“Una rivoluzione per la vita” è l’augurio che campeggia su ogni manifesto. I militanti del Popolo della Famiglia (PdF) sottoscrivono condividendo “il verbo” di Mario Adinolfi sui propri profili FB. Sanno – fin troppo bene – che senza un numero sufficiente di firme, la legge di iniziativa popolare depositata in Cassazione e con la vidimazione della Corte d’Appello, è destinata a non approdare mai alle Camere: «Ora per trasformare fisicamente questa proposta in un ddl servono cinquantamila persone che credono che, dare 96mila euro alla donna madre che lavorerà per otto anni a crescere i figli nell’esclusivo ambito familiare, sia una rivoluzionaria occasione di crescita per i diritti femminili in Italia» ha scritto sul suo profilo Facebook Mario Adinolfi.
Il Reddito di Maternità, scelto dal PdF come contraltare al ben più noto Reddito di cittadinanza, è un bonus di 1000 euro mensili da destinare a tutte le mamme che decidano volontariamente di abbandonare il lavoro per dedicarsi a tempo pieno ai propri figli.“Una soluzione moderna” – l’ha definita Adinolfi intervistato a Radio24 il 4 dicembre scorso – «se si riconosce che moderno è il problema della denatalità e dell’aborto»
L’idea di fondo che il PdF porta avanti è che ogni figlio rappresenta una ricchezza e la mamma che decide di dedicarsi alla famiglia, non è una donna di serie B. Svolge, al contrario, “un lavoro utile per la società, 24 ore su 24, 365 giorni l’anno”. Ma le novità non finiscono qui: i 96 000 euro guadagnati in 8 anni sono rinnovabili con la nascita di un secondo figlio; con più di tre figli a carico o con figlio disabile, l’indennità (non sottoponibile a detrazione fiscale) diventerà vitalizia.
Come può una proposta come il Reddito di Maternità, prevenire fenomeni di violenza al femminile? Secondo il fondatore del PdF la misura è pensata per mettere al centro la donna madre, offrendo soluzione a quelle situazioni economiche “border line” che sono tra i motivi più frequenti del contendere tra coniugi. A 500 metri dal Campidoglio, da dove è partita la raccolta firme, Adinolfi è tornato a puntare il dito contro la sindaca: «la giunta capitolina si è resa protagonista di una serie di interventi contro la vita e contro la famiglia. Spero che la donna Virginia Raggi ragioni sull’opportunità del Reddito di Maternità ma ho paura che il politico Raggi non lo farà»
Sulla stessa linea anche Silvio Rossi, presidente del Circolo PdF del III Municipio di Roma:«Il reddito di cittadinanza è un aiuto che sa tanto di misura propagandistica, di soldi dati senza tanti criteri, di un impegno economico enorme a fronte di risultati attesi davvero scarsi. Il reddito di Maternità costa infinitamente meno, ha un impianto valoriale e comunque rilancerà l’economia».
La proposta però fa storcere il naso a molti. La prima obiezione è sulle coperture economiche. Adinolfi ha spiegato che il Reddito di Maternità, a differenza di quello di Cittadinanza che si rivolge a 6,5 milioni di persone in stato di povertà assoluta, sarà destinato a una platea ristretta: «Purtroppo, come ci dicono i dati Istat, le mamme che fanno un figlio in un anno sono poco più di 350mila. Molte di queste mamme lavorano, quelle che non lavorano potranno accedere al reddito di maternità. Il costo è una inezia, si aggira a un miliardo l’anno. Si potrà arrivare a 3 miliardi l’anno quando il provvedimento andrà a regime». Di fatti, però, il numero delle richiedenti – in vista del lauto contributo mensile – non solo non è prevedibile ma è destinato a salire.
Nonostante sia destinato a donne sposate e non (compromesso necessario per non sfiorare l’incostituzionalità) – il Reddito di Maternità, baluardo della atavica e oggi anacronistica concezione della donna come “angelo del focolare domestico”, pare ignorare una realtà ben più complessa nei fatti. Che ne sarà – ad esempio – di tutti quei padri di famiglia che si occupano dei propri figli e che spinti da ragioni economiche abbiano bisogno del reddito? Perché questo “diritto” all’avanguardia – come è stato definito – è concesso alle donne ma non agli uomini?
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