L’EUR, quell’enclave di marmo e cemento armato che si erge a monito di un passato mai veramente passato, pulsa di una nuova, inquietante vita.
Non più il respiro compassato della borghesia benestante, ma un fremito tecnologico che si insinua nelle pieghe dei palazzi monumentali, avvolgendo le matrone ingioiellate in una ragnatela di algoritmi e realtà aumentata.
Queste signore, custodi di un’eleganza radicale che sfiora l’assurdo, hanno abbracciato il futuro con la stessa determinazione con cui un tempo sfoggiavano pellicce di visone e cappelli a tesa larga. Le loro collane di perle, un tempo simbolo di una ricchezza tangibile, ora sono integrate con microchip che monitorano il livello di stress, l’indice glicemico e la percentuale di felicità – un dato, quest’ultimo, che sembra costantemente inesorabilmente basso.
I loro salotti, un tempo palcoscenici di chiacchiere su gallerie d’arte e collezioni di francobolli, ospitano ora schermi olografici che proiettano dibattiti politici simulati, dove i candidati, perfetti cloni digitali, si contendono il voto di un elettorato composto da algoritmi sempre più sofisticati. Le matrone, con le loro dita ornate di anelli tempestati di diamanti – veri o, più probabilmente, imitazioni bio-stampate di altissima qualità – seguono le dirette con un misto di annoiata curiosità e un’inquietante indifferenza.
La chirurgia estetica, un tempo riservata a ritocchi discreti, si è trasformata in un’arte performativa. I loro volti, impeccabili maschere di un’eterna giovinezza, sono il risultato di interventi che integrano elementi bio-meccanici, donando loro un’aura quasi robotica, un’eleganza fredda e artificiale. Si sussurra che alcune di loro abbiano persino sostituito i propri organi con protesi nanotecnologiche, raggiungendo un livello di immortalità virtuale, una condizione di esistenza sospesa tra il corpo e il codice.
Il loro linguaggio, un tempo un delicato arabesco di citazioni letterarie e pettegolezzi sofisticati, si è impoverito, standardizzato, ridotto a una serie di emoji e emoticon proiettate direttamente sulla retina tramite appositi impianti. Le chiacchierate sui matrimoni falliti dei nipoti sono state sostituite da discussioni asettiche sui rendimenti dei loro investimenti in criptovalute e sulle performance dei loro cloni virtuali sui social network.
Ma dietro la facciata di impeccabile distopia, un barlume di umanità resiste. Si intravedono nei loro occhi, stanchi ma vivi, un’ombra di malinconia, un lampo di nostalgia per un passato che appare sempre più lontano e inafferrabile. Nel silenzio di quelle dimore tecnologicamente avanzate, dove l’eco dei passi si perde nel vuoto digitale, persiste un flebile sospiro, un sussurro indecifrabile che potrebbe essere una preghiera, un rimpianto, o forse semplicemente la constatazione amara che anche l’eleganza più radicale, persino nell’EUR distopico, è destinata ad appassire. E tutto ciò, ammettiamolo, è incredibilmente, tragicamente, divertente.