Il Comune di Mentana ha deliberato una proposta di partenariato pubblico-privato per la realizzazione e la gestione di un forno crematorio nell’area cimiteriale. La decisione in Consiglio risale al 19 gennaio e da allora il Comune garibaldino si è mobilitato per rifiutare la struttura che porterebbe inquinamento e l’intensificazione di traffico nella realtà urbana che non supera i ventimila abitanti.
L’operazione si traduce in un business per chi lo realizza. Cremare i cari estinti è diventata una prassi sempre più diffusa. Ma al Comune arriverebbero solo i residui di tanta economica. Ma anche i residui della tossicità dell’aria. Ed è su queste ragioni che sabato 24 febbraio tutta Mentana si è mobilitata “contro il forno crematorio”.
Si teme, infatti, per l’accentuazione delle polveri sottili – oltre quelle che già inquinano l’aria per fattori ambientali che esulano dalla presenza del forno. Le polveri soggette a depositarsi e ad essere inalate sono un problema reale, ripetono i manifestanti. E a forza delle loro argomentazioni portano il rapporto dell’associazione medici italiani secondo cui le sostanze nocive rilasciate da questi forni si proiettano anche a lunghe distanze.
In più sorgerebbe troppo a ridosso delle abitazioni. Un rischio che i mentanesi proprio non vogliono correre. Insufficiente il contesto di ruralità nel quale sorge Mentana per il quale anche il parco Nomentum sarebbe insufficiente a fare da polmone di riequilibrio dell’impatto ambientale.
Mentana è una realtà troppo dimenticata dai poteri locali per esser ricordata ora con la finalità di risolvere un problema. Ma è anche vero che la questione è diventata un’interrogazione alla Pisana nella quali i consiglieri di Fratelli d’Italia chiedono spiegazioni sui margini di legittimità per una decisione di questo tipo.