LA SITUAZIONE
L’Italia dispone di un enorme potenziale per quel che concerne il settore del riuso idrico: infatti ben 2,2 miliardi di metri cubi d’acqua potrebbero essere recuperati grazie all’introduzione dei trattamenti richiesti dall’Unione Europea. A evidenziarlo è Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia, il quale sottolinea la necessità di ingenti investimenti per rendere operativi e funzionali questi processi.
Attualmente, nel Paese sono presenti 2.300 impianti di depurazione, ma soltanto 112 superano i 100mila abitanti serviti. Questi grandi impianti rappresentano le infrastrutture più rilevanti nel settore idrico e richiedono un adeguato approccio industriale per poter essere adattati alle nuove esigenze di riutilizzo delle acque reflue. Secondo le stime di Utilitalia, per garantire il riuso dell’acqua sarebbero necessari 600 milioni di euro annui per i prossimi 20 anni, per un totale di circa 12 miliardi. Questo investimento non solo permetterebbe di incrementare la circolarità dell’acqua, ma si allineerebbe anche alle direttive europee, che incoraggiando il riutilizzo delle acque reflue porterebbero benefici non solo nel settore agricolo ma anche in quello industriale ed ambientale.
DOVERI IDRICI
Le normative dell’UE sono chiare nel promuovere una gestione più sostenibile della risorsa idrica, incoraggiando pratiche che in Italia sono già diffuse ma che necessitano di una spinta infrastrutturale. L’obiettivo principale è garantire un uso più razionale e ottimizzato dell’acqua, contribuendo alla sicurezza idrica del Paese e alla riduzione degli sprechi.
Per raggiungere questi traguardi, è indispensabile un impegno concreto da parte delle istituzioni e delle aziende del settore, in modo da trasformare il potenziale teorico del riuso idrico in una realtà operativa ed efficiente. Tutto questo si può e si deve fare coniugando ai doveri delle direttive le priorità dei propri cittadini, partendo dal bene primario per eccellenza.