Chi ricava e quanti profitti? Da dove provengono gli “incassi” e vantaggi per le figure istituzionali e dei padri violenti che non fanno vivere i figli in sicurezza? Dai mancati pagamenti, dalle condanne in ambito civile e penale degli invocanti giustizia, dalle denunce ai giornali, dalle denunce a coloro che commentano sui social.
Chi lucra sulla sofferenza e sulle lacrime dei bambini e perché?
Le figure istituzionali ed il padre violento percepiscono i profitti sulla base dei processi civili e penali e sulla loro durata.
Più durano e più si arricchiscono, quindi hanno interesse a mantenerli in piedi, anche se ci fosse un accordo. Per un solo minore vengono nominate numerose figure professionali che percepiscono compensi sulle lacrime e dolore dei piccoli ed indifesi bambini.
Vengono scelte e nominate dai magistrati quasi sempre le stesse figure istituzionali che si scambiano i ruoli di Ctu (consulente tecnico d’ufficio, nominata dal giudice), Ctp (consulente tecnico di parte) tutore (nominato dal giudice), curatore speciale (nominato dal giudice, di norma un avvocato che dovrebbe essere il difensore del minore, ma di fatto diventa il difensore di una parte, sovente la parte violenta). Poi ancora i servizi sociali, gli educatori, le cooperative per il supporto psicologico e/o gli incontri protetti, etc.
Le loro nomine, molte spesso, iniziano nei tribunali per i minorenni, poi alle sezioni famiglia del Tribunale ordinario e della Corte d’appello, poi al giudice tutelare, e così via. Anni ed anni di devastazione e di orrori che subiscono mamme e figli. Ctu che per ogni caso percepiscono compensi dalle 3 mila alle 12 mila euro circa secondo la scansione temporale delle perizie versata da entrambe le parti o soltanto dalla parte soccombente al termine del giudizio, oppure dallo Stato se chiedono il gratuito patrocinio; le Ctp un pò meno. I curatori speciali, ossia gli avvocati del minore, quelli che dovrebbero eseguire i loro interessi, si procacciano dalle 9 alle 12 mila euro circa a caso e sovente vengono confermate se viene proposto appello o vengono iniziati altri procedimenti incidentali. Verranno accumulati ad esempio circa 50 mila euro sempre per un solo minore. Di solito depositano istanza di ammissione al Patrocinio a spese dello Stato. Il Curatore dovrà ascoltare il minore, fornirgli le informazioni più utili per comprendere l’oggetto del procedimento e tutte le decisioni che lo riguardano. Il Curatore ha l’obbligo di chiarire all’assistito – il minore – che la sua opinione sarà tenuta in debita considerazione, “dovrebbero farsi portavoce della loro opinione”, avere il “diritto di essere ascoltato e di esprimere la propria opinione” (come da linee guida del comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di bambino), ma ciò non avviene quasi mai. Il Curatore molto spesso è colui o colei che chiederà l’inserimento in case famiglia e relazionerà l’opposto dei desideri e la volontà del minore, anche in caso di dichiarazione di violenza assistita e/o di violenza subita. Il violento – il padre – passerà per la vittima, mamme e figli come i carnefici.
Questo “modo di agire” non è consono solo ai curatori, ma anche a tutte le figure istituzionali che hanno oggettivi interessi, per cui nei fascicoli dei magistrati vengono depositate centinaia di relazioni e perizie tutte contro mamma e figlio. Bella “intuizione”!
Per i tutori la redditività era analoga a quella dei curatori speciali con nomine di soggetti privati, dal 2016 il tutore viene indicato dal giudice nel Sindaco del Comune di apparenza che delega un assistente dei servizi sociali. Il giudice minorile o del tribunale ordinario nomina un tutore provvisorio che poi dovrebbe essere confermato dal giudice tutelare. La realtà è che il tutore “provvisorio” diventa “provvisorio” a vita!
Il tutore dovrebbe essere principalmente scelto tra la cerchia dei parenti prossimi, ma così accade molto raramente. Il giudice non potrebbe comunque procedere alla nomina se prima non abbia disposto l’ascolto del minore che abbia compiuto 12 anni e anche di età inferiore, se capace di discernimento. Ed anche questa procedura viene violata.
I servizi sociali che nelle aule giudiziarie assumono una posizione rilevante e decisiva, sono parte del potere esecutivo, per cui dipendono dal Sindaco, il quale potrebbe intervenire qualora giudicasse riprovevoli certi comportamenti. Ma avviene? No.
Gli educatori per “istruire” il minore ad accettare il rapporto con il genitore violento (un corso coatto di formazione per imporre l’affetto con la forza) nominati dal giudice o dallo stesso Ctu percepiscono (in percentuale maggiore con versamenti da parte delle madri) circa 600 euro al mese per due (anche quattro) incontri a settimana. L’educatrice o educatore si reca anche nella abitazione del minore per controllare i “cassetti”, si insinuano nella privacy domestica ed anche nella vita amici e parenti. Si mette alla gogna la mamma assieme ad amici e parenti. Hai il poliziotto alle calcagna! Ovviamente, sale il compenso se aumenta il numero degli incontri.
Le cooperative/associazioni scelte per il supporto psicologico (perché “stranamente” da persone forti ed equilibrate le mamme e figli diventano pazzi e con problemi psicologici) per tutta la famiglia dovrebbero essere individuate, eventualmente a conclusione della perizia effettuata della Ctu, ma molto spesso è la stessa Ctu, durante le operazioni peritali, a decidere di mandare tutta la famiglia in una associazione che sovente è in conflitto di interesse con la stessa, magari pure con il legale di controparte e con gli assistenti sociali. Una inchiesta ha svelato anche giudici onorari che figuravano come soci nelle case famiglia.
Per ogni incontro viene effettuato un pagamento di 80/120 euro per ogni componente della famiglia per 1, 2 volte a settimana. In sostanza la settimana è già tutta “impegnata”! Non hai più una vita normale.
Poi si aggiungono le difficoltà perché guarda caso le psicologhe programmano incontri proprio nell’orario lavorativo delle mamme, durante le vacanze, durante le visite mediche, durante il blocco auto, mentre hanno le stampelle a seguito di operazioni e quant’altro. Se non rispetti il loro calendario, il giorno dopo sul tavolo del magistrato giace una bella relazione nella quale si evidenzia la mancata “collaborazione” della mamma oppure “ancora meglio” se per un motivo o un altro non ti presenti perché nessuna figura istituzionale ti avvisa dell’incontro, ti becchi anche una “eccellete” denuncia per sequestro di minore.
Passiamo ad un’altra nota dolente, gli avvocati. Quanti solo leali, onesti? Molto pochi. Intanto la scelta diventa difficile e se cambi avvocato il giudice, la Ctu, la Ctp ti criticano anche per il turn over degli avvocati.
Come ti siedi nello studio dell’avvocato ti chiede circa 300 euro per arrivare anche a 20/35 mila euro (non tutti ovviamente) con la promessa della “certezza” di far uscire tuo figlio dalla casa famiglia, che puntualmente non avviene. Le mamme si indebitano dapprima con prestiti da alcuni amici e parenti, poi con richiesta di finanziamenti e poi molto spesso sono costrette a vendere le loro proprietà o arriva la confisca. Le povere ricchezze di una vita conquistate con il lavoro e il sacrificio dei risparmi utilizzati per l’acquisto di beni immobili da lasciare in eredità ai figli vengono persi. La vita precipita nell’inferno della violenza istituzionale dalla quale si esce comunque “morto” se non ti suicidi o ti “uccidono” prima, come pure muori per femminicidio.
I padri violenti ottengono lauti incassi anche dalle condanne al pagamento delle spese processuali (civili e penali). Nei procedimenti penali arrivano a chiedere dalle 300 mila al milione di euro di risarcimento danni sulla base di false e calunniose denunce.
I figli sono violentati nel corpo e nell’ anima, sottoposti a violenze, maltrattanti, soprusi, minacciati, silenziati sotto tortura. I bambini vengono isolati da amici e parenti per non fargli conoscere la verità, sequestrati anche dei loro cellulari, minacciati di ritornare nelle case famiglia oppure di far del male alla loro mamma. Bambini che sopravvivono per non morire. Bambini sottoposti a supporto psicologico (altri incassi nella case del “sistemuccio”) per anni ed anni, nonostante ciò di cui hanno bisogno è solo ed esclusivamente la loro mamma, unico abbraccio ed amore insostituibile.
La scienza insegna, i tribunali negano e devastano vite.
Poi ci sono i plotoni di esecuzione, composti da forze dell’ordine, medici, assistenti sociali, vigili del fuoco, tutore ed altre figure istituzionali, che si recano nelle abitazioni, nelle scuole, negli ospedali per prelevare i bambini. Vengono spesso utilizzate fiamme ossidriche, divelte porte, case a soqquadro, e soprattutto bambini prelevati con la violenza, alzati di peso mentre piangono disperati, genitori mantenuti da più operatori, mentre cercano di impedire un vero e proprio sequestro. Alcuni verranno pure denunciati per resistenza a pubblico ufficiale. Non esiste alcuna legge che autorizzi i prelievi coatti.
Nelle relazioni inviate al giudice troviamo anche frasi come “il minore non si sarebbe allontanato dalla mamma se non alzato di peso e portato via con la forza”. Nelle sentenze trovano affermazioni nelle quali si ritiene che “l’unico modo per fare recuperare un rapporto affettivo padre figlio” è quello di allontanarlo dalla mamma, collocarlo in casa famiglia e successivamente dal padre che rifiuta. Con la “scusa” del diritto alla bigenitorialità si utilizzano prelievi coatti (creando un choc nel bambino che lo segnerà per l’intera esistenza), perché secondo “alcuni” un figlio deve crescere necessariamente con entrambi i genitori anche se uno dei due è violento (nonostante la Convenzione di Istanbul lo vieti), ma poi quella bigenitorialità più volte invocata (in nome del “supremo interesse del minore”) sparisce all’istante quando il minore viene collocato in casa famiglia e/o dal padre. Del figlio non si avrà più notizia, scompare dai radar nazionali ed internazionali, le mamme non sentiranno e vedranno i propri figli per anni, oppure con incontri in una gelida stanza controllate a distanza di 10 centimetri di una sola ora ogni mese, oppure ogni 15 giorni videoregistrate (come fossero pericolose assassine e mafiose). Neppure possono abbracciare, baciare i propri figli, nemmeno sono autorizzate a scattare una foto, tutto sotto il controllo stretto di un educatore. Si rammenta che le donne in carcere posso vedere e stare con i propri figli, alle mamme “simbiotiche” non è permesso.
Perché “conviene” anche economicamente al padre violento?
Il padre violento interrompe il pagamento dell’assegno di mantenimento non appena riesce, dopo anni di lotte, a far collocare il proprio figlio in casa famiglia nella quale vengono pagate rette ai gestori dai 100 ai 400 euro al giorno a bambino dal Comune di appartenenza.
Interrompe il pagamento del mutuo acceso per l’acquisto della casa coniugale o il canone della locazione, come pure non corrisponde le spese straordinarie per il figlio. Quindi, ha autonomamente già interrotto vari pagamenti, senza ricorrere al magistrato che dovrebbe decidere in tal senso. Se c’è un sentenza di separazione o divorzio il marito o ex marito non può autonomamente sospendere i pagamenti che gli spettano, bensì dovrebbe depositare una richiesta al magistrato che poi deciderà. Molto spesso il padre violento interrompe ogni tipo di pagamento con la “scusa” del diverso collocamento del proprio figlio e successivamente dopo mesi e mesi (di mancati pagamenti) il ”sistemuccio” prevede che il padre padrone non deve pagare alcunché, perché così ha deciso il giudice. Viene “salvato” e “premiato” il maltrattante, senza neppure che il giudice gli imponga almeno il pagamento delle somme che non sono state versate nel periodo di autonoma ed arbitraria sospensione di ogni somma. E’ il “sistemuccio”, così funziona.
Se poi la madre lo denuncia e Dio vuole che inizia un procedimento penale, viene abilmente mandato in prescrizione, oppure “il fatto non sussiste”.
Quindi, la madre molto spesso perde pure la casa coniugale a lei assegnata dal giudice precedente, non percepisce alcuna somma a lei dovuto ed il padre risparmia e specula, senza avere alcuna conseguenza penale e neppure civile, protetto dal “sistemuccio” ben strutturato. Il padre per i risparmi e vantaggi economici acquisiti riuscirà pure a guadagnare un bel gruzzoletto.
Se la mamma ha il coraggio di denunciare la violenza domestica, ogni denuncia viene abilmente archiviata anche avvalendosi delle decisioni civili della sospensione e decadenza della responsabilità genitoriale oppure dell’allontanamento del figlio dalla madre. Nessuna indagine viene espletata, nessun controllo effettuato, nulla; l’ex marito vive felice e beato, senza alcuna preoccupazione, protetto incautamente da soggetti privi di ogni pur minima responsabilità, personaggi senza scrupoli.
Invece, quando il padre denuncia, la mamma finisce imputata per aver denunciato le violenze e le aggressioni in vari processi per anni ed anni (10, 15 anni) sulla base di denunce dell’ex oggettivamente false e calunniose e poi arriva la condanna penale – con le relative conseguenze – ed il risarcimento danni in perfetta violazione di ogni norma di legge. Chi comanda? Il “sistema”!
Alcune mamme assieme ai figli vengono asserviti al controllo del cellulare ed un serie di servizi di O.C.P., ossia osservazioni, controllo e pedinamento. Indagini a 360 gradi. Per l’ex marito verranno espettate le indagini? Nemmeno a pensarci!
GPS si montano a go go, le mamme e figli sono destinate ad essere sottoposti a stretto controllo e vigilanza, si saprà sempre dove si trovino (risulta per tabulas) mentre non si sa neppure dove abitano gli ex mariti o si trovano i figli. Il ” sistemuccio” mette alle costole delle mamme persone che offrono il loro aiuto (anche gratuito), ma si tratta soltanto un modo dissimulato per carpire informazioni o fornire consigli volutamente errati.
Avvocati denunciati e pure loro messi sotto stretta vigilanza, come pure l’incarico da parte dei padri violenti ad agenzie investigative private è diventata prassi quotidiana. “Ovviamente” si possono permettere il pagamento di ingenti somme agli investigatori, ma per il mantenimento per i figli sono ” disoccupati”. I pubblici ministeri si “concentrano” sulla mamma.
La mamma che ha subito un vero e proprio abuso peraltro penalmente rilevante, con danni irreparabili soprattutto per i figli, un allontanamento con metodi violenti, si rivolge nuovamente ai tribunali civili che, dopo i vari rigetti, violando le normative nazionali e sovranazionali la condannano pure al pagamento delle spese processuali (mamme che hanno subito la condanna al pagamento di ben 150 mila euro) che vanno al violento, all’avvocato di controparte (basterebbe leggere le loro memorie per rendersi conto delle assurdità ed infamanti accuse), al curatore speciale al tutore e così via. Mamme che hanno dovuto spendere importi di più di 200 mila euro.
La mamma che ha subito la rapina del proprio figlio, si rivolge, come previsto dai codici alla Procura della Repubblica e denuncia sia l’ex marito/compagno che le cosiddette figure istituzionali che paradossalmente lo proteggono invece di proteggere i figli utilizzati dai padri violenti per vendicarsi della ex moglie, rea di averlo lasciato oppure per essersi opposta alle violenze.
Ogni denuncia viene archiviata e, a volte, viene condannata anche al pagamento dei danni (risarcimento del danno). Innumerevoli udienze, anche una al mese, mentre per i processi contro l’ex marito, ammesso che vi siano, vengono rinviate anche a distanza di una l’anno. La mamma nelle udienze viene messa sotto ” torchio”, accusata dai pubblici ministeri e dal giudice con modi intimidatori per creare soggezione nell’interrogata, come pure di essere accusata di “stalking giudiziario” per avere avuto il coraggio di denunciare le violenze (uno dei motivi della sospensione della responsabilità genitoriale), incursioni nella vita privata, accusata di denunciare le cosiddette figure istituzionali. Viene messa in discussione ogni sua affermazione supportata da prove certe, come pure sentirsi dire ” ma è così perché lo dice il suo ex marito, lei ce l’ha troppo con lui, è troppo conflittuale”.
Le mamme sono sottoposte ad una vera e propria persecuzione giudiziaria sotto ogni profilo.
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Le frasi inquietanti e le accuse alle mamme e figli da parte delle cosiddette figure istituzionali sono sempre le stesse, i copia incolla delle sentenze e relazioni pure, come pure le denunce di abbandono di minore sono inflazionate.
Il deposito della denuncia di abbandono di minore serve a far aprire i procedimenti civili e penali e li incardina fino al collocamento in casa famiglia del minore chiesto di norma dal padre maltrattante. È oggettivo che la denuncia è utilizzata per arrivare a loro scopo, atteso che in qualsiasi luogo la mamma possa aver ” abbandonato” il figlio, un buon padre (che mai si sognerebbe di denunciare la madre di suo figlio) si reca sul posto del “delitto” a prendere e stare con suo figlio, come una scuola, un circolo sportivo, a casa degli amici ed altri luoghi. Al padre violento non interessa il figlio, quanto più denunciare l’ex moglie/compagna ed utilizzare il figlio come arma ferale.
Altro comune denominatore sono le accuse di “alienazione parentale, conflitto di lealtà, rapporto fusionale tra mamma e figli”, che come abbiamo più volte ripetuto fino alla nausea sono costrutti ascientifici che provengono dalla PAS (sindrome di alienazione parentale), rigettata dalla comunità scientifica, come pure da organi istituzionali nazionali e sovranazionali.
L’ascolto del minore sparisce da ogni processo, nonostante sia disposto dalle norme ed il mancato ascolto produce sentenze, ordinanze affette da nullità, come insegna anche la Corte Suprema di Cassazione. Ma intanto i bambini vengono allontanati con metodi violenti, nonostante la Cassazione abbia anche recentemente ribadito che è fuori dallo “Stato di diritto”. Della violenza assista non ci sarà ombra, oppure verrà utilizzata per screditare mamma e figli.
Parlare di problema culturale, di mancanza di formazione non basta, perché il vero problema a volte è la corruzione e la violazione di legge. E’ oggettiva una ben precisa volontà di comportarsi in una certa maniera, piuttosto che un’altra ed il modus operandi è sempre lo stesso nei confronti di tutte le mamme. Neppure si può parlare di questioni misogine perché la maggior parte delle cosiddette figure istituzionali che perpetrato violenza su mamme e figli, pure scaraventandoli contro i muri e minacciandoli, sono tutte o quasi tutte donne.
Non serve formazione per capire che un bambino non si può prelevare con la violenza dopo ore ed ore di pianti e suppliche, non serve formazione per ascoltare la precisione, i particolari delle dichiarazioni delle violenze raccontate dai figli (violenza su se stesso o violenza assistita) nei confronti dei padri violenti, non serve formazione per saper applicare la legge, leggere le sentenze della Corte Suprema di Cassazione e le convenzioni europee (in particolare Istanbul), come pure tutta la normativa nazionale e sovranazionale. Non serve formazione per leggere una certificazione del pronto soccorso o vedere lividi sulle donne e bambini, non serve la formazione per capire che un bambino si fa la pipì addosso per la paura quando incontra il padre.
Un giudice è sempre e comunque peritus peritorum, per cui anche se nei fascicoli vengono depositate false relazioni è tenuto a verificarne la veridicità, non accettare come verità sindromi ritenute ascientifiche (quali la Pas) come pure il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità del fatto dei suddetti comportamenti (accuse nei confronti delle mamme) e deve altresì accuratamente accertare “le ragioni del rifiuto del padre da parte della figlia” (cfr. Cass.6919/2016)”. Il giudice è tenuto ad ascoltare il minore e se non lo fa ne deve motivazione.
Affermare che alle mamme non si crede è un altro modo per deviare una questione così grave e devastante da minarne la vita e soprattutto significa deresponsabilizzare chi ha violato le normative.
La dr.ssa Francesca Ceroni (ex sostituta procuratore generale della Corte di Cassazione) nella sua requisitoria del 15.3.2021 contesta la “ violazione del diritto fondamentale del bambino all’ascolto” come adempimento necessario (minori di età che abbiano compiuto i 12 anni o anche gli infradodicenni se capaci di discernimento) nelle procedure giudiziarie che li riguardino e costituisce, pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo il mancato ascolto che non sia sorretto da espressa motivazione sull’assenza di discernimento che ne può giustificare l’omissione” (così a partire da SU Cass.22238/2009 seguite da interpretazione conforme tra le più recenti Cass.16410/20)”.
La sottoscritta ha depositato al nuovo Governo una richiesta di decreto legge “salva bambini” con un elenco dettagliato su questi punti. I bambini non possono più attendere, ogni minuto che passa un bambino sarà sgozzato dal padre violento, allontanato dalla mamma con metodi violenti che ricordiamo essere “fuori dallo Stato di diritto” (Cassazione n. 9691/2022), un bambino verrà maltrattato e violentato. Arrivare “prima” salva la vita.
Nel frattempo, le mutilazioni che subisce un bambino spesso da quando ha pochi mesi fino alla maggiore età sono irreparabili, nessuno e nessun importo potrà mai rimarginare quelle ferite profonde, quella sofferenza e dolore che impregnano anima e corpo dei bambini abusati e maltrattati, nessuno riporterà quel tempo in cui a mamma e figlio è stato impedito di stare e vivere assieme.
Le mamme chiedono aiuto anche ai giornalisti, molti non credono all’assurda versione e neppure chiedono la documentazione, altri lo fanno e pubblicano l’articolo o gli articoli, dopo aver verificato le fonti di prova.
Alcune mamme, hanno raccontato, che gli articoli sono stati sequestrati ed i giornalisti denunciati.
Alcune mamme hanno riferito di essere denunciate dopo aver commentato alcuni post che trattano violenza sulle donne o allontanamenti dei minori. Si devono pure pagare l’avvocato e difendersi in tribunale. La prossima volta se ne vedono bene dal commentare certe “notizie”.
Ancora raccontano che il padre violento, nonostante le prove delle molteplici violenze, le diagnosi di disturbi del pensiero e della personalità, aggressivo con mamma e figli, denuncia altri giornali a seguito della pubblicazione delle storie che lo riguardano, e nonostante la pubblicazione risponda a verità si preferisce chiudere il contenzioso ed accordarsi con il denunciante, ossia il maltrattante. Il violento vince un’altra volta ed incassa nuovamente, facile facile.
A questo punto il violento/maltrattante dopo anni ed anni di prevaricazioni e torture e la distruzione di un’intera infanzia e adolescenza del figlio, dopo aver commesso un “femminicidio in vita”, ha risparmiato importi anche di 80 mila euro, ne ha incassati altrettanti (facile facile), riscuote pure il mantenimento della ex moglie perché riesce ad ottenere l’affido esclusivo ed il collocamento del figlio presso di sé.
Che rimane della madre? le ossa! Che rimane del figlio? Uno choc ed un dolore profondo che lo accompagnerà per tutta la vita e soprattutto un odio profondo per quel “padre” che lo ha violentato nel corpo e nella mente.
La mamma verrà colpita da una “malattia” estremamente “contagiosa”, verrà additata da molti, perché se le hanno allontanato il figlio “qualche motivo” ci sarà!
Perché è così difficile debellare questo sistema? Perché è ben strutturato, tutti percepiscono lauti profitti, perché comporta potere e “gratifiche”, perché coloro che sono dietro questo sistema si trovano in ogni dove, persone insospettabili che ci troviamo di fronte anche nelle conferenze stampa, alle presentazioni di libri, nelle manifestazioni simbolo al contrasto alla violenza sulle donne e sui bambini, in tv.
Minacce, rappresaglie, sono all’ordine del giorno. I compagni di “merende”, di conferenze contro la violenza sulle donne, contro la sottrazione dei bambini si difendono tra loro in ambito civile e penale.
Come mai le denunce nei confronti di questo genere di figure istituzionali non comportano processi e condanne, se non in rari casi?
Citiamo, però, l’eroica azione della magistrata Valentina Salvi su casi di Bibbiano, la quale ha aperto un fronte.
Tutto questo sistema difende l’uomo violento indirettamente, perché chi viene tutelato è l’organizzazione, ossia tutto il “sistema”.
Come ho più volte scritto l’uomo violento (è sempre bene ricordare che si tratta esclusivamente di alcuni padri) serve al sistema per incardinare processi penali, ma soprattutto civili, ferendo i figli e insanguinando l’esistenza delle ex mogli.
Ma quale giustizia! (libro del 1997 di Sergio Zavoli).
di Giada Giunti