La rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti getta un’ombra sinistra sulla sicurezza europea, già provata dalla guerra in Ucraina.
L’aggressione russa, protrattasi per oltre mille giorni, ha scosso le fondamenta del continente, costringendo l’Unione Europea ad affrontare la cruda realtà del conflitto. Mentre l’UE ha dimostrato una certa unità nel sostenere l’Ucraina, la sua risposta si è rivelata, a conti fatti, lacunosa. L’inadempienza degli obiettivi di fornitura di munizioni, il mancato raggiungimento della forza di reazione rapida prevista dalla Bussola strategica, e l’assenza di un deterrente militare credibile nei confronti della Russia, evidenziano una fragilità strutturale che la rielezione di Trump esacerba drammaticamente.
L’Unione Europea, fin dalla sua nascita, non è stata concepita per i tempi di guerra. La responsabilità della sicurezza europea è stata, a partire dalla metà del XX secolo, delegata alla NATO e agli Stati Uniti. La politica estera e di sicurezza comune (PESC), pur esistente, si è rivelata finora una tigre di carta, incapace di garantire una reale capacità operativa nel campo della difesa. La stessa scelta di Zelensky di recarsi prima a Washington e Londra, per poi raggiungere Bruxelles, evidenzia la discrepanza tra le aspettative e le reali possibilità dell’UE: armi da un lato, adesione dall’altro, come unica offerta tangibile.
L’ascesa di Trump, con la sua dichiarata ostilità nei confronti della NATO e la possibile riduzione o sospensione degli aiuti all’Ucraina, minaccia di smantellare la *pax americana* in Europa. In questo scenario di crescente incertezza, la riattivazione della Comunità Europea di Difesa (CED), un progetto ambizioso ma incompiuto degli anni ’50, si presenta come una possibile soluzione.
La CED, pur naufragata a causa del veto francese del 1954, non è giuridicamente morta. Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo l’hanno ratificata e mai denunciata. La ratifica da parte di Francia e Italia potrebbe, quindi, riportare in vita il trattato, creando un’organizzazione sovranazionale di difesa europea, de jure legata alla NATO e aperta all’adesione di altri Stati. Questo approccio eliminerebbe il rischio di egemonie nazionali, offrendo al contempo un ponte con il Regno Unito e consentendo un coordinamento efficace con l’Alleanza Atlantica.
Tuttavia, la fattibilità giuridica non coincide con quella politica. L’instabilità politica in Francia, le possibili resistenze degli Stati membri dell’UE e la necessità di aggiornare il Trattato per le nuove sfide belliche, rappresentano ostacoli significativi. Nonostante ciò, la CED offre un’opportunità unica: creare un’Europa capace di difendersi, superando le debolezze strutturali evidenziate dalla guerra in Ucraina e dalle incertezze generate dalla presidenza Trump. L’Europa ha bisogno di una reale capacità di difesa militare, sovranazionale e coordinata con i suoi alleati, ma indipendente da un’unica potenza egemonica. La CED, con i suoi limiti e le sue sfide, rappresenta forse la strada più promettente per raggiungere questo obiettivo cruciale.