La Repubblica democratica del Congo si trova da alcuni ultimi mesi al centro dell’attenzione mediatica per l’epidemia di ebola che l’ha colpita. Sebbene sia già da parecchio tempo che il virus sta attaccando la popolazione congolese, risale solamente a ieri la notizia secondo cui l’OMS, l’organizzazione mondiale della sanità, avrebbe dichiarato lo stato d’emergenza sul territorio. Pare, infatti, che dai primi casi rilevati in Congo ad oggi si contino quasi 2500 persone contagiate, numero ancor più spaventoso se si pensa che tra loro soltanto 850 sono riusciti a sopravvivere alla malattia. Il dato risulta ancor più allarmante se ad essere protagonisti dell’epidemia sono i bambini: il portavoce dell’Unicef Marixie Mercado ha affermato che il tasso di mortalità per i bimbi con età inferiore ai cinque anni si aggira attorno al 77% e che, sebbene i sopravvissuti rimasti orfani a causa della malattia necessitino di cure e sostegno, sono pochissime le famiglie allargate che accettano di accoglierli per un lungo periodo.
L’espansione geografica dell’epidemia, che ormai ha raggiunto un raggio d’azione di circa 500 chilometri quadrati, desta non poca preoccupazione tra le varie organizzazioni internazionali, soprattutto da quando ad essere colpita è stata anche Goma, città di grandi dimensioni che si trova nella zona est del Congo, ai confini con la vicina Rwanda.
Secondo i dati dell’Unhcr, ad espatriare dalla Repubblica democratica del Congo verso le coste della Grecia dal primo gennaio 2019 al 30 giugno scorso sono state 1543 persone, numero che costituisce circa il 12% del totale di immigrati che hanno intrapreso la traversata per raggiungere il litorale greco, mentre ai primi posti ritroviamo l’Afghanistan e la Siria, rispettivamente con 4524 e 2002 persone. L’Italia, invece, vede come maggior numero di immigrati quelli di origine tunisina e pakistana, con un tasso di immigrazione decisamente ridotto rispetto a quello che vede protagonista la vicina Grecia.
Anna Catalano