracciato un giudizio definitivo. E forse nemmeno lo vogliamo. E in queste raffigurazioni c’è l’arte che parla della sua arte. La descrizione visiva, ma mai visionaria, della capacità di dare corpo al corpo, colore al colore di dare al reale nella rappresentazione lo stesso spessore trasumanante del reale propriamente detto.
Senza recedere dal titanico tentativo arrivano le opere pittoriche di Luca Pandolfi, nella vita antropologo, docente universitario, ma col vizio irrefrenabile della scrittura creativa che si rappresenta in tela, cioè quella che si definisce pittura ma l’indicarla in questo modo rende riduttiva la sua portata espressiva.
Nelle opere dedicate a Pasolini la voglia di dare un volto ai tanti personaggi protagonisti delle narrazioni del poeta friulano, l’apparire dei luoghi di persone, cose che ne rimandano direttamente alle sue narrazioni accompagnate dalla scrittura vera e propria. Testi, titoli, articoli, nel suo compulsivo scrivere, argomentare, obiettare, opporsi, sostenere inaspettatamente affiorano insieme alle immagini.
È il testo scritto che non può fare a meno di porsi come immagine e sfilare parallelamente alle raffigurazioni propriamente dette che le parole volevano evocare.
La storia di Pasolini è quella di un’inquietudine. Tanto simile alla frenesia del fare di Luca Pandolfi che nei suoi primi cinquantasette anni si è divisato negli studi di giurisprudenza per passare a teologia, poi antropologia culturale per assecondare la sua vocazione sacerdotale “a tempo pieno per una quindicina d’anni”.
Il vernissage di sabato 3 dicembre ha visto l’esordio di un autore che, oltre a dare qualcosa di nuovo all’elaborazione pittorica di tanti autori di questa città, riesce a darci un volto inedito di Pier Paolo Pasolini. Pare incredibile, visto le celebrazioni a cui si assiste in ogni dove per il suo centenario dalla nascita. I dipinti di Luca Pandolfi però hanno il merito di non prescindere da un piano didascalico che aiuta a leggere le sue opere, evitando la consacrazione che puntualmente si fa della sua letteratura.
Come se dell’autore scomparso nell’attentato di Fiumicino, si volessero privilegiare, momenti, ispirazioni, idee precise, senza la pretesa di guardare alla sua figura complessiva, quindi esaltarne la statura di polemista del nostro Novecento.
Col pregio di esser curata da un’artista vera e non da una semplice gallerista, Kristina Milakovic in Vicolo de’ Bovari 7, vicino a Campo de Fiori, allestisce il momento di esposizione permanente. La mostra continua con altre iniziative nei prossimi giorni fino a martedì 6 dicembre con un dibattito sul testo pasoliniano condotto dal filosofo Giacomo Marramao.
Continuano, quindi, anche in luoghi non istituzionali le manifestazioni culturali in ricordo di Pasolini, forse proprio come lui avrebbe preferito. E in questa continuazione anche l’attività di nuovi artisti che traendo da lui ispirazione iniziano a solcare il proprio percorso. Proprio come Luca Pandolfi.