Sulla sinistra, una giovane sventola sorridendo una bandierina arcobaleno. Al suo fianco, un ragazzo stringe tra le mani il suo disegno, realizzato su cartoncino verde. A quanti è capitato – alla loro età – di scendere in piazza per manifestare pacificamente contro le politiche del proprio paese?
Eppure, agli occhi di Matteo Salvini, il sano fervore giovanile, più che un merito, deve essere apparso come un crimine intollerabile, a maggior ragione perché indirizzato contro di lui. Senza pensarci due volte, il Ministro dell’Interno ha pubblicato la foto dei due giovani contestatori sardi (forse ancora minorenni) su tutti i suoi social e ha aggiunto:
“La solita foltissima protesta incontrata stamattina in Sardegna, con pugno chiuso e “Bella Ciao”, perfetto duetto per il prossimo Sanremo.
Un bacione anche a loro!”
La stessa gogna mediatica era toccata lo scorso novembre a tre giovani studentesse milanesi in protesta. Al “poverette” di Salvini, erano seguiti commenti del tipo “farete la fine di Desirée” o “andate a prostituirvi”.
La testimonianza di Michele
Stavolta però, sotto il post del “Capitano” molti hanno preso le difese dei due manifestanti. Tra i commenti di sostegno anche quello di Michele Caiati, un giovane valmontonese di 22 anni. «Ho visto la foto di Salvini e ho espresso il mio disappunto condividendo il post» – racconta. Poi ha deciso di scrivere un commento sotto la foto: «Ho sottolineato che il suo dovere, da ministro, dovrebbe essere quello di proteggere l’Italia e non di condividere foto di ragazzi che vogliono semplicemente manifestare contro di lui. Giurando sulla Costituzione, il Ministro si è impegnato a tutelare le parti più deboli, ad esempio studenti presumibilmente minorenni che, invece, deride in pubblico».
Secondo Michele, giovani di tutte le generazioni hanno manifestato contro i governi in carica: la fede in valori ideali forse “utopistici” è comprensibile vista l’età, per questo merita ascolto e non derisione. Infine, la chiusa polemica: «Ho concluso il post chiedendo di mettere fine alla retorica dell’impegno concreto contro “la fuga dei cervelli” perché il governo attuale, come del resto i precedenti negli ultimi 20 anni, non ha fatto davvero nulla per invertire la tendenza: non investimenti nello studio, né premi per i meritevoli».
Nel giro di poche ore il commento dello studente valmontonese è diventato virale, con oltre 600 likes e altrettante interazioni (tutt’altro che positive in alcuni casi). C’è chi lo ha definito “sinistroide”, chi “secondino”, e chi lo ha etichettato come uno “spocchioso da cui non prendere lezioni”. «La retorica salviniana» – ha risposto Michele con educazione – «che deride chi non la pensa allo stesso modo per appiattire ogni forma di dialogo, sembra aver vinto: basta un commento per mettersi contro i supporters del Ministro e incassare le loro offese senza alcuna spiegazione». Dopo il danno però, non è tardata ad arrivare neppure la beffa. La sua risposta è stata cancellata e a Michele è stata tolta la possibilità di commentare e mettere mi piace a qualsiasi altro post della pagina di Matteo Salvini.
L’appello social: “Resistere, un dovere morale”
Nonostante molti, al suo posto, si sarebbero dati per vinti, Michele ha deciso di andare fino in fondo. Lo scorso venerdì 22 febbraio, alle 11.18, ha pubblicato un post sul suo profilo fb dove ha denunciato l’accaduto.
Non avendo screenshots, ha lanciato un appello ai tanti che avevano avuto modo di leggere il suo commento e mettere mi piace, chiedendo a ciascuno di condividere il suo post affinché “passi il messaggio che potranno cancellare ogni commento, ma non fermeranno il nostro dissenso a questa deriva etica, prima ancora che economica o politica”.
Giovani in Rivolta
Albert Camus inizia il suo saggio più noto con una domanda:
Cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia(…) Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando”.
Quella di Michele, e di tanti altri ragazzi scesi pacificamente in piazza, è una rivolta democratica con una posta in gioco altissima: il riscatto dall’invisibilità che investe tutti i cittadini che ritengano non ci sia più nulla da fare. E’ una rivolta che va oltre le tifoserie politiche, che rivendica il diritto di ognuno ad esprimersi liberamente, schierarsi e prendere parte nel dibattito politico, senza timore di essere dati in pasto agli haters.
E’ una battaglia di significati, molteplici e complessi, spesso oscurati dalle reazioni a caldo, ma che vale la pena, ancora oggi, di ricercare. Perché come conclude Camus “dove nessuno può dire più cosa sia nero e che cosa sia bianco, la luce si spegne e la libertà diviene una prigione volontaria.”