Ottenere giustizia dipende da una molteplicità di fattori e non solo dal rispetto della legge; non è un mistero, specialmente se pensiamo alla violenza sulle donne ed i femminicidi.
La vita di un bambino, la sua adolescenza dipende dalle decisioni di alcuni magistrati. Da questi ultimi dipende la vita e la “non vita” delle persone, dei cittadini italiani. Come si svegliano la mattina, hanno dormito bene, male, hanno contato le pecore, che umore portano in aula, chi è l’avvocato che hanno di fronte, un amico o un nemico.
Se pensiamo che esistono leggi e che il giudice deve solo applicarle, allora è semplice pensare che “giustizia è fatta”, ma se poi il magistrato viola consapevolmente o inconsapevolmente le normative nazionali, sovranazionali, le sentenze della Suprema Corte di Cassazione, le indicazioni del Parlamento Europeo, Ue, allora ” che Dio te la mandi buona”!
Finché il magistrato che ha commesso un errore colpevolmente o incolpevolmente non paga di tasca propria rispetto alle decisioni che in piena consapevolezza ha preso, non ci sarà mai giustizia in questo Paese. Le donne continueranno a morire anche di femminicidio, i bambini sottratti, allontanati dai genitori, trascinati in maniera violenta dalle mamme che cercano di proteggerli dal genitore violento in questo caso dal padre, mentre i magistrati vengono promossi.
Ma autonomia ed indipendenza (del magistrato) non sono contrarie agli stessi principi della Costituzione e non cozzano con uno Stato democratico? In qualsiasi mestiere chi commette errori risponde penalmente e civilmente, allora perché il magistrato (che per lavoro deve applicare la norma al caso concreto) non paga mai se non ha difeso quella donna ammazzata con quelle infami 37 coltellate, un bambino sgozzato dal padre agli arresti domiciliari perché aveva già provato ad uccidere un collega? Non dimentichiamo la storia del piccolo Daniele, sgozzato appunto dal padre il giorno di Capodanno e messo nell’ armadio. Chi controlla l’operato del magistrato? Chi controlla e giudica se ha attentamente applicato la norma? Nessuno, anche se dovrebbe farlo sia il CSM, sia il Ministro della giustizia, sia il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione. Poche volte accade, anche se negli ultimi mesi qualcosa sembra stia cambiando, soprattutto quando l’attenzione mediatica è alta.
Dalle recenti notizie risulta che il pm (pubblico ministero) Viviana Del Tedesco (pubblico ministero di Rovereto) afferma che il “signor” killer (che ha ucciso Iris Setti) aveva un fisico da Olimpiadi “uomo che fisicamente è spettacolare”, doveva essere di esempio per gli studenti.
Ed ancora gli insulti e botte alla moglie sono concessi ed il marito (originario del Bangladesh) va assolto perché il pm (di Brescia) ritiene sia un fatto “culturale”. Così Antonio Bassolino (pubblico ministero) con “la disparità tra uomo e donna è un portato della sua cultura, che la medesima parte offesa aveva perfino accettato all’origine” e “i contegni di compressione della libertà morale e materiali della parte offesa sono il frutto dell’impianto culturale dell’imputato e non della sua coscienza o della sua volontà di annichilire e svilire il coniuge”.
Ricordiamo Vanessa Zappalà, ammazzata dall’ex fidanzato dopo denunce, arresti domiciliari per l’ex, poi rilasciato, successivamente soggetto a divieto di avvicinamento su decisione del gip.
Le donne si chiedono, ma se un personaggio è così violento (ricordiamo anche sul profilo social del suo carnefice “io non dimentico nulla, aspetto solo il momento giusto”, oppure la foto raffigurante un uomo che punta una pistola alla donna) e disturbato quanto poteva funzionare un semplice divieto di avvicinamento? Nulla, infatti, la realtà ci fornisce un altro ed ulteriore femminicidio! Nei casi in cui ci sta in gioco la vita delle persone è dovere e responsabilità lavorare al meglio.
Un gps montato sulla macchina, messaggi, telefonate continue da parte dell’uomo che si appostava, “era una vera ossessione” riferisce la donna. Cosa ci sta da capire, quale formazione devono espletare ancora questi magistrati per riuscire a capire che Sciutto (assassino di Vanessa) era un uomo che poteva uccidere? Quale formazione serve per capire che questi uomini sono pericolosi?
Forti sono state anche le dichiarazioni del presidente dei Gip di Catania, Nunzio Sarpietro (a Zona bianca di Retequattro) perché secondo lui la donna (Vanessa) “non riesce a tenere una condotta univoca, e purtroppo questo impedisce al giudice di avere una visione del fascicolo così completa che gli consenta di adottare una misura più adeguata”.
E poi assistiamo alla rivalsa politica solo per distruggere l’avversario, che nulla ha a che fare con i reati e con la giustizia. Più di 30 processi ed innumerevoli udienze per Silvio Berlusconi (non commento questo caso, come altri noti) sono storia, come attuale è anche la decisione della giudice Apostolico di Catania contro il decreto del Governo.
Quante donne devono ancora morire anche dopo aver avuto il coraggio di denunciare? Molto spesso le donne non solo non vengono volontariamente ascoltate, ma colpevolizzate, accusate (non si sa di cosa), messe sotto accusa, rivittimizzate, torturate, la denuncia non verrà presa in considerazione, rinviate a giudizio, condannate, allontanate dai propri amati figli. Questi ultimi affidati a padri diagnosticati violenti, pericolosi, con “disturbo del pensiero e della responsabilità, narcisisti”, oppure condannati pure per abusi in Cassazione.
Non ci meravigliamo di queste decisioni ed affermazioni, perché sono in uso quotidiano nei tribunali, anzi ricevere violenza da coloro che avrebbero il compito di proteggere le vittime è di “costume”, come pure da alcuni figure istituzionali.. Accade pure che pm e gip falsifichino rispettivamente la richiesta di rinvio a giudizio ed il decreto di imputazione dichiarando di avere ascoltato (in modalità sit) due testimoni mesi prima che l’ex marito depositasse la denuncia di simulazione di reato (tramutata abilmente in calunnia dal pm) dopo aver aggredito la ex moglie davanti al figlio.
Quindi non vi meravigliate, vessazioni, inquisizioni, atti falsi, documenti che spariscono, insabbiamento e torture sono all’ordine del giorno. Le sentenze si devono commentate, eccome, anche perché una delle tre decisioni (processo, appello, Cassazione) non è oggettivamente corretta, ossia non ha rispetto la legge.
Ogni reato commesso ha sempre dei reati spia ben specifici e ben individuabili, ma chi ha il dovere di individuarli e fermare un violento che poi uccide? La risposta è sempre la stessa, per cui ci troviamo davanti al fatto oggettivo che dagli errori di alcuni magistrati dipende la vita e la ” non vita” (femminicidi compresi) dei cittadini.
La violenza che avviene all’interno di alcuni tribunali, perpetrata da alcuni magistrati contro soprattutto le donne ed i bambini è disumana, è quotidiana, molto spesso è consapevole, è devastante. È di dominio pubblico, accertata dagli errori giudiziari, commissioni parlamentari, interrogazioni, morti, omicidi.
Documentarsi sul programma Fuori dal Coro di Mario Giordano ed ascoltare, per esempio, il giudice Alfonso Sabella a Quarta Repubblica che racconta la sua storia di “persecuzione giudiziaria” e mancato avanzamento di carriera (mai appartenente ad una corrente) perché ha sempre lavorato con consapevolezza e coscienza assicurando alla giustizia i colpevoli fa capire che veramente è necessaria una sana e viscerale rivoluzione giudiziaria. Quindi, cadere nelle “grinfie” di alcuni magistrati, finire all’inferno sceso sulla terra, essere travolti da un potere assoluto che, a volte, distrugge vite, è una realtà quotidiana, che peraltro pagano anche economicamente i cittadini onesti. Per gli altri magistrati un dovuto inchino. Affermare che, seppur piccolissima, una parte dei magistrati ha commesso degli errori non significa delegittimare l’intera magistratura, ma, al contrario, significa isolare “quei pochi” e dare il dovuto rispetto agli altri, significherebbe ritornare al vecchio splendore della stessa magistratura della quale andare fieri. Ormai i cittadini non hanno più fiducia nella giustizia. In questo Paese si ha la sensazione che chi delinque è protetto ed agevolato, mentre chi è onesto e rispetta le normative viene silenziato e perseguitato.
Il giro d’affari, poi, che ruota attorno agli allontanamenti dei bambini, alla violenza sulle donne è come una percentuale di Pil.
Che il civile ed il penale non dialoghino è una grande idiozia, civile e penale utilizzano le sentenze ed archiviazioni reciprocamente. Nel penale i reati (penali) vengono archiviati con le sentenze e decisioni civili, come pure le sentenze ed ordinanze di sospensione, decadenza della responsabilità genitoriale oppure l’allontanamento del figlio della madre, mentre nel civile utilizzano le archiviazioni o le imputazioni per prendere delle decisioni (civili). Oppure penale e penale (territorialmente diversi) si scambiano decisioni ed archiviazioni per archiviare senza indagare, verificare se sono stati commessi reati descritti e provati nelle denunce.
Le donne che hanno il coraggio di denunciare, (se non vengono uccise prima) subiscono una ulteriore violenza, quella istituzionale, a volte vengono sospese della responsabilità genitoriale perché tali denunce sono ritenute “strumentali e di pregiudizio” pure dai pool antiviolenza, oppure accusate di stalking giudiziario.
Vita, morte e miracoli è il terno al lotto della giustizia, che Dio ci salvi e ce ne “liberi”.
Di Giada Giunti
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