Il 24 settembre 2024, presso il Centro congressi Roma a Piazza di Spagna, si è tenuta la presentazione del documentario d’arte dedicato al pittore calabrese Matteo Curcio, con un’introduzione del critico d’arte Vittorio Sgarbi.
Matteo Curcio, artista calabrese di grande talento, porta la sua arte vibrante e ricca di emozioni nella capitale. Il documentario, un’immersione nel mondo pittorico dell’artista, svela la sua storia, le sue ispirazioni e la sua profonda connessione con la terra d’origine.
Attraverso immagini suggestive e interviste coinvolgenti, il documentario ci accompagna in un viaggio alla scoperta della sua opera, caratterizzata da un uso sapiente del colore, da una maestria tecnica che si esprime in pennellate decise e da una sensibilità che si traduce in emozioni tangibili.
La presentazione, curata da Vittorio Sgarbi, figura di spicco nel panorama artistico italiano, ha reso l’evento di grande interesse per gli appassionati d’arte. Sgarbi, con la sua profonda conoscenza del mondo dell’arte e il suo stile incisivo, ci guida alla comprensione dell’opera di Curcio, svelando le sue sfumature e i suoi significati più profondi.
L’appuntamento del 24 settembre a Piazza di Spagna è stata un’occasione imperdibile per conoscere l’arte di Matteo Curcio, un artista che, con la sua energia e la sua passione, sta conquistando il palcoscenico dell’arte contemporanea.
Una pittura dell’animo, profonda, viscerale, intima, quasi spirituale.
Un figurativo che penetra col tratto le carni fin quasi a restituire un’iperrealistica rappresentazione dell’immagine, dove solo le incidenze della luce e del colore riportano alle più inesplorate dimensioni dell’anima.
E’ questa l’arte di Matteo Curcio artista calabrese continuamente in bilico tra la ricerca del reale e dello spirituale, tra sacro e profano, che indaga con la maestria di pittore affascinato e catturato dalla lezione umanistica caravaggesca.
Nelle sue opere ritroviamo una sorta di complementarietà di luce ed ombra che si fa costruzione.
La luce, studiata nelle sue fonti e nei suoi effetti soprattutto sui volti, scivola con tutta la carica simbolica del messaggio che l’autore vuole diffondere, mentre il chiaroscuro si rende intenso e vibrante, colpendo l’animo dell’osservatore.
Emblematica in tal senso è l’opera “A mia madre (ad occhi chiusi)” dove il ritratto di una giovane donna riempie la tela in un contrasto deciso e penetrante di luce e ombra.
Lo sguardo rivolto verso il basso, gli occhi chiusi, le labbra morbide quasi ad accennare un sorriso.
Quello immortalato è un momento intimo, di riflessione e dialogo con se stessi, con la propria spiritualità, con il proprio mondo interiore.
E’ l’ascolto dell’anima, sereno e rasserenante, lontano da schemi e sovrastrutture sociali.
Ma è anche la celebrazione di un ricordo e di un sentimento che è universale, che resta imperituro nella memoria di ogni uomo.
E’ il sentimento di amore filiale, qui reso ancora più profondo da colori che sommessamente prendono i tratti di una carezzevole malinconia e da un’atmosfera delicata, evanescente, intimamente lirica che riempie la composizione.