L’Ordine dei Giornalisti si divide sulla riforma per l’accesso al praticantato
Il mondo dell’informazione italiana ha bisogno di un cambiamento: secondo il nuovo World Press Freedom Index 2022 l’Italia è al cinquantottesimo posto per la libertà di stampa, inoltre il procedimento per diventare giornalisti professionisti è molto più lungo e tortuoso rispetto a quello dei colleghi anglosassoni, che per essere professionalmente riconosciuti devono soltanto scrivere per una testata, senza passare per un ordine. In Italia, quindi, diventa sempre più forte l’esigenza di sbloccare i meccanismi che diminuirebbero le enormi barriere all’ingresso di questa professione, ma non tutti sono d’accordo con le modalità da utilizzare. Sul sito dell’Ordine Nazionale – www.odg.it – con data 31 marzo, appare la notizia del varo da parte del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (CNOG) di nuove modalità per il praticantato:
“Le profonde trasformazioni indotte dalla rivoluzione digitale da tempo hanno coinvolto anche il lavoro giornalistico. L’espansione dei canali di comunicazione e il moltiplicarsi delle piattaforme ha portato ad un aumento esponenziale di “giornalisti di fatto”, giovani e meno giovani che non riescono ad accedere al praticantato. Per far fronte a questi mutamenti l’Ordine dei giornalisti ritiene indispensabile aggiornare alcune modalità di accesso all’esame di Stato. Il Consiglio nazionale, riunitosi il 28 marzo, dopo ampia discussione, ha varato a larga maggioranza la revisione delle linee interpretative dell’art.34 della legge 69 del 1963. In base al nuovo testo, frutto di una proficua e leale collaborazione con il Ministero della Giustizia, i Consigli regionali dell’Ordine, nella loro autonomia, potranno procedere all’iscrizione al registro dei praticanti a seguito dell’accertamento del lavoro giornalistico svolto. Tale modalità consente, in aggiunta alle altre previste dalla legge, l’avvio del praticantato anche in assenza di una testata e di un direttore responsabile. I nuovi criteri interpretativi si pongono l’obiettivo di andare incontro ai tanti che svolgono attività giornalistica, ma non possono essere riconosciuti, lavorando negli uffici stampa, sui social media e con le nuove tecnologie digitali. Una realtà composta soprattutto da freelance e precari che ambiscono ad entrare a pieno titolo nel perimetro del giornalismo. La domanda di iscrizione dovrà quindi documentare la continuità dell’attività giornalistica, esercitata in maniera sistematica con particolare riferimento alla produzione giornalistica e alla certificazione della retribuzione del lavoro, anche senza il vincolo della subordinazione. Viene richiesto un reddito professionale indicativamente equiparabile al minimo tabellare lordo previsto per il praticante con meno di 12 mesi di servizio come stabilito dal C.N.L.G. Lo svolgimento del praticantato, sempre di 18 mesi, sarà vigilato dai Consigli regionali anche con la designazione di un tutor e con apposite attività formative. I nuovi criteri interpretativi dell’art.34 entrano in vigore dal prossimo primo di aprile.”
Tale decisione ha sollevato polemiche all’interno dell’ordine stesso, i contrari a tale provvedimento fanno leva in particolar modo sulla parte della disposizione che permette tale cambiamento sulla base della “revisione criteri interpretativi”, affermando che tale giustificazione sia in disaccordo con la gerarchia delle fonti imposta dal nostro ordinamento. In una mail che firmata dai Giornalisti 2.0 si legge: “ Certo potrebbe essere un nostro limite, ma non ci risulta che Leggi dello Stato possano essere modificate da “aggiornamenti interpretativi” ed infatti il nostro Ordinamento giuridico non si regge minimamente su di essi, ma su pilastri e strumenti talmente consolidati, non a caso a fondamento della democraticità del nostro Paese, dai quali non si può affatto prescindere. Come Giornalisti 2.0 riteniamo, pertanto, che queste nuove modalità per il praticantato non solo siano sollevabili in giudizio, ma investano seriamente questioni di validità per gli stessi Esami di Stato a cui ignari colleghi, se vi accederanno per mezzo di un “aggiornamento interpretativo”, finiranno per presentarsi senza avere i titoli previsti invece dalla Legge vigente.”
Il timore dei contrari a tale riforma si concentra quindi soprattutto sulla possibilità che possano accedere all’ordine aspiranti giornalisti che non hanno però ancora i titoli previsti dalla legge vigente. Maurizio Lozzi, Consigliere Regionale Pubblicista dell’Ordine Giornalisti del Lazio e Vice Presidente di Stampa Romana, valida la tesi dell’incompatibilità della riforma attraverso le parole riportate nel comunicato rilasciato dal Ministero della Giustizia, in data 29 aprile e a firma del Direttore Generale Giovanni Mimmo: “nessuna potestà regolamentare in materia di accesso al praticantato giornalistico è stata attribuita dal legislatore al Consiglio nazionale”, che sembrerebbe quindi svuotare di validità la riforma proposta dall’Ordine dei Giornalisti, lasciando così sempre l’ultima parola al Parlamento per l’ingresso all’Ordine dei Giornalisti. Ora l’interrogativo principale della controparte contraria a questa riforma si concentra sull’eventuale necessità o meno di una sanatoria, le cui tempistiche eccessivamente lunghe rischiano di permettere la permanenza di praticanti senza i requisiti prestabiliti per legge.