Cerimonia al Quirinale per rammemorare i caduti e deportati nella penisola d’Istria immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Una tragedia che, come detto dal Capo dello Stato, non si può “derubricare a vendetta contro i fascisti”.
Durante l’iniziativa quirinalizia, l’attrice Viola Graziosi legge testimonianze degli esuli di Istria e Dalmazia. Ce ne sono molti di ricordi da parte di coloro che furono vittime delle foibe e della deportazione obbligata nei confini italiani. Condizione nuova nella quale però continuarono a non trovarsi in condizioni di vivibilità ottimali perché fu equivocato il loro esodo come quello di traditori tornati in patria.
Sempre il Presidente della Repubblica In quello che è stato chiamato Giorno del Ricordo esorta a non indugiare su quel “muro di silenzio e di oblio” costruito su quei fatti. Lo stesso Mattarella spiega la rimozione di una tragedia così grande con quel “ misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani, massacrati nelle foibe o inghiottiti nei campi di concentramento, sospinti in massa ad abbandonare le loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le terre dove avevano vissuto, di fronte alla minaccia dell’imprigionamento se non dell’eliminazione fisica”.
Nessuno sconto da ascrivere al determinismo storico di anni efferati per un esercito collerico uscito sconfitto dalla guerra e popoli diversamente esasperati.
“La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti; il cui dominio era stato intollerante e crudele per le popolazioni slave, le cui istanze autonomistiche e di tutela linguistica e culturale erano state per lunghi anni negate e represse”.
Ma poi, sempre Sergio Mattarella, entra nel vivo della drammatica vicenda: “Le sparizioni nelle foibe o dopo l’internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e per i loro figli, di ostacolare l’annessione di quei territori sotto la dittatura comunista”.