Folla in fila ordinata. Il quartiere è l’Appio Latino, via Appia Nuova numero 427, alle spalle della Tuscolana, di fronte Villa Lazzaroni, fra Villa Lais e il bel Parco della Caffarella incastonato dalle Catacombe di Callisto, dal Mausoleo di Cecilia Metella e la Chiesa del Domine Quo Vadis. L’ubicazione è quella della Libreria La Feltrinelli. L’evento programmato è per le 19.00, ma della giornata di ieri. L’ospite d’eccezione è Roberto Saviano. Lo scrittore delle inchieste contro la mafia. Lo scrittore della scorta a vita. L’autore del romanzo Gomorra. Saviano presenterà il suo nuovo libro: La paranza dei bambini. Saviano ne firmerà le copie acquistate.
Focus sul fenomeno ora. Non su Roberto Saviano, di cui le parole a disposizione sarebbero poche e povere a descriverlo e a narrarlo e a cui se ne lascia lo spazio e il libero sfogo alla stampa e agli addetti uffici stampa competenti, bensì sul risultato contestuale innescato dalla promozione letteraria.
Ore 18.25. L’isolato d’interesse parte dall’ingresso della metropolitana Furio Camillo di via Camilla e arriva a via Clelia. La gente è disposta e in accettata attesa proprio sul marciapiede di via Clelia dall’incrocio con via Eurialo, gira soffusa vicino agli edifici, oltrepassa l’angolo, si allunga fino alla destra delle porte chiuse della Libreria la Feltrinelli. Sulla sinistra c’è un’altra fila, più compatta e corta, che arriva solo fino alla fine della vetrina, è quella dei giornalisti accreditati a cui si dà il privilegio dell’entrata all’avvenimento prima del pubblico. Carabinieri in divisa e in borghese e polizia municipale sostano attenti dinanzi all’accesso della libreria, seguono con gli occhi l’andirivieni della via, qualcuno si muove tra la gente: l’isolato è presidiato e messo in sicurezza. Nastro e transenne delimitano il percorso dei fan savianiani, permettendo il passaggio pedonale agli incauti viandanti e ai curiosi casuali. Il vento è freddo e sferza i visi speranzosi e accorati.
Ore 18.40. Ma chi c’è? Chi c’è? Domanda un signore attempato che tiene per mano la bruna donna giovane. La risposta insofferente lo tappezza quasi in coro Roberto Saviano! E lui, per darsi un tono, tra l’offeso e il baldanzoso, e accattivarsi la risata dalla signorina che l’accompagna, ribatte solo contro tutti Roberto Saviano chi? Mo’ vado ‘a vede’ su internet chi è! Raggiunge lo scopo, conquista la donna: baci, risate e abbracci. Nella coda malevola non mancano le battute fuori luogo. La coppia è già lontana.
I siparietti divertenti si susseguono e intrattengono piacevolmente servizio d’ordine e fila savianana mentre è già buio. Qualche inquilino delle abitazioni vicine scende in strada preoccupato per avere informazioni su quello strano assembramento; altri imprecano per il disagio Ma guarda te, non si può più neanche passeggiare; curiosi si attardano in chiacchiere Stavo andando al negozio accanto e non sono riuscito a parcheggiare. Ho dovuto lasciare la macchina a qualche isolato da qui e farmela a piedi. Cos’è accaduto?; i ritardatari sgranano gli occhi e sospirano Questo è l’inizio della fila? Poi, delusi si affrettano a conquistare l’angolo sperando che, una volta svoltato, la gente sparisca nel nulla. Non succede. Capita anche che gruppetti di due o tre persone si intrufolino inavvertitamente nella fila corta, quella della stampa, ed ecco prontamente sbucare autorevole chi avvisa e li ragguardisce La fila per gli spettatori e i fan è in fondo alla strada, dietro l’angolo, alla fine del marciapiede. Non mancano gli outsider: per loro non ci sono file che tengano, non hanno fretta e stanno lì al grido di Speriamo nel miracolo!
Ore 18.50 circa. Pioggia. La fila non si rompe. La gente non scappa. Si aprono gli ombrelli per quindici minuti o poco più. La voce della vigilessa in servizio afferma che ci sono persone che aspettano da ore, forse dalle 16.00. Non avendone le prove è permesso dubitare. Dalle finestre dei piani sovrastanti la libreria si aprono tendine e si scorgono anonime facce indiscrete. Intanto, la fila parla, si muove, fa amicizia, si selfa, posta e twitta.
Ore 19.00. Ingresso fila stampa. I giornalisti accreditati all’evento varcano il portone dalle ante in vetro della libreria. La fila lunga ha un contagioso mormorio. Delle ragazze infiacchite si allontanano nell’eco di un glaciale Tanto ho già visto la presentazione di Saviano un sacco di volte. C’è stà er video su internet. Non ascoltano nemmeno l’influente Ma qui avete l’occasione di vederlo di persona! Qualcuno della stampa che non aveva avuto modo di entrare, priva di accredito e snervata, esordisce con un mesto Mi sa che non riuscirò ad entrare. Ero qui per lavoro ma penso proprio che non sia il caso di aspettare inutilmente. Me ne vado.
Ore 19.10. Mi scusi, ma cosa sta succedendo? Dai finestrini aperti, della macchina scura che si ferma bloccando il traffico in ora nevralgica, spuntano cinque voci e dieci occhi invadenti e protesi. C’è Saviano! Informazione diretta del vigile che invita a sgomberare all’istante la strada. Un Ah! spaventato e stupito, ribattuto di corsa e il suo eco stagnante fa girare la testa alla coda distratta e bistrattata dei savaniani. Compare una persona su uno scooter che vuole parcheggiare a tutti i costi per Soli cinque minuti. Questa volta è un carabiniere che fa subito desistere il motociclista. Nel contempo sopraggiunge un tizio alto, in piumino blu, che cerca di infilarsi nella fila e attira l’attenzione di tutti No, non devo entrare. Sono solo curioso di vedere per chi è questa coda che parte da via Clelia. So’ qui pe’ pijà na cosa ar bar. La risposta lo fa defilare.
Ore 19.15 circa. Qualche goccia di pioggia ancora, cappucci e ombrelli ritornano e la fila finalmente si scasa: lenta e a gruppi supera la barriera d’ordine. Per motivi di sicurezza non è consentito l’accesso in massa. I fuori fila perseverano nel miracolo. Naturalmente lo scrittore, Roberto Saviano, è già all’interno dei locali de La Feltrinelli.
Ore 19.40. Fila agli sgoccioli. Ingresso garantito. Speranze esaudite. Miracolo avvenuto. I carabinieri e gli agenti in borghese in parterimangono sulla porta per impedire il passaggio a chi vuole entrare e in parte si mescolano fra chi è già entrato. Tutto passa fra auricolari e trasmittenti. Leitmotiv Sicurezza assicurata. Intanto della gente fa la fila alla cassa. La gente compra il libro per avere l’autografo dal suo beniamino, forse anche con dedica personalizzata.
Ore 19.45. Arriva e si siede nella poltrona al centro del locale, sul piano oltre la scalinata di pochi gradini, di fronte a fan, giornalisti, reporters, telecamere e obiettivi, col suo completo scuro, pelato, viso tondo, voce soft: Roberto Saviano. Applauso. Il mare di gente mette limiti e distanze, attutisce i toni e i volumi. L’autore dichiara che La paranza dei bambini è una storia profondamente drammatica. (…) E’ tutto tratto e ispirato da inchieste giudiziarie, da cronaca, da intercettazioni su cui si intrecciano storie immaginate. (…) Per questo romanzo ho immaginato una lettrice donna (…) una madre. (…) Lettori forti. (…) Sono storie reali di ragazzini pieni di talento che si prendono quello che vogliono con la violenza (…) Quello che non hanno, è legato alla visione di averlo fregando gli altri (…) La paranza dei bambini non è una storia di periferia ma dei nostri tempi.
Non occorre fare la trasposizione di tutto il parlato di ieri sera. Si leggerà negli articoli online e su cartaceo, e si vedrà sui canali web allestiti o sui canali social. Non serve decantare chi della passione fa il proprio mestiere e la propria vita.
La legittimazione del successo dell’autore de La paranza dei bambini è anche della gente. Di quella gente che prima era stata senzapensieri sotto le intemperie, fuori, in coda. La stessa gente che ora è dentro, mixata a cultura, accatastata ai libri, a cd e dvd, alle braccia, ai corpi, con quel cellulare in mano pronta a strappare uno scatto di vita, un click di popolarità, e che pende dalle labbra dello scrittore. Molti lo ammirano per il suo coraggio. Altri lo compiangono per l’esilio a New York. Alcuni commentano e acconsentono che Nella sfortuna c’è stata la sua fortuna. Roberto Saviano prosegue nella presentazione, ci sono gli interventi e si va nei dettagli dell’opera. Il fetore della mafia, della Camorra annebbia l’ambiente. I presenti lo respirano e lo respingono.
Prima di andar via, per chi non compra il libro è tappa obbligata accoglierne l’invito a scorgerlo, disposto numeroso, in pile quadrate e, in assolo, su leggii in plastica trasparente. A quel punto è spontaneo l’atto di soffermarsi, osservarlo e sfogliarlo e provare a leggerne qualche breve periodo.
La paranza dei bambini: il volume dalla copertina morbida, con l’effige sacra (che in seguito si scopre quale tatuaggio sul dorso di un uomo dai capelli corti e scuri), è nei toni cromatici del grigio. A colpo d’occhio, il colore, dà una singolare percezione: si tollera il freddo, quello che potrebbe essere del metallo, lo stesso di quello che potrebbe appartenere ad un’arma.
Aprendo il libro, ecco le parole, notevoli e confidenti, dall’autore Roberto Saviano al lettore, con cui afferma di essersi lasciato guidare dal regista e maestro, scomparso solo un anno fa, Franco Rosi: Per il mio romanzo vale ciò che è scritto all’inizio del film Le mani sulla città: personaggi e fatti qui narrati sono immaginari, è autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce.
In seguito, è leggendo la dedica, Ai morti colpevoli. Alla loro innocenza., che si avverte sconcerto. Poi, arriva la citazione – del filosofo e poeta romantico, morto giovanissimo – Novalis Dove ci sono bambini c’è un’età dell’oro, e quasi non ci si aspetterebbe più l’ostacolo del contenuto nell’opera narrativa di Saviano. Invece, eccolo l’impatto: i protagonisti del racconto sono adolescenti. E’ ancora impatto nei primi passi del volume, con i testi e i dialoghi in dialetto napoletano, non il melodioso o pulcinellesco codice partenopeo, ma una sequenza fatta da parole brusche e graffianti, una sequenza che imprigiona e mette spalle al muro. L’onestà si appanna, la violenza la fa da padrona, il denaro è partenza e traguardo. Si avverte da subito la spietatezza e la crudeltà che s’incunea fra le righe e pregna il racconto fino alle ultime pagine:
– Me staje guardanno?
– Neh, ma chi te sta cacanno.
– E che guard’a fà?
– Guarda, frate’, che mi hai preso per un altro! Io nun te penzo proprio.
Renatino stava tra gli altri ragazzi, era da tempo che lo avevano puntato in mezzo alla selva di corpi, ma quando se ne accorse lo avevano già circondato in quattro. Lo sguardo è territorio, è patria, guardare qualcuno è entrargli in casa senza permesso. Fissare qualcuno è invaderlo. Non voltare lo sguardo è manifestazione di potere. […]
[…] Nessuno di loro superava i sedici anni. Si avvicinarono respirandosi i fiati. Erano ormai alla sfida. Naso contro naso, pronta la testata sul setto nasale se non fosse intervenuto ’o Briato’. Aveva frapposto il suo corpo, un muro che delimitava un confine. – Ma ancora nun te staje zitto! Ancora vai parlanno! ’Azzo, e manco abbassi gli occhi. – Brano tratto da Lo smerdamento, primo capitolo, prima parte.
[…] Forcella è materia di Storia. Materia di carne secolare. Materia viva. Tratto da Nuovo Maharaja, secondo capitolo, prima parte.
E questo basta a convenire con la gente in fila ieri.
Maria Anna Chimenti