NEW YORK – In una gelida domenica pomeriggio un Donald Trump più baldanzoso e pimpante che mai ha scaldato i motori nella Capital One Arena di Washington D.C., in quello che è stato definito il “rally della vittoria”, in vista della cerimonia ufficiale di oggi a mezzogiorno, ora locale, al termine della quale si insedierà ufficialmente al 1600 di Pennsylvania Avenue, NW, alla Casa Bianca.
E lo ha fatto davanti al pubblico delle grandi occasioni, un pubblico composto da elettori entusiasti che hanno aspettato in fila per ore, incuranti delle temperature sottozero di questi giorni, per avere accesso allo stadio da 20mila posti e sentirlo parlare. A ruota libera. Concludendo la serata ballando Y.M.C.A., ancora una volta, ma stavolta insieme alla band dei Village People, per l’occasione vestiti da indiano americano, cowboy, poliziotto, muratore e militare. Inutile dire il che il video, da molte ore, è virale sui social.
Nel suo discorso di ieri, Trump, non si è tirato indietro e non ha deluso i suoi fan accorsi a Washington: per l’occasione ha toccato il cuore degli americani rispolverando, uno ad uno, tutti i suoi cavalli di battaglia. “We will never go back“; “We will fight, fight, fight!”; “We will make America proud, healthy and great again”. E “safe”, sicura: questa sembra essere la nota dolente. Come avverrà, infatti, la “messa in sicurezza” del Paese? A poche ore dalla investitura del tycoon a 47esimo presidente degli Stati Uniti, di questo argomento ancora si sa ben poco anche se Trump, davanti alla folla, ieri ha promesso che “prima del tramonto di domani (oggi, n.d.r.) l’invasione del nostro Paese si arresterà“.
C’è un clima cupo a New York, città santuario per eccellenza degli Stati Uniti, ovvero città dove tutti i migranti, indipendentemente dal loro status, sono ampiamente tutelati e possono ottenere la cosiddetta “ID”, una carta d’identità che non soltanto permette l’accesso ai servizi essenziali, ma li fa sentire non soltanto dei numeri, ma delle persone. Una deportazione di massa potrebbe avere conseguenze devastanti: secondo l’American Immigration Council, circa 5,1 milioni di bambini con cittadinanza americana vivono in una famiglia all’interno della quale un componente è sprovvisto di documenti, mentre al 2022 sono circa 11 milioni gli immigrati senza documenti. Thomas Homan, ex direttore dell’Immigration and Customs Enforcement (il temibile Ice) designato da Trump come “border czar”, ha promesso in effetti una deportazione di massa dei criminali, ma non si conoscono ancora i dettagli dell’operazione.
Così come nessuno, dai proprietari dei ristoranti italiani agli importatori di cibo made in Italy, si azzarda a parlare di dazi e tariffe che, secondo le promesse di Trump, potrebbero colpire merci europee: si preferisce tacere e non rilasciare commenti alla stampa. Nei prossimi giorni, però, si dovrebbe saperne di più.
Intanto, ieri in televisione è stato tramesso il “rally della vittoria”. Molti i ringraziamenti del tycoon: alla sua famiglia, a Elon Musk, presente sul palco con il figlio piccolo. Ma, soprattutto, “Thank you, America”. Trump ha promesso, tra l’altro, che rivelerà i documenti secretati sull’assassinio di J. F. Kennedy, del senatore Robert Kennedy e di Martin Luther King Jr, di cui oggi l’America celebra la festa nazionale. L’ormai 47esimo presidente ha fatto inoltre balenare l’ipotesi di un perdono per gli assalitori di Capitol Hill, che potrebbe essere annunciato proprio durante la cerimonia di inaugurazione di oggi.
Finale mitico – si fa per dire – alla Capital One Arena, con i Village People che cantano “Ymca” sul palco dell’Arena e “Mr. President” che balla loro. E pensare che, un tempo, la band si lamentava per il fatto che Trump utilizzava le sue canzoni nel corso degli eventi elettorali.
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