Davanti ai maxi-schermi, centinaia di persone. Il Duomo non ha potuto contenerle tutte. Ieri con Antonio Megalizzi, il giornalista ucciso lo scorso 11 Dicembre nell’attentato di Strasburgo, c’era Trento e l’Europa: quella in cui Antonio credeva e che tentava di spiegare con pazienza e tenacia dai microfoni di Europhonica. Quell’Europa che, con le sue dodici stelle ha avvolto insieme alla bandiera italiana, il feretro del giovane.
Un giorno di dolore indescrivibile per la famiglia Megalizzi e per la fidanzata Federica, seduti in prima fila. Chi li conosce li descrive come una famiglia ben radicata nel territorio e attiva nelle attività della comunità. Lo dimostra il coro, o meglio i 5 cori delle parrocchie limitrofe – tra cui quella del Cristo Re a cui apparteneva Antonio – che si sono volute riunire per l’occasione.
Le parole dell’Arcivescovo
“Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. E’ dal paradosso che racconta il Vangelo di Giovanni che Monsignor Tisi è voluto partire per la sua omelia. “La violenza cieca e assurda ancora una volta ha decapitato una giovane vita. Colpita al cuore per sempre una famiglia”- ma continua – “le grandi acque non possono spegnere l’amore: la vita di Antonio lo conferma con forza”.
Ricorda come in molti da giorni testimonino le sue doti non comuni di intelligenza, altruismo e gentilezza. Figlio della terra italiana, dalla Calabria al Trentino, in lui sono riuniti i due estremi d’Italia. Un giovane che si è formato nella città di Trento a cui la storia ha lasciato la vocazione di essere ponte dell’Europa e terra d’origine di uno dei padri fondatori del sogno europeo, De Gasperi.
Antonio ha immaginato un’Europa senza confini e pregiudizi e ci hai insegnato che l’unico confine da difendere è il volto dell’altro.
Monsignor Tisi
La testimonianza degli amici
Alla fine della messa, due amici di Antonio hanno letto una lettera scritta per lui. Andrea Fioravanti lo conosceva solo da 3 anni e mezzo, da quando era iniziato il viaggio di Europhonica, fatto di corse nei corridoi del Parlamento europeo per strappare dichiarazioni da qualche eurodeputato e discussioni appassionate. Il collega parla di lui come di uno che sapeva spiegare in modo semplice la materia più difficile che ci sia, il diritto UE. “Per farvi capire chi era Antonio, basta leggere l’hashtag che usava sempre: il mio lavoro è meglio della tua vacanza”. E ha concluso la lettera immaginando Bartek, l’altro amico morto sempre in seguito dello stesso attentato, trascinare Antonio in paradiso nell’ennesimo tour culturale che proponeva di frequente.
Come lui commossa durante la lettura, Federica, una delle migliori amiche. Racconta che il soprannome di Antonio era “Mega”: era gigante, straordinario. “Una frase che mi dicevi Mega era che non volevi fare il vip ma il giornalista. Beh amico, hai fatto un casino, tutto il mondo ti conosce ora”.
La bara, scortata sotto le note dell’Inno alla Gioia al carro funebre dai corazzieri della Repubblica, è stata seguita dal corteo dei rappresentanti delle Istituzioni: Mattarella, Conte, Tajani e Carfagna. Presenti alla cerimonia anche Laura Boldrini e Maurizio Martina.
Le iniziative dedicate ad Antonio
“Le persone si ricordano per quello che fanno”: così Paolo Collini, il rettore dell’università di Trento, ha motivato la scelta di mandare in onda il format sull’Europa fatto da Antonio e dai suoi colleghi e nato 4 anni fa dalla collaborazione di più università. La maratona radiofonica durerà ben 48 ore.
Anche il sindaco Alessandro Andreatta ha dato il proprio contributo. Oltre al lutto cittadino e la chiusura dei mercatini di Trento per la giornata di giovedì, ha deciso di far proiettare su Palazzo Pretorio al posto delle luci di Natale, la vignetta di Mauro Biani per il Manifesto. Chiunque passi per Piazza Duomo la osserva. Chiunque oggi riconosce e sa chi era «Antonio, l’europeo».