La cancellazione della ricerca del bello operata nel Novecento con il superamento dell’apparenza della natura che aveva caratterizzato l’arte trova in un ricercatore arrivato dall’Olanda delle nuove forme. Cento anni fa Escher arrivava a Roma in quel di via Poerio a Monteverde. Trovava qui ispirazione per le sue litografie uniche. Difficile capire come furono veramente accolte queste opere che oggi sono considerate un vero e proprio cult. La mostra, la più esaustiva di quelle proposte, presenta trecento opere. Ciascuna a diverso livello può dirsi emblematica. La caratteristica di Escher è quella per cui non ci sono opere minori. Anche nei disegni c’è lo sconfinamento dalle barriere proiettive a cui banalmente ci avevano abituato le categorie spazio temporali. In Escher c’è la prima intuizione visiva dell’energia quantica, della curvilinea direzione della luce, dell’Eterno Ritorno visto però non in chiave di letteratura classica, dei quanti di energia. Ma la dimensione di quel che solo in apparenza risulta fantasmagorico, in lui non sta solo nell’apprezzamento delle sue opere. Escher ha recepito certe nuove latitudini di pensare l’esistenza reale prima che alcune concezioni divenissero scienza o almeno prima che fossero terreno di tutti. Un percorso arrischiante per l’artista che parte in questa nuova navigazione, tanto che dovette fare i bagagli e andarsene dall’Italia quando l’aria divenne irrespirabile a Roma. Troppo avanti per essere apprezzato dai suoi coevi. Troppo artigiano dell’immagine per trovare un ingresso nel mondo degli artisti che, per quanto originali e portatori del nuovo, si ripresentavano con la tradizionale tela e pennelli. Escher, ancora oggi, individua uno spazio tutto proprio. Non è rapportabile al mondo dell’arte meglio conosciuto nella storicizzazione, ancora trova nasi arricciati degli intenditori perché a metà anche nell’individuazione della propria posizione nel campo delle arti. Esonda dalla collocazione come grafico o come litografo. Va stretto però anche nei panni dell’artista propriamente detto. Escher piace agli idolatri della scienza che però nell’apprezzarlo cadono in contraddizione: la ricerca di un’esemplificazione in lunghezza per altezza proprio nel momento in cui si è rilevato che le barriere della stessa realtà sono ristrette ad una collocazione oggettiva. Di oggettivo però nella mostra di Escher ci sono i quasi venti euro che un avventore deve pagare per godere della mostra.