Sono passati già otto anni da quando è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano l’istituto del “Dopo di noi”. L’obiettivo, fin dall’inizio, è stato tutelare le persone con gravi disabilità, garantendo loro autonomia e indipendenza, soprattutto nel momento in cui il sostegno familiare viene meno. A dispetto di quanto auspicato, però, la cronaca di tutti i giorni continua a raccontarci di intralci burocratici e difficoltà di comunicazione tra gli Enti Locali chiamati a collaborare per finanziare gli strumenti più opportuni e individuare le soluzioni più idonee e, dunque, di una situazione che resta difficile nonostante il trascorrere del tempo.
Di disabilità e di “Dopo di noi” si è parlato oggi, 22 maggio, nella Sala del Carroccio in Campidoglio, nel corso del convegno, organizzato dal gruppo capitolino di Azione, “Dopo di noi: uno strumento che funziona?”. Ai lavori hanno preso parte accanto a Flavia De Gregorio, capogruppo capitolino di Azione e membro della Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale, Massimiliano Mario Assini, Presidente della Consulta cittadina per i diritti delle persone con disabilità, Alessia Maria Gatto, avvocato componente del Centro Studi Giuridici e Social Anffas Nazionale, Laura Andrao, avvocato specializzata in diritto delle disabilità, Tiziana Biolghini, Vicepresidente della Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale, Maurizio Ferraro, Presidente della Cooperativa Sociale Integrata Agricola “Giuseppe Garibaldi”, Roberto Toppoli, consulente e formatore, già assistente sociale di Roma Capitale. A concludere Francesca Severi, consigliera per la Lista Civica Calenda Sindaco nel XII Municipio, e Valerio D’Angeli, coordinatore delle Politiche Sociali di Roma in Azione.
«Negli ultimi quattro anni lo Stato ha stanziato centinaia di milioni di euro per le politiche della disabilità, ma questi fondi, peraltro insufficienti a coprire il reale fabbisogno, non sono mai stati spesi, in quanto i decreti attuativi che avrebbero consentito di farlo, nonostante il termine ultimo dei 20 mesi dalla legge delega introdotta da Draghi nel dicembre del 2021, non sono stati varati per tempo», ha esordito il capogruppo capitolino di Azione Flavia De Gregorio.
«Con una deliberazione del dicembre del 2022 la Corte dei Conti ha raccomandato agli enti locali di sfruttare meglio le risorse previste, ma anche questo non è mai avvenuto. A fine 2023, poi, tutti i 350 milioni di euro inseriti nel fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità sono stati destinati al finanziamento dei bonus edilizi. Ciliegina sulla torta dal 31 marzo di quest’anno ai cittadini con basso reddito è stata azzerata la possibilità di monetizzare la detrazione del 75% per abbattere le barriere architettoniche, oltre a quella di usufruire della cessione del credito e dello sconto in fattura. Una beffa dopo l’altra, insomma», ha proseguito ancora il capogruppo capitolino di Azione Flavia De Gregorio.
Se da una parte la legge 112, ovverosia il “Dopo di noi”, offre alle famiglie delle persone disabili uno strumento per organizzare la cura dei figli portatori di fragilità, dall’altra, manca ancora a livello giuridico la capacità di superare soluzioni standardizzate per quanto riguarda, in particolar modo, beni e patrimoni ereditati. Non esiste una normativa sull’affidamento fiduciario, ad esempio, mentre l’unico strumento utilizzabile, ovverosia il trust, resta regolato da una legge straniera che ha trovato riconoscimento per effetto della Convenzione dell’Aja del 1985.
Secondo il capogruppo capitolino di Azione Flavia De Gregorio: «Per garantire spazi di mutualità o di residenzialità assistita a favore di persone disabili, più famiglie potrebbero pensare di “unire le forze” e ipotizzare, per esempio, il passaggio dal singolo trust ad un trust “collettivo” o “di comunità”. Inglobare nel nostro ordinamento strumenti e modelli giuridici innovativi che ad oggi non vi compaiono potrebbe rappresentare la chiave per ripensare molti interventi a favore delle persone più fragili. È evidente, però, che si tratta di un’operazione complessa, anche in considerazione della difficoltà di applicazione che questi comportano; a maggior ragione per questo le famiglie avrebbero bisogno di molto supporto per metterla in pratica».
Come noto, poi, la legge 112 va ben oltre le misure specifiche per il “dopo”, in quanto prevede strumenti per consentire anche alle persone con disabilità di emanciparsi dai genitori nella fase del “durante”, cioè prima che venga meno l’apporto di cura e assistenza da parte della famiglia di origine. Quest’ultima peraltro viene incoraggiata a sostenere il loro percorso di uscita e a metterle nella condizione di condurre una vita adulta indipendente come realizzazione del pieno diritto alla dignità e all’uguaglianza di ogni persona. Le tante difficoltà applicative della legge, però, pongono un freno e indeboliscono uno strumento che tratta una natura tanto complessa quanto delicata. Nel novembre del 2023 il Consiglio dei ministri ha anche approvato due decreti legislativi di attuazione della legge 227/2021, con la quale il Parlamento aveva delegato il Governo alla revisione e al riordino delle disposizioni vigenti in materia di disabilità per garantire ai diversamente abili il riconoscimento della propria condizione e dei diritti civili e sociali, compresi proprio il diritto alla vita indipendente e alla piena inclusione sociale e lavorativa. Ma una vera rivoluzione nello scenario normativo di riferimento dovrebbe iniziare solo dal 2025.
«Ad oggi è difficile avere un quadro nazionale chiaro e unitario sia sui livelli di applicazione della norma che sulle sperimentazioni avviate e sui fondi stanziati. Lo scorso anno sono stati destinati poco più di 76 milioni di euro e al Lazio ne sono arrivati circa 8, briciole che non consentono di mettere a terra una progettualità efficace. Al contrario gli enti di prossimità dovrebbero essere messi in condizione di elaborare un progetto di vita che dia dignità alle persone con disabilità e consenta loro di costruirsi un futuro. È assurdo pensare solo al “dopo di noi”, perché le persone con disabilità vivono anche un “durante” sempre più difficile da organizzare anche per chi dovrebbe supportare le famiglie sul territorio. L’ultimo esempio è arrivato nei giorni scorsi quando la Regione Lazio ha messo in atto un vero e proprio scaricabarile nei confronti dei Comuni ai quali sembra voglia demandare la gestione del servizio Comunicazione Aumentativa e Alternativa riservato agli alunni e alle alunne con disabilità, senza però un atto formale e un trasferimento di risorse. Da un punto di vista educativo le problematiche sono infinite. Eppure, colmare il vuoto che questi individui si trovano davanti già conclusa la scuola diventa indispensabile. Al termine del ciclo scolastico, infatti, sia loro che le loro famiglie non trovano sempre risposte adeguate e valide a creare un percorso occupazionale. E questo anche se l’inclusione lavorativa è proprio lo step fondamentale dal quale far partire l’esperienza di vita autonoma. Insomma, la strada da percorrere continua ad essere lunga e piena di ostacoli. E la politica deve lavorare ancora molto per superarli», ha concluso il capogruppo capitolino di Azione Flavia De Gregorio.