ROMA – Il post-Presidente degli Stati Uniti non poteva che morire a 100 anni: rotondità d’una eredità immortale.
Jimmy Carter ha trasceso il suo quadriennio (1977-1981) alla Casa Bianca: oggi viene salutato e ricordato soprattutto per il suo impegno successivo, e la sua reputazione internazionale. Insignito del Premio Nobel per la Pace nel 2002, Carter è stato l’uomo dei diritti umani e del benessere globale.
Carter assunse la guida di una nazione segnata dalla crisi. Con il Paese sotto pressione per l’inflazione, lo shock petrolifero e le conseguenze della guerra del Vietnam, il suo mandato fu contraddistinto da difficoltà economiche e politiche. Contribuì a portare a casa gli Accordi di Camp David, che sancirono la pace tra Israele ed Egitto, e il trattato SALT II con l’Unione Sovietica per la limitazione delle armi strategiche. Tuttavia, il suo mandato fu minato dalla gestione della crisi degli ostaggi in Iran. Nel 1979, l’ambasciata statunitense a Teheran fu occupata e 53 membri del personale furono presi in ostaggio per 444 giorni, con un fallito tentativo di salvataggio che compromise ulteriormente la sua immagine.
Sul fronte economico, Carter fronteggiò un’inflazione crescente e una crisi energetica: i prezzi del petrolio passarono da 20 a 107 dollari al barile, aggravando la recessione. L’arrivo di Paul Volcker alla Federal Reserve avviò una politica monetaria restrittiva, con tassi di interesse che raggiunsero il 21,5%, una misura necessaria ma impopolare.
Dopo la sconfitta elettorale contro Ronald Reagan nel 1980, Carter si reinventò come leader umanitario. Fondò il Carter Center in Georgia, insieme alla moglie Rosalynn, concentrandosi su temi quali la democrazia, la salute pubblica e lo sviluppo sostenibile. Il centro ha operato in oltre 140 paesi, monitorando elezioni, promuovendo la pace e lottando contro malattie come la cecità fluviale e la dracunculiasi.
Un momento cruciale del suo impegno fu la mediazione con la Corea del Nord nel 1994, che portò all’Agreed Framework per il contenimento del programma nucleare di Pyongyang. Sebbene i risultati non siano stati duraturi, Carter rimase un sostenitore del dialogo, anche quando ciò comportava critiche, come nel caso dei suoi incontri con Hamas e rappresentanti siriani.
Carter è ricordato oggi come esempio di straordinaria capacità di trasformazione. Autore di oltre 30 libri, tra cui A Call to Action (2014) e A Full Life: Reflections at Ninety (2015), ha lasciato un’impronta indelebile nel campo della pace e dei diritti umani.