Gli editori sono i proprietari dei mezzi di produzione, i giornalisti non possiedono alcun mezzo di produzione, sono costretti ad offrire su mercato dell’informazione e dei mass media la loro forza-lavoro, la loro professionalità non sempre apprezzata, perché l’editore cerca le voci ubbidienti.
I dinosauri non si sono estinti, hanno cambiato profilo. Nelle prime epoche della storia moderna riscontriamo una divisione della società in varie caste, una multiforme gradazione delle posizioni sociali. Nell’antica Roma: patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel Medioevo signori feudali, vassalli, maestri d’arte, garzoni, servi della gleba, all’interno di queste classi altre speciali gradazioni. La moderna Società opulenta (libro storico “The Affluent Society” di John Kenneth Galbraith) è analizzata dall’autore che demolisce uno dei miti dell’economia politica tradizionale e, senza sottovalutare la complessità dei problemi tecnici dell’economia e della finanza, svela l’inganno della “mentalità convenzionale” che impedisce di guardare al di là delle leggi di mercato. Galbraith sostiene che fino a quando il benessere ha riguardato pochissimi è stato inevitabile porre l’accento sulla produzione. In una società opulenta, invece, continuare a perseverare nel considerare la produzione il centro e il fine dell’economia costituisce un inescusabile errore che alimenta la coltivazione di bisogni umani artificiali, peraltro, solo per le zone con possibilità economiche (i bambini africani muoiono da millenni per un tozzo di pane e un bicchiere d’acqua), e gli investimenti in cose e beni privati anziché in persone e servizi per il pubblico, mettendo a nudo, con formidabile ironia, l’origine di molte delle contraddizioni che hanno caratterizzato il tempo recente, tanto da essere considerato per la sua autorevolezza tra i pensatori più originali del Novecento. Dall’epoca della borghesia successivamente all’epoca delle oligarchie in lotta per la conquista del potere in tutte le parti del pianeta secondo uso e costumi dei vari territori.
I centri più solidi dell’età della borghesia si trovavano negli Stati Uniti e in Inghilterra, l’età del liberalismo e del capitalismo industriale e finanziario. In America la borghesia costituì fin dall’inizio la classe dirigente per eccellenza. In Gran Bretagna, Francia e Italia la classe dirigente risultò un amalgama tra aristocrazia e borghesia, in Germania e nell’impero asburgico rimase forte il peso della nobiltà agraria e della casta militare. L’unico grande Paese in cui la borghesia rimase quasi totalmente asfittica fu la Russia.
Tuttavia già dalla prima guerra mondiale la borghesia industriale e finanziaria vide diminuire il ruolo prevalente nella vita economica; lo Stato intervenne fortemente per dirigere l’economia di guerra, regolare le relazioni industriali, fare fronte agli effetti sociali delle crisi economiche, creare attività produttive e di servizi a proprietà pubblica. Anche la gestione delle imprese private che crescono in dimensione cambia, la gestione passa dai proprietari ai dirigenti (manager).
Dopo l’analisi del capitalismo di Marx nell’ottocento per borghesia si intendeva la classe che deteneva la proprietà e il controllo dei mezzi di produzione e di distribuzione, da cui diverse borghesie: capitalistica, industriale, commerciale, finanziaria, intellettuale.
Studiosi come Max Weber e Werner Sombart puntano sulla formazione di un tipico “spirito borghese”, contraddistinto da una concezione attiva della vita, incline all’innovazione, teso al risparmio e all’investimento dei capitali, improntato ad un atteggiamento razionale nella conduzione degli affari volto alla valorizzazione delle energie dell’individuo.
Ma dietro le quinte di questa edificante evoluzione dell’economia con una presenza prevalente dello Stato è stata concepita l’operazione di cancellazione del quarto potere, il potere dell’informazione autonoma ed indipendente, con la istituzione del Dipartimento per l’informazione e dell’editoria, statuito con la legge n. 416/1981, art. 10, che opera unitamente all’ufficio della proprietà letteraria , artistica e scientifica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri che nomina un sottosegretario e tutti i vertici del Dipartimento.
Anche la c.d. riforma della RAI con la legge del 1975 può essere considerata una operazione per impedire la costituzione del quarto potere autonomo ed indipendente. La RAI cambia volto si disse, introduce il pluralismo delle idee (illuminanti astrazioni confliggenti con la realtà) e la concorrenza interna delle reti e delle testate (la spartizione del dominio informativo), l’applicazione del colore e la terza rete regionale inaugurata il 15 dicembre 1979.
Appare quindi necessario un rinnovamento totale delle rappresentanze dei giornalisti negli Ordini regionali e nell’Ordine nazionale e coloro che saranno eletti dovranno pretendere dal Parlamento una Commissione d’inchiesta, formata a maggioranza da giornalisti sull’operato del Dipartimento dell’informazione e dell’editoria a partire dal 1981 e sulla riforma della RAI a far data dal 1975 quando è stato esaltato il c.d. pluralismo delle idee e la concorrenza interna, che costituisce un’altra di quella astrazioni metafisiche che confliggono con l’intimazione della realtà.
Segue al prossimo articolo.
Di Carlo Priolo
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