” Tempo fa Shimon Peres, presidente israeliano, pur senza negare la forte componente socio-economica del confltto israelo-palestinese, osservò che questo vero e proprio scontro fra popoli, per l’80% era su base emotiva; e che, per risolverlo positivamente, era indispenasabile che ambo le parti superassero quei fantasmi ideologici che continuano a generare intolleranza”.
Così il diplomatico Sandro De Bernardin, ambasciatore emerito italiano a Tel Aviv, ha aperto, al circolo ufficiali della Marina Militare di Roma, la presentazione di “La terra, il sangue e le parole”: libro scritto a quattro mani da Poetro Pistolese, generale di Corpo d’Armata dei Carabinieri, già Vicecomandante delle missioni di pace TIPH 1 e 2 (1994 e 1997) ad Hebron, in Palestina, e Simon Petermann, Professore emerito delle università di Liegi e Bruxelles, membro del comitato sciemtifico dell’ Istituto di Studi Internazionali di Parigi.
Un libro, questo di Pistolese e Petermann ( Genova, Termanini ed., 2015, pp. 298, e. 25,00) , che partendo dalla memorialistica ( il primo autore ha concluso la sua carriera come comandante della Missione di pace europea EUBAM al valico di Rafah, tra Gaza ed Egitto, nel 2005-2008, mentre l’altro ha partecipato, nel ’95-’96 , alla missione europea di monitoraggio delle prime elezioni politiche palestinesi) , traccia un intenso reportage sulla tormentata situazione del Medio Oriente; cercando poi di riflettere ‘obbiettivamente sulle cause del conflitto che da quasi settant’anni divide israeliani e palestinesi, e sulle precise respojnsabilità di ambo le parti. Sinchè gli israeliani saranno ossessionati dal problema, pur rilevante, della loro sicurezza ( “leitmotiv” che da quasi vent’anni, dal primo governo Netanyahu del 1996, post assassinio di Ytzahak Rabin, diventa periodicamente l”alibi per bloccare il processo di pace iniziato con gli accordi
di Oslo e Washington), e sinchè i palestinesi, specie Hams e le altre forze radicali, contesteranno a priori la legittimità d’Israele, e non rinunceranno alla violenza, hanno osservarto i relatori, il cammino verso la pace non riprenderà.”Questo – ha osservato Sandro Pistolese – a maggior ragione ora che, da qualche anno, il fattore religioso, in precedenza quasi assente dal dibattito sul futuro del Medio Oriente, è entrato pesantemente in ballo: da parte israeliana con l’emergere, nell’ultimo quindicennio, di movimenti ancor piu’ a destra del Likud, per i quali cedere anche solo un pezzo di terra d’ Israele è un sacrilegio, e da parte palestinese, con l’ascesa di forze integraliste come Hamas , Fatah-Al Islam e altri gruppi minori. Anche se è poco probabile una vera “irlandizzazione” del conflitto mediorientale, sull’esempio appunto dell’ Ulster, questa dimensione non va trascurata”. “Non dimemtichiamo, comunque”, ha aggiunto Petermann, ” che,
per ovvie esigenze di “realpolitik”, dietro le quinte del conflitto ci sono , in realtà, probabili contatti periodici tra servizi segreti israeliani e la stessa Hamas, per attenuare la violenza dello scontro; mentre ci sono forti contrasti tra Hamas e gruppi ancor piu’ radicali, che hanno come modello il violento, quanto ambiguo, ISIS”. “D’altra parte – ha ricordato ancora Pistolese – anche gli estremisti israeliani, soprattutto i coloni “integralistico-messianici” arrivati in massa, neglli utlimi anni, da Paesi come Francia e Canada ,costituiscono un serio pericolo per il progresso della pace. Che potrebbe, un domani, sfociare addirittura nella creazione d’una sorta di OAS israeliana, capace d’opporsi con la forza alle decsioni del Governo legittimo”.
“Grave errore – ha aggiunto Sandro De Bernardin, “sarebbe pensare , per la soluzione del conflitto, a un ruolo provilegiato d’una singola potenza europea ( cosa che, tra l’altro, farebbe il gioco di Israele, che ha sempre puntato sui buoni rapporti mantenuti con singoli Paesi europei). L’Europa per essere vero protagonista di pace in Medio Oriente deve agire in modo unitario, come Unione Europea: tenendo conto, certo,anche delle nuove , comprensibili preoccupazioni israeliane di fronte auno scenario mediorientale in forte cambiamento, anzitutto per la minaccia nucleare iraniana”. Enrico Molinaro, presiidente di “Prospettive mediterranee”, ha ricrdato l’impegno di quest’associazione ,attiva sin dal 200 nel promuovere iniziative di dialogo interreligioso e interculturale nel Mediterraneo e specialmente appunto in Medio Ortiente.
Il libro di Pistolese e Petermann, infine, traccia un quadro obbiettivo di società e classe politica palestinese: senz’altro patriarcale e tradizionale la prima ( ma anche pragmatica, con poca simpatia, in compelsso, per ayatollalh e sceicchi integralisti). Purtroppo arretrata, basata ancora soprattutto su legami familiistici e clientelari, la seconda: soprattutto, eternamente tentata dalla corruzione e dai miraggi del’arricchimento individuale, piaghe che lo stesso Arafat, uomo con indubbia tempra di statista, ma anche personaggio fortemente ambiguo ( vedi il penetrante ritratto che ne fanno gli Autori del libro, capitolo IV) lasciò consistemente attecchire. FABRIZIO FEDERICI