In vista del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, la prof.ssa Anna Maria Giannini (Direttrice Dipartimento Psicologia, Sapienza Università di Roma) e il dott. Valerio de Gioia (Consigliere della prima sezione penale della Corte di Appello di Roma) fanno il punto sulle tutele accordate ai minori vittime “indirette” delle dinamiche violente che maturano nel contesto familiare.
Prof. ssa Giannini, ha un fondamento scientifico la sindrome da alienazione parentale?
Come già più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il richiamo alla PAS (Parental Alienation Syndrome) e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre.
Per troppo tempo si è fatto riferimento a ciò che è stato definito addirittura “sindrome” laddove non si è mai riscontrato alcun fondamento scientifico che possa legittimare l’idea di quella che è stata considerata una vera e propria patologia.
È molto importante in sede forense fare riferimento a modelli scientifici validati e aggiornati, perché ogni valutazione che possa essere effettuata fuori da questi parametri non ha alcuna validità e comporta danni seri in primis per i minorenni.
Prof. ssa Giannini, ha riscontrato usi strumentali del costrutto della PAS?
Certamente. In diversi casi purtroppo. E spiace dovere constatare che strumentalmente viene usata soprattutto contro le madri, contro le donne. Si certifica la PAS del bambino/a per cercare di dimostrare l’inefficacia materna, per colpire le donne nelle loro funzioni importanti e negli affetti più cari: quelli per i loro figli.
Non può essere messa in dubbio la rilevanza del ruolo di entrambi i genitori nel favorire gli incontri dei figli con l’ex-coniuge; le persone si separano ma restano e devono restare attive nei loro ruoli genitoriali principalmente proprio nell’interesse dei figli. Tuttavia è frequente constatare quanto purtroppo si invochi l’esistenza della PAS per cercare di dimostrare l’incompetenza genitoriale materna, l’attacco al ruolo di madre colpisce profondamente le donne con esiti drammatici perché accade che nelle Consulenze Tecniche la PAS venga certificata e accade anche che questo possa innalzare considerevolmente la probabilità di un giudizio di affido esclusivo. Proviamo soltanto ad immaginare quali conseguenze possa avere sui minori una valutazione non scientifica. Dunque stante che questa sindrome non esiste e che però è importante favorire le condizioni migliori per lo sviluppo dei minorenni nelle condizioni di conflitto genitoriale è fondamentale il ricorso ai modelli scientifici accreditati e l’evitamento di qualsiasi strumentalizzazione, peraltro violativa del Codice deontologico della professione psicologica. Come componente della Commissione deontologica dell’Ordine degli psicologi del Lazio ho certamente ancora di più il dovere di porre in tutta evidenza questi rischi e indicare quanto siano foriere di conseguenze gravi per i minorenni che dovrebbero essere tutelati dagli adulti ad ogni livello. dott. de Gioia, cosa si intende per violenza assistita? L'ordinamento ha attribuito rilevanza ai minori c.d. “vittime indirette” nei casi di “violenza assistita” o “indiretta”. Si tratta di una circostanza aggravante del delitto di maltrattamenti in famiglia. L’elaborazione di tale figura è stata il punto approdo di una evoluzione giurisprudenziale e di studi scientifici concernenti gli effetti negativi sullo sviluppo psichico del minore costretto a vivere in una famiglia in cui si consumino dinamiche di maltrattamento.
Affinché operi, non occorre che le condotte vessatorie realizzate in presenza dei minori abbiano necessariamente il contenuto proprio della violenza fisica, potendo apprezzarsi a tal fine anche quelle verbalmente violente o tipicamente dispregiative che contribuiscono, nella loro abitualità, a dare corpo al contesto maltrattante destinato a fondare l’ipotesi del delitto di maltrattamenti. dott. de Gioia, quali rimedi il legislatore ha appestato sul versante civile?
La riforma c.d. Cartabia ha introdotto una apposita sezione per disciplinare i procedimenti in materia familiare e minorile che presentino allegazioni di abusi, violenza domestica o di genere. Con ciò si è voluto sottolineare l’importanza del contrasto a questa forma di violenza nell’ambito dei procedimenti disciplinati dal nuovo rito in materia di persone, minorenni e famiglie, creando una sorta di “corsia preferenziale e differenziata” per tali giudizi, che dovranno avere una trattazione più rapida e connotata da specifiche modalità procedurali. In presenza di allegazioni di abusi o violenza sono previsti particolari accorgimenti per l’ascolto del minore: il giudice deve procedervi personalmente e senza indugio, avendo cura di evitare ogni contatto diretto tra il minore e il presunto autore della violenza e dell’abuso. Sempre al fine di evitare la vittimizzazione secondaria, all’ascolto diretto del minore non si procede quando questi sia stato già ascoltato in altro procedimento (civile, minorile o penale) e le risultanze dell’ascolto, acquisite agli atti, siano ritenute dal giudice procedente con provvedimento motivato sufficienti ed esaustive (sulla falsariga di quanto accade nel processo penale qualora la vittima sia stata già sentita in sede di incidente probatorio).