Si prevede un aumento da dieci a dodici centesimi a pacchetto. E non poteva essere diversamente. Tra cuneo fiscale, altri tagli, detrazioni, discussi investimenti sulla sanità e sui loro reali effetti, a rimetterci non poteva che essere la parte oziosa dei consumi sociali. Consiste però in una voce sempre molto importante per le immissioni nel bilancio di Stato. Si tratta di centotrentotto milioni, approssimativamente. Un’inezia per le proporzioni del Bilancio di Stato. Ma è una voce che se aumenta artatamente nessuno protesterà. Neanche coloro che ne sono colpiti perché già in conflitto coi sensi di colpa per il senso di autolesivo praticato col vizio del fumo.
Stavolta la manovra tocca due delle tre le componenti fiscali. Sono quelle che determinano quanto costa il pacchetto. Si tratta della specifica e dell’onere fiscale minimo. Non aumenta, invece, la variabile. Aumenterà quindi sia il costo delle sigarette propriamente dette che del tabacco sfuso per le sigarette autoprodotte. Le sigarette tradizionali aumenteranno in virtù delle già dette componenti che sono onere fiscale minimo e specifica.
Dodici centesimi di aumento, quindi, per le sigarette con un brand blasonato e che costano di più. Dieci centesimi di aumento, invece, per le sigarette più popolari. La botta arriva per chi si fa le sigarette per conto proprio. La rilassante attività gli costerà trenta centesimi in più a busta. Ma è perseguitato dagli aumenti anche chi vuole uscirne. Quelli che fumano le sigarette elettroniche o vogliono passare a questo tipo di consumo si troveranno dieci centesimi in più a pacchetto. Ma lo sgradito supplemento di spesa arriverà nel 2026 con la tassazione che sale al quarantadue per cento. Dal 2024 la tassazione aumenterà comunque del trentotto per cento.